Una parola dal significato essenzialmente ludico, come gioco, può connotarsi di sostanza invece ben tragica.
Dichiaro subito la mia netta avversione al gioco d’azzardo e quindi quanto dirò non sarà, evidentemente, neutro né obiettivo. Né, questa volta, intendo esserlo.
Riflettevo -dopo avere recentemente letto pubblicità affisse su tram o bus che annunciano la possibilità di giocare d’azzardo anche tramite il cellulare (se ne sentiva il bisogno: così si potrà giocare anche da ricoverati in ospedale) come in poco tempo (non più di una manciata di mesi) l’invito al gioco d’azzardo sia andato manifestandosi in modo particolarmente efficace trovando, sfortunatamente, terreno anche troppo già favorevole.
Prima c’è stata (e rimane) una vera pioggia di gioco cartaceo, chiamiamola così: lotterie e gratta e vinci di tutti i colori. Numerosi bar sono letteralmente ricoperti da festoni di cartoncini multicolori.
Gli stessi bar alloggiano, poi, le macchine slot ovunque ci sia un minimo di spazio e il rumore metallico o elettronico fa da colonna sonora quasi ininterrotta a caffè, cappucci o aperitivi.
Contemporaneamente hanno cominciato ad aprire i battenti appositi ed ammiccanti spazi attrezzati con macchine automatiche da gioco di ogni genere che lampeggiano nella penombra e questi si moltiplicano con la rapidità dei negozi compra-oro. Altro misero segno di angoscia collettiva.
Usando i mezzi pubblici cittadini, inoltre, mi è capitato di vedere sul monitor di bordo, accanto alle previsioni del tempo o agli oroscopi, fino a due diverse presentazioni di giochi d’azzardo. Nel giro di poche fermate.
Ora è vero che il gioco c’è sempre stato e ciascuno ha, credo, la memoria di qualcuno che si è rovinato la vita al Casinò o ai cavalli o ai dadi, sempre cercando la giusta combinazione per ricevere il bacio dalla fortuna, ma un accesso così generalizzato e massivo al rischio è sicuramente un fatto di oggi.
Alle slot machines si mettono giovani e meno giovani, casalinghe, pensionati, extracomunitari e in pochi minuti ci lasciano diverse monete. Fino a quando di monete non ne hanno più. E se le fanno anche prestare. Dall’espressione tesa del viso si vede che non lo fanno per divertimento (quale divertimento sarebbe, poi?), ma per tentare ancora d’incrociare, finalmente, la volta buona.
È drammatico sotto il profilo umano perché questi comportamenti esprimono atteggiamenti analoghi a quelli delle tossicomanie e ancor più poiché denotano una mancanza di speranza, di lavoro, di alternative. Giocarsi parte di una magra pensione o di un guadagno saltuario nel tentativo di superare la frattura di prospettiva di una vita normale, pur nelle difficoltà, non è (almeno credo) ricerca di consumismo, ma un triste tentativo di risolvere situazioni per le quali non si vede altra uscita.
Ed ancor più triste, oltre che profondamente immorale, è che lo Stato speculi sul gioco d’azzardo traendo laute prebende da comportamenti sempre più disadattati e a rischio di troppi suoi cittadini, forse ritornati sudditi.
Ha chiuso i bordelli ed ha aperto le bische (guardate il rapporto del Politecnico di Milano ‘Il gioco online in Italia’). Come Vespasiano insegna, assume che il denaro non puzzi. Io credo che si sbagli.