APOCRIFA: Il manifesto del ladro
Nei Palimsesti Del Carcere (Raccolta unicamente destinata agli uomini di scienza) di Cesare Lombroso, edito nel 1891 dai fratelli Bocca di Torino (Librai di S. M. il Re d’Italia), è riportato lo scritto di un ladro (Leblanc o Le Blanc) al prefetto di polizia parigino Gisquet (Memoires de Gisquet, 1840) nel quale sono esposti in modo singolarmente chiaro animus e filosofia del ladro o, per usare un termine attuale, la sua vision o prospettiva strategica (ideali, valori ed aspirazioni con obiettivi e programmi d’azione).
‘Il furto che ho commesso…è il primo anello di una catena, che spero non finirà così presto. Se io non fossi un ladro per vocazione, lo sarei per calcolo’: con questo incipit il nostro, dimostrando una nitida razionalità vagamente cartesiana unita ad una verve parigina, ad onta della sua mancanza di cultura, passa in rassegna le ipotesi il proprio destino.
Avendo confrontato tutto il male e il bene delle altre professioni (il benchmarking non è metodo così nuovo come lo rappresentano oggi) individua la pratica del furto come, tutto sommato, ancora la migliore.
Da un lato, fra gli onesti, sarebbe rimasto sempre emarginato in basso (garzone di bottega alias la precarietà -ed anche il nero- del moderno terziario) e dopo avere sgobbato tutta la vita, oramai vecchio e malato, sarebbe finito in qualche ospedale (ricovero), dall’altro nel nostro stato (cioè di praticanti il furto) non dipendiamo da nessuno ed anche lo stesso rischio di finire in prigione deve essere valutato con razionale freddezza: su 18.000 ladri che vi sono in Parigi, non ce ne è che un decimo in prigione; dunque noi godiamo nove anni di libertà contro uno di prigione. Ebbene qual è l’operaio che non ha una stagione senza lavoro? … l’operaio impegna al Monte di Pietà tutta la sua roba, mentre noi, se siamo liberi, non manchiamo di niente e facciamo una vita di continue baldorie e di piaceri. La paura…i rimorsi…ci si abitua presto…finiscono per dare una piacevole emozione. Infine, se siamo arrestati, finiamo a vivere a spese degli altri…dirò di più: durante la nostra detenzione ci perfezioniamo e ci prepariamo dei nuovi mezzi di successo…se io rammarico qualcosa è di non essere condannato che a un anno…(viceversa, ndr) in una prigione centrale avrei trovato dei vecchi assassini da strada che mi avrebbero insegnato qualche buon colpo…e io sarei tornato a Parigi abbastanza abile per poter vivere senza lavorare…non si pensa che molti (ladri, ndr) hanno risorse nascoste e che i più fra loro sono abbastanza furbi per fare fortuna senza aver mai niente a che fare con la giustizia.
Le considerazioni del Leblanc sono sorprendentemente attuali, nonostante risalgano ad oltre un secolo e mezzo, fino a sembrare senza tempo al pari di una proposizione filosofica e non pare eccessivo pensare che rappresentino il manifesto, non scritto ma nondimeno conosciuto a memoria, di coloro che anche oggi ritengono di continuare la medesima strada.
Con la differenza non marginale che correva, e continua a correre, fra gli ultimi, i ladri da strada, ed i primi, i ladri in guanti gialli (compresi corruttori e corrotti poiché anch’essi esercitano il ladrocinio), i quali producono danni economici e sociali ben maggiori con rischi inferiori ed incappando in responsabilità penali di norma più aleatorie.
Che il vizio paghi (propriamente in termini materiali) più della virtù è, in verità, la scoperta dell’acqua calda riferibile sia a ieri sia ad oggi e quindi, come tale, difficilmente contrastabile in termini di sola repressione penale se manca, dalla scuola al lavoro ed alla comune opinione, una vera e credibile e abbastanza condivisa cultura dell’etica (intesa come insieme di comportamenti) a fronte di una morale minima (necessaria e sufficiente) del pari bastantemente condivisa.
Considerati gli esempi drammatici che, a livello sociale, amministrativo e politico quotidianamente sono offerti all’assemblea dei cittadini (non senza ambigue suggestioni di provare anche, perché no, a fare come gli altri), dato che la società è comunque una e sempre la stessa, bisogna giungere senza ulteriori ritardi od omissioni a convincersi che la cultura del lecito/illecito (compresa la pratica esiziale -perché ingenera sfiducia- della post-verità) va civilmente ripristinata ed a farlo sul serio, indipendentemente dal tempo che ci vorrà, perché anche mettere un poliziotto alle spalle di ogni cittadino non sarebbe una soluzione.
In altre parole: questo è un tema divenuto -oramai da tempo- di ordine pubblico e come tale deve essere affrontato realisticamente dalla società (composta da individui responsabili e consapevoli) a rischio, in difetto, della sua dissoluzione in qualcosa che possiamo solo immaginare come una decadenza civile e politica. Decadenze siffatte, beninteso, sono già avvenute e testimoniate da vicende e civiltà del passato di cui la storia è custode: basterebbe ricordarselo e poi scegliere.
Luca Pedrotti Dell’Acqua