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APOCRIFA: prendere il largo

Nell’agire (il complesso del comportamento dell’uomo che comprende anche la parola) di Francesco papa si conciliano in armonia sia la sostanza, materiale e morale, sia il simbolo. Come è dei profeti e quindi di lui che è oggi l’unica voce profetica percepibile nell’eccessivo rumore o nel troppo silenzio.

È un uomo carico della fatica di anni come lo era Colui del quale oggi è fedele vicario (i circa trenta anni o i non ancora cinquanta che riferiscono Luca e Giovanni a proposito dell’età di Gesù dovrebbero essere considerati nella prospettiva antropologica di oltre duemila anni, anche se allontanano dalla tradizione iconografica) e, analogamente al suo mandante, cammina lungo una strada stretta e difficile per incontrare la gente (le folle) e per parlare con parole di oggi, ma secondo un’istruzione antica.

Gesù non ha lasciato a Pietro, e quindi oggi a Francesco, un mandato racchiuso in molte e minuziose pagine notarili come quelle in uso tra gli uomini, ma di solo sei parole: Convertitevi e credete nella buona notizia.

Dove il credere della lingua greca (e della nostra) è già un poco sfumato rispetto al probabile termine della lingua semitica verosimilmente utilizzata nella predicazione orale e, forse, anche nelle prime stesure evangeliche se queste sono state composte in originale: Israele non crede, quantomeno nel significato che attribuisce a questo termine la nostra cultura derivante dal greco e dal latino, ma constata o dichiara per cui credere nel Vangelo, la buona notizia, equivale a constatarlo come per esperienza diretta e immediata: amén, in altre parole, non è così sia, ma così è.

Francesco papa questo Vangelo reale, che nonostante i tanti secoli trascorsi, rimane la ‘dottrina nuova’ che all’inizio, nella verde Galilea, stupiva gli interlocutori, lo esemplifica di persona per simboli e in quel quadro di riferimento scandaloso che sono le tavole di fondazione del cristianesimo, le beatitudini.

Così nella sua visita a Milano come primo atto va alla Trecca, luogo ai margini della grande città che dalle case minime dell’anteguerra è passato alle case bianche, ma senza perdere la natura malavitosa, e poi a pranzo a San Vittore, nel luogo di detenzione di numerosi discendenti dei pubblicani, come a sottolineare che la diversità drammatica delle molteplici situazioni umane non è limitata con certezza da definiti confini, ma è piuttosto analoga a un battito d’ali in grado di cambiare la vita.

La differenza fra questo umile pranzo e i ridicoli tentativi dei politici che non si peritano, talvolta, dall’imitarlo per visibilità personale è anche qui: Francesco non agisce per avere, ma per dare.

Come qualcun altro prima di lui, continua a cercare l’uomo che continua ad essere smarrito e senza pastore e gli propone una parola diversa. Dalla superbia, dalla iattanza, dalla bugia, dal calcolo, dal potere.

E la risposta gli perviene forte da tanta gente la quale, anche indipendentemente dal fatto religioso in sé, comprende o intuisce di trovarsi di fronte una persona che non è di quelle cui è sfortunatamente costretta di norma a riferirsi: un uomo buono e sincero il quale rifugge dal proselitismo (condizione non certo circoscritta alla sola religione, anzi), ma attrae per l’esempio del proprio semplice agire piuttosto di limitarsi a spiegare con troppe parole dall’alto della cattedra o del potere cosa si debba o non si debba fare.

Di maestri che, non sapendo essi stessi fare, insegnano agli altri ce ne sono anche troppi.

La gente, in molta parte, sa o intuisce di avere a confrontarsi per lo più con mercenari che badano in primis all’interesse proprio e a quello dei propri sodali, peraltro in quanto strettamente necessari per la gestione interessata del potere, e dall’incontrare o dallo sfiorare questo profeta trae spunto per pensieri diversi dall’usato.

Domani tutto ritornerà come prima e i simboli si spegneranno come lucignoli che hanno consumato la cera?

Dipende. Come già in Palestina, all’inizio dell’avventura che avrebbe cambiato il mondo, l’entusiasmo delle folle era ondivago e talvolta solo interessato e perfino fra i più vicini molti finirono per andarsene, i semi sparsi prendono e germogliano non nella collettività, che in sé non esiste nemmeno, ma nel cuore dei singoli i quali, con il loro proprio esistere, formano la collettività.

Basta qualcuno. E perché dalle folle esca qualcuno Francesco ha ricordato (forse ricordando la vicenda dei Magi): Prendere il largo senza l’ansia della pesca, è il Signore a prendere i pesci.

LMPD

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