APOCRIFA: Chi corrompe chi
L’università di Nottingham e la Yale University hanno pubblicato su Nature (n. 531, del 24 marzo 2016) uno studio, di cui ha parlato anche la stampa italiana (Corsera), sull’intrinseca onestà degli individui e la prevalenza della violazione delle regole che attraversa i corpi sociali.
Più in particolare lo studio rileva che sebbene le società moderne abbiano realizzato appositi presidi o istituzioni per il controllo dei processi fraudolenti o corruttivi nondimeno residuano molte situazioni ove soltanto l’intrinseca onestà tiene lontane le persone dall’inganno e dalla violazione delle regole. Esistono riferimenti causali di ordine psicologico, sociologico ed economico in grado di spiegare come la prevalenza di comportamenti di violazione delle regole nell’ambiente sociale tipo corruzione, evasione fiscale o malaffare politico possono compromettere l’onestà intrinseca dell’individuo.
Gli esperimenti dello studio, attuati in 23 Paesi e con l’intervento di 2.568 giovani studenti, dimostrano una stretta connessione fra prevalenza di violazione delle regole e intrinseca onestà rilevando come questa sia maggiore nei gruppi dei Paesi che presentano un basso indice PRV (prevalence of rule violations) rispetto a quelli con alto PRV con la conseguente considerazione finale che istituzioni deboli e del pari deboli patrimoni culturali causanti violazioni non solo producono critiche conseguenze di tipo economico, ma altresì danneggiano l’intrinseca onestà individuale che è fondamentale per uno scorrevole funzionamento della società.
In altre parole, è la società a corrompere l’individuo piuttosto che l’individuo a nascere bacato senza rimedio.
La conclusione si innesta agevolmente nel più ampio dibattito in corso da tempo, che è tra l’altro motivo di polemica politica o antipolitica, recentemente anche ripreso a seguito di dichiarazioni del presidente della Associazione Nazionale Magistrati (ANM) circa la persistenza della disonestà e la progressiva mancanza di vergogna da parte dei soggetti coinvolti.
Ha ragione il magistrato, che ha fatto parte del gruppo della Procura milanese, ed ha ragione Galli della Loggia che ha tracciato una lucida analisi della genesi familiare diffusa dell’illegalità (orientamento a violare le regole dal quale origina, fra l’altro, la corruzione) a sottolineare che i politici corrotti altro non fanno che provenire da una società corrotta.
Con molta minore, ovviamente, autorevolezza lo scrivo da anni ricordando anche l’opaca ipocrisia di quei rappresentanti degli imprenditori che, a suo tempo, solevano distinguere fra società civile (a loro dire buona) e società politica (cattiva) come se la seconda non avesse origine nella prima.
E’ forse solo necessario puntualizzare come l’Italia non sia (quantomeno non sia ancora) tutta così, poiché diversamente avrebbe già chiuso e definitivamente con la civiltà europea media. Personalmente conosco soggetti onesti che non si sono mai piegati al malaffare né lo fanno, e pochi non sono. E come loro chi sa quanti altri ce ne sono (ma non appaiono, a differenza degli altri) contribuendo a colorare il Paese a macchia di leopardo anche se verosimilmente il colore positivo è meno vasto, per sfortuna, di quello antagonista, ma questo non toglie che sia fondamentale oltre che urgente operare in modo determinato per riportare quantomeno in equilibrio la bilancia dei valori in deriva levantina.
Anche perché per correggere quello che gli anglosassoni denominano weak institutions and cultural legacies ci si impiega tempo (molto) e fatica (molta). Iniziando dalla scuola che essendo stata una delle nostre istituzioni più ‘riformata’, e sovente con maniacale costanza da parte della prevalente ideologia, è anche una di quelle messa peggio, con l’aggravante che la sua criticità e la sua incapacità, mediamente, alla formazione del cittadino in fieri produce scandalo e danno ben maggiore, in quanto proiettandosi nel futuro, rispetto a quello del politico o amministratore disonesto che possiamo lasciare alla competenza della giustizia augurandocela sempre più efficace e concentrata sulla propria funzione.
Altro argomento di scandalo, nel senso etimologico del termine, è la preponderanza del marcio, evidente già a livello mediatico, che tende a diminuire la capacità di reazione a fronte di un’impresa che appare, a prima vista, vana o persa in partenza. Ma anche questo è nell’ordine, chiamiamolo così, delle cose dato che, come ricorda il proverbio, un albero che cade fa più rumore di tanti che crescono e se i giornali, che pur sono una funzione di garanzia fondamentale, non avessero tematiche critiche da pubblicare probabilmente (considerata la tendenza al macabro ed alla chiacchera di tanti) venderebbero anche meno.
L’impegno che si presenta alle persone di buon volere, ciascuno in rapporto alla propria capacità et fascia di età, è andare avanti con quello che c’è a disposizione, esempio compreso, senza fermarsi a considerare il laido interessato gracidio che proviene dal pantano: la responsabilità è, dopotutto, personale e davanti alla propria coscienza non ci sono le attenuanti che si ricercano in giudizio.
L’Italia è ancora ancorata all’Europa, che certo non è esente da gravi difetti (quasi tutto è relativo), ma l’ormeggio è più debole di quello di altri Paesi e la storia insegna che non ci vuole poi molto per andare alla deriva e perdersi da qualche parte (nel nostro caso: lungo le coste mediterranee).
Luca Pedrotti Dell’Acqua