EDITORIALE: Referendum ‘consultivo’ per una domanda a senso unico
In Lombardia un referendum ‘consultivo’ per una domanda a senso unico senza neanche il paletto di un quorum che, visto con il senno del poi, se ci fosse stato si sarebbe risolto in un bel guaio, costato circa 53 milioni di euro compreso il non eccitante esordio delle (prime) votazioni elettroniche.
Per poi andare, come era in ogni modo già possibile anche senza referendum, allo stesso tavolo con il governo aperto dalla Emilia-Romagna senza spendere una lira (a proposito di allocazione di risorse basti pensare, per esempio, alle criticità del TPL regionale) in prospettiva del quale la freddezza dei voti (in primis quelli di Milano che è -al netto delle troppe esagerazioni di rito- comunque l’unica città italiana qualificabile in scala europea) non aggiunge certo (nessuno si offenda) autorità alla delegazione lombarda deputata alla trattativa, ma se mai il contrario.
Proprio perché la previsione di un tradizionale quorum non l’avrebbe neanche reso valido.
Non è assolutamente certo che il sogno dei cittadini che producono il PIL maggiore rispetto alle altre Regioni, quantomeno della loro maggioranza, sia circoscritto al tema fiscale e al quantum che debba essere trattenuto in loco: il federalismo consiste in un’equa distribuzione delle risorse prodotte, non nell’accaparramento egoistico che confligge ancor prima d’altro con l’idea stessa di federazione.
Quello che i cittadini che lavorano e producono sognano davvero è verosimilmente il più corretto possibile utilizzo delle risorse senza (o con molto meno) sperpero a causa di politica e amministrazione integrate con corruzione, malaffare, consociativismo etc, sogno che ha fatto le fortune elettorali, all’inizio, della Lega tesa a circoscrivere il pozzo senza fondo di Roma ladrona e, più recentemente, anche dei 5 Stelle.
D’altra parte anche in Veneto, dove il parallelo referendum ha avuto un esito ben più pesante in termini di espressione dell’orientamento dei cittadini, una valutazione assai ricorrente fra la popolazione sembra essere sintetizzata dal laconico ancorché un po’ eccessivo pensiero che i politici i xé tuti ladri.
Esaurita la cortina fumogena delle parole e, per fortuna, essendo i molteplici esperti nella impossibilità di attribuire i voti a una parte o all’altra -così ci risparmiamo le solite scenette- vedremo a breve come saranno condotti i colloqui ad alto livello augurando fin d’ora una certa supremazia alla ragione e alla ricerca non solo elettorale del bene comune che è l’unico vero collante di un qualsiasi stato.