APOCRIFA: Elettori quasi come esperti di sondaggi
La prima sensazione è, da un lato, che gli esperti in sondaggi e proiezioni siano pericolosi e maggiormente abili a prevedere ex post -in buona compagnia d’altronde con gli economisti- e, dall’altro, che gli organi di stampa abbiano il vizio di informare scrivendo con gli occhiali dell’ideologia (magari la propria).
Ma oltre la battuta (facile) si intravede una profonda stanchezza della maggioranza degli elettori USA per questa crisi che, a ciascuno la sua, non passa mai ed una conseguente reazione che supera (forse) le previsioni. Il presidente uscente si è speso di persona e molto pesantemente per promuovere la candidata democratica, ma la gente è verosimilmente satura di troppi annunci e di ancor più parole cui non corrispondono fatti positivi. Senza tralasciare il sostanziale buco della politica estera scavato e lasciato dall’uscente.
La gente, ora più che mai, preferisce sentirsi dire e ripetere quello che essa vuole (il perdurare delle condizioni critiche origina la già ben nota sindrome della post-verità) ed ivi rifugiarsi come antidoto contro la preoccupazione e la paura.
Così non è neanche paradossale che in una campagna caratterizzata più dall’accanimento reciproco che dalla presentazione di programmi reali, abbia prevalso chi ha raccontato (con sicurezza aggressiva) più storie e che gli elettori impoveriti economicamente abbiano dato fiducia all’iper-ricco repubblicano piuttosto che alla democratica la cui vocazione politica (per dna di schieramento) avrebbe teoricamente potuto maggiormente tranquillizzarli.
Segno di una bussola che, quantomeno allo stato, mostra di non seguire più l’orientamento tradizionale (nord, sud, sinistra, destra o comunque le si vogliano denominare).
La candidata democratica, comprensibilmente delusa poiché è realistico intuire che la comparsa sulla scena politica di un siffatto avversario abbia all’inizio (e non soltanto) alimentato immaginabili illusioni non prive di fondamento, tende ad addebitare l’insuccesso al proprio genere e all’intervento dei federali, ma forse non considera abbastanza l’insufficienza di emozione e di simpatia già all’interno del proprio schieramento che non sempre è possibile rimpiazzare con le conoscenze tecniche e le esperienze politiche: il rischio è la saccenza e comunque, oltre a non avere presentato veri programmi, anche il tentativo di trasformare il contendente in un mangiatore di femmine non ha colto nel segno poiché non tutto l’elettorato femminile si è evidentemente schierato a baluardo. Anche il particolare che il marito past president sembra, a suo tempo, giocasse a golf con il candidato repubblicano lascia spazio a immaginare quali potessero essere taluni argomenti di quelle virili conversazioni.
Il successo repubblicano, probabilmente una sorpresa anche per diversi degli stessi appartenenti al partito, ha comunque coronato una scelta elettorale di democrazia non svilita da mancata o scarsa affluenza dei cittadini alle urne (come non ha mancato di sottolineare l’insuperabile stile diplomatico vaticano) e non rimane, per il bene di tutti, che augurare al neo presidente di agire meglio di quanto non abbia fino ad ora detto, promesso o minacciato: anche perché la parola può essere bugia (ed è a volte il male minore che, in politica, costituisce la moneta purtroppo corrente), ma il fatto è un fatto che non si cambia più (Quod factum, infectum fieri nequit) se non con altri fatti: più impegnativo, quindi.
Nel bel Paese, ovviamente, il risultato statunitense è -da subito- sotto interpretazione strumentale di vari contendenti i quali mentre condividono l’ansia per la rissosa polemica reciproca non paiono viceversa riconoscere il senso profondamente istituzionale della democrazia USA che ha fatto dichiarare ai perdenti comunque conclusa l’esperienza temporale del ring ed aperta la nuova fase di governo per l’America, più che per il partito.
Ciò ovviamente non toglie che il vasto indotto politico, in particolare Washington e dintorni, scodinzolerà dietro al potere pro-tempore e che numerosi cuori andranno presto a tingersi di altro colore. Ma questo ci sta anche: qui come altrove.
Nondimeno qualche insegnamento potrebbe avere valore anche da noi.
In particolare tratto dai lati negativi che, come si sa, sono spesso i migliori maestri.
E fra questi, anche fra di loro confliggenti: mai sottovalutare l’avversario, lo scarso valore della verità, l’insofferenza e la rabbia di molti, il perdurare della crisi e la paura della gente che cerca soluzioni e, allo stesso tempo, messaggi gratificanti seppure in collisione con la verosimiglianza, la poca comprensione verso gli interessi di bottega, indipendentemente dal rispettivo colore, la pericolosità degli ultimatum, la difficoltà di accreditarsi come ‘chi salva’, la controproducenza e la debolezza strategica dell’arroganza, della saccenteria e del solipsismo (ora anche: cattiveria) che potrebbero forse essere accettati o sopportati solamente in soggetti, allo stato non reperibili, di obiettiva grandissima levatura professionale ed operativa (dato e non concesso che simili persone presentassero questi imbarazzanti caratteri).
Gli elettori sono infatti diventati più ombrosi e pericolosi del solito, quasi come gli esperti di sondaggi.
Luca Pedrotti Dell’Acqua