APOCRIFA – Ragion di stato o di denaro?
Ambedue, sia ragion di stato sia di denaro, come ovunque e sempre in ogni famiglia della buona e meno buona società internazionale, ma per il nostro Paese si aggiunge anche, e nuoce, il discredito e l’irrilevanza in genere circa il ruolo e la (in)credibilità politica che governi di ogni colore si sono procurati nel tempo.
Ora, dopo l’ennesimo buco nei rapporti, se così possiamo chiamarli, con le competenti autorità d’oltre Mediterraneo veniamo a conoscenza di due fatti: che la Camera dei deputati ha deciso di rompere le relazioni con una Nazione estera, l’Egitto appunto, e che la Procura della capitale ha deciso di iscrivere nel registro degli indagati i funzionari locali sospettati di essere coinvolti nell’assassinio (gennaio-febbraio 2016) del nostro ricercatore, dottorando all’Università di Cambridge, che tanto si è prestata a fornire informazioni e collaborazione al riguardo.
Premesso che la magistratura italiana, in merito a questo omicidio, potrebbe (o avrebbe potuto) parzialmente agire se e in quanto ci fosse stata almeno qualche corrispondenza nella reciprocità dei colleghi esteri (i quali se ne sono, a quanto pare, ben guardati), non sembra che l’essere iscritti come indagati in Italia toglierà il sonno a coloro, ma al di fuori di un atto di stizza impotente che altro può fare la Procura se non è sostenuta dalla politica?
La prospettiva si sposta allora in diversa direzione con l’iniziativa della Camera, uno dei due soggetti costituenti il potere legislativo, cui, al di là di una (anche comprensibile sebbene inutile) reazione d’istinto (ma un ente di tale rilevanza costituzionale se lo può permettere o, meno aulicamente, persegue, cogliendo una palla al balzo, obiettivi di cassetta nella dinamica politica interna?), non compete però gestire in autonoma solitudine la politica internazionale.
La confusione non è indifferente.
Oltre, però, a questi atti sostanzialmente velleitari a uso dei media non si comprende l’afonia e l’assenza del governo legittimo cui, per competenza, spetterebbe la responsabilità di decidere e di agire.
La politica estera (limitandoci alla più recente) è confusa a iniziare dalla guerra di Libia (2011) che, gestita nella consueta ambiguità probabilmente letta come genetica dai Paesi esteri, alleati o meno, i quali non per nulla dell’Italia non hanno considerazione veruna (se non a parole, ogni tanto quando sono di buon umore), ha destabilizzato la sponda africana a noi più prossima con i risultati che si conoscono, fatto il normale voltafaccia o giro di valzer all’allora leader libico (lasciando perdere valutazioni morali che dovrebbero, per par condicio, essere rivolte anche a leader in carica) il quale veniva, ovviamente per interesse, accolto con onori spropositati e baciamani protocollari e financo invitato all’Università affinché, spezzando il pane della sua scienza, insegnasse ai nostri giovani i fondamenti della democrazia reale, lasciato il destro agli alleati e, comunque, tenuti tutti i numerosi cocci prodotti (economici e sociali).
Oggi l’Italia sostiene formalmente il governo di Tripoli, ma alla conferenza di Palermo russi ed egiziani portano il potente rivale dell’est e le foto di gruppo con sorrisi di circostanza e strette di mano (non preoccupatevi: la bonaria consuetudine risale ad Assiri e Babilonesi) si sprecano. Subito archiviate dal pressare di nuovi eventi.
In Egitto il nostro Paese ha numerosi e importanti interessi economici che, ovviamente, nessuno ha intenzione (verosimilmente: non olet) di mettere a rischio e non per nulla anche con il governo del cambiamento (quello precedente si risolse, tanto valeva, a rimandare l’ambasciatore per l’assenza del quale non si ricordano preoccupazioni eccessive da parte egizia) si sono susseguite ben presto visite di politici vip nella capitale nilacea.
In estrema sintesi l’Italia non sembra avere alcun potere di pressione o persuasione (anzi) sulla controparte di turno (qualunque essa sia), né a livello politico né tampoco economico, e considerata la sua sostanziale irrilevanza sullo scenario appena al di fuori dai patri confini (all’interno domina, è noto, il più vigile sovranismo tanto apprezzato dal popolo), aggravata dal fatto, non marginale, che i comportamenti ufficiali hanno fatto sì, e continuano a farlo efficacemente, che nessuno creda più a questo povero Paese, la più realistica e saggia scelta diviene fare passare il tempo nella speranza che, prima o poi, anche la più attenta opinione pubblica se ne scordi pressata com’è, e come sarà, da qualche altra novella angoscia.
Il catalogo ne propone quotidianamente diverse.
LMPD