APOCRIFA: Il buio spento
Sul numero 6 di Science Advances, giugno 2016, un gruppo di studiosi di varia nazionalità ha pubblicato un atlante mondiale della luminanza artificiale del cielo notturno che conferma scientificamente le osservazioni che -già da tempo- più di uno avanzava empiricamente circa la scomparsa delle stelle. Che si scorgono, anche le più prossime, con sempre maggiore difficoltà o sono diventate del tutto invisibili.
Rilevano giustamente gli autori che nonostante un crescente interesse in campo dell’ecologia, della cura della salute e dell’uso del territorio, poco peso è riservato, viceversa, all’inquinamento luminoso del cielo: in estrema sintesi più del 80% del mondo e più del 99% degli USA e degli Stati europei vive sotto cieli inquinati dalla (eccessiva) luce artificiale fino al punto che la Via Lattea è ormai nascosta ed invisibile rispetto ad un terzo dell’umanità (60% degli Europei e circa 80% dei Nord Americani).
La minore (o assente) attenzione umana nei confronti dell’inquinamento luminoso ha verosimilmente una matrice culturale di rilevanza sociale facilmente comprensibile: il superamento delle tenebre, realisticamente percepite come una delle massime condizioni di pericolo (e quindi di ansietà) nel corso dei secoli, è anzitutto più sicurezza e più tranquillità.
La vittoria sul buio è una vittoria della civilizzazione, con tutto quel che consegue.
Inoltre la light pollution non ha effetti (direttamente) devastanti sull’ambiente come, ad esempio, l’inquinamento dell’aria, dell’acqua, della terra né, di conseguenza, è misurabile in rapporto alle aspettative di benessere che, viceversa, muovono le preoccupazioni ambientali maggiormente diffuse.
Le notti che hanno perso il buio a causa della eccessiva luce artificiale sembrano interessare unicamente aspetti che non sono nelle agende degli scienziati o degli amministratori e neppure in cima ai pensieri di molti cittadini: i cicli di vita degli animali notturni (che peraltro fanno a loro volta parte, e non secondaria, dell’ambiente, sebbene con poca rappresentanza), i bio-ritmi e orologi biologici umani (di cui probabilmente c’è meno conoscenza di quanto non servirebbe) e il versante psicologico in genere (il cuore della creatura nelle sue possibili connessioni con la poesia, la natura, il cosmo, l’infinito, Dio).
Nondimeno, per rimanere connessi ai lati più prosaici ed immediatamente comprensibili del problema, l’illuminazione artificiale profusa nelle ore notturne con modalità inquinanti è anche e soprattutto, a livello puramente materiale, uno spreco di risorse in gran parte non rinnovabili che fa ritornare (dovrebbe far ritornare) necessariamente il fulcro della considerazione all’inquinamento tradizionale sul quale continuamente e necessariamente si discute con comprensibile preoccupazione: l’energia elettrica usata, e in particolare quella sprecata nell’illuminazione non necessaria per tenere accese le notti, non viene dalle stelle invisibili, ma dagli impianti che, in gran parte, costano, inquinano ed utilizzano materia naturale non rinnovabile (in attesa di avere energia pulita dal sole e dalle onde, quella eolica essendo essa per prima, quantomeno allo stato tecnologico odierno, un disastro ambientale).
E’ già stato rilevato, a livello tecnico, come si presentino molteplici difficoltà e costi elevati ad intervenire su impianti di illuminazione non progettati fin dall’inizio per il risparmio di esercizio, ma sarà in ogni modo necessario e non più differibile che, cercando comunque di intervenire come e dove si può per realizzare in breve risparmio di energia, la funzione illuminante sia valutata anche per il suo impatto ambientale e, di conseguenza, progettata in modo diverso da quanto fatto finora.
Luca Pedrotti Dell’Acqua