APOCRIFA: Primarie e gazebarie
Le così dette ‘primarie’ di Roma e Napoli, due città non proprio marginali, hanno appena fatto in tempo a terminare che già feroci polemiche fra le parti interessate si sono incendiate circa la correttezza della loro realizzazione. Accompagnate, a latere, da peraltro necessarie valutazioni sul valore di questi processi di consultazione che spaziano dall’orientamento di attribuire loro, sebbene non normati, una rilevanza giuridica (e quindi la possibilità di sindacarne penalmente le eventuali illiceità commesse) a quello opposto di considerarli fatti interni di associazioni non riconosciute (e quindi sostanzialmente irrilevanti): visioni che divergono a 180°.
Le incertezze e le contrapposizioni derivano in diretta, come sovente accade, da una prospettiva di rilevante importanza, collegata all’articolo 49 della Costituzione, e cioè alla mai intervenuta disciplina legale dei partiti politici intorno alla quale si è iniziato a discutere dal novembre 1946. Per cui i partiti politici sono e rimangono, allo stato, associazioni non riconosciute sebbene con poteri in grado di condizionare la vita e le scelte del Paese (al pari dei Sindacati, oggi in fase di offuscamento, che non sono ancora stati regolati ancorché la Costituzione ne avesse previsto -articolo 39- l’obbligo di registrazione secondo leggi poi mai emanate).
Sotto il (giusto) mantello di principi tanto elevati da essere facilmente condivisibili anche a motivo della loro astrattezza (Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale) si annidano in realtà non certo astratti, ma ben reali specifici propositi di preferire la licenza alla libertà la quale, per avere valore civico, postula evidentemente di essere opportunamente regolata in modo da risultare uguale, oltre che ugualmente accessibile, a tutti e senza vantaggi per il più furbo o meno onesto.
In particolare la Costituzione intende garantire il metodo democratico, qualunque significato si intenda attribuire a questo termine (fra i più ambigui -fino all’inutilità- che l’esperienza ricordi) e si fatica a pensare che la condizione di democraticità accreditata ai partiti per svolgere la loro azione nel determinare la politica nazionale possa mancare all’interno del funzionamento dei partiti stessi. Ma tant’è.
Le ‘primarie’, ispirazione importata dagli USA dove però sono regolate da legge, non dovrebbero potersi risolvere in espedienti di tipo formale o terminologico interpretabili secondo il beneplacito interessato del momento o di chi le usa per avvantaggiarsene, ma per avvicinare, in qualche modo, la cittadinanza ad una sua funzione tanto importante (in teoria) per il Paese quanto negletta (in pratica) per ricorrenti crisi di rigetto causate proprio dai comportamenti di rilevanti fasce della politica in carica. Altro che anti-politica!
I brogli, gli scambi di denaro, le consultazioni unicamente formali etc sono indici precisi di inciviltà che siamo soliti addebitare ai Paesi da considerare, quando va bene, instabili o a rischio e già il loro elenco è lungo come la fame: noi siamo da tempo sulla buona strada (si fa per dire).
I partiti hanno ed esercitano un grande potere, oltre ad essere destinatari di condizioni specifiche per svolgere le funzioni istituzionali, di interesse pubblico e devono essere condotti ad assumersi le conseguenti responsabilità, atteso che la democrazia non è una loro competenza in esclusiva che possano svolgere come meglio ritengono in rapporto ai contingenti interessi di bottega.
L’azione politica in sé è caratterizzata da forme di responsabilità affatto singolari (in pratica, per lo più ed indirettamente, la non rielezione) tali da avvicinarsi alla irresponsabilità (se non davanti alla storia e alla coscienza che non sembrano però quasi mai in cima alle preoccupazioni di chi fa politica), ma le attività e l’organizzazione che sostengono e rendono possibile la politica se non sono innestate nella responsabilità scivolano nella licenza e finiscono nel contrasto tribale cui non desidereremmo soggiacere.
Per evolvere sono necessari tempo e impegno e fatica, ma per regredire e tornare sugli alberi basta poco, anche la disattenzione in mala fede.
Luca Pedrotti Dell’Acqua