APOCRIFA: Il Buono & il Cattivo
Il vertice di Tallin della scorsa settimana non ha prodotto alcunché, secondo il nostro ministro, perché era una riunione informale: ne sa di certo più di noi anche se le sedi ufficiali non sembra abbiano fino ad ora dato prove migliori e la storia insegni che non esiste una modalità standard per arrivare alle intese queste dipendendo, anche, dai negoziatori e da chi, essi, hanno dietro alle spalle vale a dire dalla credibilità dei governi che rappresentano.
In ogni caso un primo (piccolo, ma significativo) passo avanti sta forse avvenendo quanto meno nella prospettiva culturale e socio politica, e conseguente consapevolezza, con la quale, nel Paese, si dovrà affrontare una buona volta il problema degli sbarchi e la pelosa posizione dei compagni di viaggio europei: in altre parole qualcuno, nella nostrana rappresentanza politica cui toccano le decisioni, manifesta il dubbio che la (facile) contrapposizione ideologica fra il buono, che tiene la porta aperta e fa entrare, e il cattivo, che chiude e vuole spedire indietro, non sia in sé più di tanto utile ad affrontare un problema epocale che si aggrava continuamente e postula, viceversa, soluzioni realistiche al posto di apodittiche declaratorie.
Dubbio invero maieutico e anche tardivo, ma sempre meglio che mai, se porterà come è auspicabile oltre che necessario a una seria analisi circa possibilità operative da adottare al più presto.
Il prologo è doppio: da un lato sarà opportuno cominciare a porre maggiore attenzione e competenza nelle relazioni istituzionali in sede europea considerato che gli accordi ai quali siamo vincolati, al di là dell’ipocrisia dei terzi, qualcuno li avrà ben discussi e firmati e difficilmente, si spera, all’insaputa dei governi in carica.
Il trattato di Dublino vale e l’Italia deve farsene carico mentre l’accordo del 2015 sembra sia rimasto sulla carta poiché i Paesi terzi se ne stropicciano e, in ogni caso, secondo un altro past presidente del consiglio, le regole europee non sarebbero neanche obbligatorie (per cui l’Italia è nelle curve sostanzialmente per la sua posizione geografica). Inoltre, dulcis in fundo, salta perfino fuori che il nostro governo ebbe, nel 2014, ad accettare una deroga di diritto internazionale a margine dell’accordo Triton in virtù del quale neanche se il migrante sale, in mare, su una nave di altra nazione questa è tenuta a riconoscersi come ‘primo approdo’ tanto è vero che subito porta il soggetto a sbarcare in Italia come ha anche recentemente fatto una nave di un Paese bagnato dal Mediterraneo. Questo mentre l’ONU predice che la popolazione africana raddoppierà entro il 2015. Fare un po’ di chiarezza e di mente locale non sarebbe male sia per doverosa informazione dei cittadini frastornati da inutili litigi, ma impauriti da mancate risposte operative sia anche per capire cosa effettivamente proporre agli altri partners europei con qualche attendibilità di poter anche, nel caso, essere sufficientemente decisi onde arrivare a una soluzione equa (e magari valida).
Dall’altro lato, sarà non meno opportuno rendersi conto che le ricorrenti proposte di aiutare i migranti nei loro Paesi, rectius i Paese d’origine perché i migranti non se ne vadano, sono e rimangono velleità se non accompagnate da una politica estera coerente e forte, ma coraggiosa e piena di incognite oltre che di rischi.
Sono infatti in troppi a lucrare illecitamente e molto su questi traffici sporchi e a lavorare a politiche opacamente destabilizzanti e se non si è disposti alle maniere forti, iniziando a sequestrare le navi e a mandare i responsabili in galera, è come invitare la mafia a dotarsi del codice etico. Poiché è evidente come un sovra popolamento, sia temporaneo sia, a maggior ragione, a lungo termine abbia per forza limiti naturali in rapporto alle capacità di accoglienza del paese ospitante in termini di spazio e di risorse (pur se queste fossero tutte a carico della UE).
Solo il presidente dell’INPS allarma al contrario, ma al di là dell’opportunità di intervenire pubblicamente nell’azione politica (finalmente) del governo che non si spiega se non con la generale confusione di competenze tipica del Paese, nemmeno si comprende, eccezion fatta per gli extra comunitari che sul territorio producono reddito ufficiale, come riescano a sostenere l’istituto gli altri e quindi a metterne in pericolo l’equilibrio se non ci fossero.
A proposito dei quali altri ritorna un aspetto fondamentale, paradossalmente poco dibattuto, che il nostro prolifico, ma non sempre attento, parlamento sembra non considerare degno di un intervento speciale, anche se contingente, ad hoc: le città e i paesi si trovano con le piazze abitate (a Milano il fenomeno è in crescita visibile da mesi) da gente che rimane in ozio tutto il giorno con il solo cellulare in mano verosimilmente per tenere i contatti con parenti e amici, laddove un semplice lavoro, anche a livello volontario, per sdebitarsi sul piano quantomeno etico e contingente sarebbe equo sia per l’ospitato sia per l’ospitante: nel ginepraio di leggi esistenti, questa possibilità non c’è ed è una perdita per tutti.
Come un minimo di educazione civica (ahi, non c’è più neanche per gli autoctoni) e qualche parola di lingua.
Quanto tempo si pensa passerà prima che questo potenziale serbatoio a disposizione non sia contattato per qualche attività in nero e, se del caso, neanche del tutto lecita?
Le regole della convivenza sono offerte, preferibilmente in modo naturale, in una con l’ospitalità e l’aiuto al lavoro anche se precario, ma un Paese che le regole non le ha neanche per sé trova di certo più difficoltà a una politica che superi il binomio buono/cattivo il cui denominatore comune risulta, in ogni caso, essere l’irresponsabile miopia.
Nondimeno è necessario intraprendere questa strada, anche se difficile: forse servirà anche a qualche residente.
LMPD