Antipolitica (2)
Chi si occupa di politica, anche quando lo fa di professione (disgraziatamente per lui e -a maggior ragione – per i cittadini), è tenuto a dire la verità ed a comportarsi conseguentemente in tutta sua coscienza e conoscenza. Gli amministrati non vorrebbero mai essere costretti a pensare che chi li guida (lasciamo perdere i leader, anche se il termine significa la stessa cosa) in un dato momento storico preferisce al bene comune (per il quale è stato eletto/chiamato) il tornaconto proprio o della propria parte.
Ora l’attuale Governo, composto in buona parte da rispettati tecnici, e non do al termine alcun tratto di condiscendenza essendo persuaso che il titolo per governare sia la competenza piuttosto che il partito, ha sicuramente compiuto (finalmente) alcune delle tante azioni necessarie che a parole, parole e parole molti politici auspicavano o predicevano o additavano peraltro senza ingegnarsi a realizzarle (ah, la popolarità!) ed altre le compieranno.
Nessuno possiede la bacchetta magica, nemmeno i professori (se no anche fra i loro allievi ci sarebbero talvolta migliori risultati), e quindi per i cittadini pazienza (grande) e sacrifici (tanti): e infatti si è iniziato, come sovente accade, nell’unico modo possibile in rapidità: battere cassa raschiando il barile.
Ma battere cassa ha senso solo se, contemporaneamente e al più presto sotto il profilo di risultati certi, si riducono effettivamente le spese inutili e improduttive come naturalmente fa qualsiasi individuo normale nella gestione delle proprie tasche, piccole o grandi che siano.
Il fatto che le tasche siano però non personali, ma pubbliche rende difficile l’esercizio fino all’acrobazia senza la rete: le spese da ridurre sono sempre quelle degli altri, così come ciascun comune vuole sì la discarica (perché la spazzatura ancora non si è trovato il modo di mangiarla), ma non nel proprio territorio. Che diamine!
Le tasche pubbliche significano, nell’immaginario (e purtroppo non solo) di tanti che i soldi provenienti dal prelievo fiscale sono di tutti e di nessuno. Vi ricordate di certo la recente rozza ma veritiera considerazione di un politico che ha governato a lungo circa il fatto che delle risorse (pubbliche o dei militanti?) avute per finanziare il partito poteva disporne a piacimento.
Nell’agenda del Governo ci deve essere non il progetto, ma la realizzazione della effettiva e certa riduzione della spesa improduttiva e questo va anzitutto detto a chiare lettere, spiegato a tutti e fatto nei confronti di tutti. Con la progressione del caso (purtroppo anche per l’assuefazione da parte di troppi), ma fatto.
Questo si attendono nel prossimo futuro i cittadini che i sacrifici già li stanno facendo.
E di ogni risparmio significativo va non solo fornita vera notizia, ma anche vera indicazione di dove vanno a finire quelle risorse, a cosa servono, come vengono utilizzate.
Così si inizia (forse e anche) a ricostituire un comune sentire civico dopo anni (troppi) di nani, ballerine e menzogne (tutto va bene, madama la Marchesa).
Diversamente alla fine dovremo accertare (anche chi non è disposto a farlo ora) che un’altra volta il barile non potrà essere ancora raschiato: prima bisogna versarvi qualcosa di nuovo. Con la tassazione ai livelli odierni (accettabile solo come risposta di emergenza ad una situazione di emergenza e per un periodo limitato) è evidente che non ci può essere ripresa. Non è (solo) colpa della crisi, cioè degli altri.
Di grazia, cosa ci aspettiamo che investano o spendano sia le imprese sia i cittadini: quello che non hanno più e che non riescono a ricostituire?