HomeDialogandoNewsletterApprofondimentoL’APPROFONDIMENTO – Il Natale delle zitelle

L’APPROFONDIMENTO – Il Natale delle zitelle

Qualche lettore di discreta memoria rammenterà come, in occasione dell’ultimo numero di Dialogando dell’anno, al pari di oggi, la nostra redazione abbia fatto memoria di Natale pubblicando due componimenti non fra i più noti di Giovanni Pascoli, tratti dalla raccolta postuma Poesie varie (1912): lo scorso anno In Occidente, ambientato a Roma ove Nelle celle de’ templi, sui lor troni, taceano i numi, soli ed immortali e nel 2023 In Oriente, ambientato in Palestina ove E un canto invase allora i cieli: Pace sopra la terra!

Il giorno di Natale, memoria per chi crede di un mistero ineffabile e vivente, ma in ogni caso, anche per chi non è sensibile al riguardo, di un evento che ha modificato il corso della storia e della civiltà come nessun altro, si presta a mettere in versi qualche veduta o angolo della sua storia, ché se non a brevi tratti e con la dolce gentilezza della poesia è possibile avvicinarvisi senza scottare le ali nella pesantezza dottrinale oppure nella levità del banale e scontato.

Nel contesto della non generalmente vivace provincia francese, in una antica e sonnolenta cittadina che tuttora conserva intricato impianto medioevale di case e lastrici, sulle rive dello Yonne affluente alla Senna, Auxerre in Borgogna, nacque nel febbraio 1883 una donna, Marie-Mélanie Rouget, che sarebbe divenuta una poco nota cristiana grande poetessa.

A leggere di Borgogna torna d’istinto il sonante verso carducciano di ÇA IRA (LXXXII) che celebra il settembre del 1792 sullo sfondo dei pregiati vigneti di Pinot Noir (Lieto su i colli di Borgogna splende/E in val di Marna a le vendemmie il sole) o il tenebroso duetto notturno fra basso e baritono scritto da Francesco Maria Piave per Giuseppe Verdi (Sparafucil mi nomino/Straniero?/Borgognone) nel Rigoletto, ma per Marie-Mélanie il discorso è differente.

Ambiente chiuso di famiglia borghese con padre professore di filosofia agnostico e positivista, madre autoritaria e nonna saggia oltre che religiosa in contesto provinciale asfittico non dissimile, in sostanza, da quello normanno che fa quadro a Madame Bovary.

Ma Marie-Mélanie segue una traiettoria diversa: quando lei ha dodici anni, nel giorno di Natale (Noël) del 1904 viene trovato morto, in casa, il fratellino piccolo, Eugène e quindi, per maggiore angoscia, una grave e nascosta delusione sentimentale la cristallizza nella solitudine.

Non sogna Parigi, come Emma Bovary, per sfuggire a noia e mediocrità della vita di provincia, ma, pur sull’orlo di un abisso spirituale e smarrita fra la morte di Dio e l’amore di Dio incarnato, custodisce in silenzio la vena poetica e la vita interiore. E scrive.

A Parigi saranno altri a chiamarla, riconoscendone la voce, ma non mai modificandone né il cuore né i comportamenti ognora sobri e riservati: totalmente estranea alla mondanità e ai riti della cultura ufficiale.

Iniziò a pubblicare dagli Anni ‘20 e nel 1960 ebbe da de Gaulle la Légion d’honneur e fu candidata al Nobel per la letteratura e poi, nel 1962, il Grand prix de poésie de l’Académie française. Morì appena prima il giorno di Natale 1967 e l’arcivescovo di Auxerre, nel 2017, diede corso all’indagine per la sua beatificazione.

Nel 1961 fu pubblicato in italiano Notes intimes, tradotto da Adriana Zarri (Diario segreto), pagine scritte nel corso di una crisi di angoscia religiosa inizialmente non per pubblicarle, ma poi -secondo la dedica (Alle anime turbate, la loro sorella)- indirizzate per offerta di sostegno e ausilio a increduli e credenti dubbiosi.

Nubile e quindi, al secolo, zitella, Marie-Mélanie Rouget è sempre stata, in memoria indelebile di quel tragico Natale del 1904, solo Marie Noël (non tanto ‘pseudonimo’, che è quasi odore di falsità, quanto nome de plume, nome collegato al mezzo: a penna che scrive) e di lei pubblichiamo ora una dolcissima, oltre che vera, poesia da Le Rosaire des joies (Stock, Paris 1930, trad. Guido Davico Bonino in Lunario dei giorni di quiete, Einaudi 1997):

 

Il Natale delle zitelle

 

Tre zitelle, tre, eccoci arrivate qui,

portando tre vecchie lampade,

per adorare il Bambino…

O Vergine, eccoci qua, le ultime di tutti:

d’un tal ritardo, eccoci qua, umiliate,

ma il fatto è che gli altri, partendo,

ci hanno dimenticato.

 

Tutto il paese in festa, senza di noi,

a mezzanotte se n’andò.

Nessuna di noi, da sola, osò venirsene ed entrare…

Infine, eccoci qua, l’una ha condotto l’altra,

a poco a poco facemmo tutta la strada insieme

per vedere il nostro piccolo Dio…

Poverino, come trema!

 

Possiamo sfiorarlo con la punta delle dita?

Le nostre dita -toccatele- son tiepide.

Siam noi, Gesù Bambino, siam noi, le tre zitelle,

tre, così povere e brutte,

che nessuno ha mai voluto prenderci in sposa.

Un marito, passi! È un figlio

che manca al nostro cuore.

 

E quando voi, volgendovi

perché l’ombra allo sguardo vi celi,

Madre, timidamente schiudete, scostandola,

la vostra povera veste

per allattare il vostro bimbo affamato che piange,

nostro malgrado, il cuore ci si spezza:

è Lui che desideriamo!

 

Luca Maria Pedrotti Dell’Acqua

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