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APOCRIFA – Diritto alle cure. No profit on pandemic.eu (2)

Lo scenario da considerare è arricchito da alcune variabili o condizioni di cui è però necessario tenere conto.

Non vaccinare larghissime fasce della popolazione mondiale, a parte l’aspetto di evidente iniquità sotto il profilo etico o morale (e non per nulla si alza, inascoltata, la voce di Francesco papa) che può tuttavia (vedi il fiorente commercio e vendita delle armi) poco interessare coloro che privilegiano le scelte dei profitti propri indipendentemente dalle conseguenze altrui, comporta il rilevante rischio, come già detto, che emergano sempre nuove varianti e che la polmonite cinese diventi endemica.

Con il che depotenziando altresì le difese farmacologiche fino a ora realizzate dove le campagne di vaccinazione sono fortunatamente già in corso.

Un altro aspetto, particolarmente iniquo oltre che pericoloso, è il prosperare della così nominata diplomazia dei vaccini che vede, in particolare, alcuni Paesi fare aggressiva politica economica a proprio favore avvantaggiandosi del poter comprare a prezzo vile il consenso delle parti deboli con la promessa di fornire loro i vaccini: un do ut des particolarmente efficace sebbene contaminato dall’hybris.

Il mondo, all’esito della globalizzazione, appare essere una grande rete interconnessa in cui, visibili o meno, operano forze contrastanti e si vanno a comporre e scomporre correnti ed equilibri instabili per natura.

Il nostro presidente del Consiglio bloccò un’esportazione verso l’Australia di vaccini prodotti in Italia da parte di una azienda farmaceutica, peraltro neanche del tutto in regola, sembra, con i suoi obblighi contrattuali tanto che ora la UE l’ha citata in giudizio, ma non l’ha più fatto.

Forse l’azione è servita ad accelerare qualche processo o forse, anche, è emerso che per produrre il vaccino sono necessari componenti che provengono, in un modo o nell’altro, da decine di sedi produttive dislocate ovunque e non è difficile immaginare che gli equilibri siano e rimangano molto fragili.

Anche il battibecco con il presidente turco (a parte l’aspetto umoristico dell’idea per cui il nostro, a detta di chi ben se ne intende di educazione, ne sarebbe privo)  ha causato un improvviso attacco di orticaria alle numerose aziende italiane che con la Turchia sviluppano e mantengono importanti relazioni commerciali: è infatti sufficiente un’azione, anche piccola, da una parte e, da un’altra, subito si apre un rischio di crisi.

E in questo nostro mondo globalizzato, con buona pace di sovranisti, populisti e ideologhi di vario colore, le relazioni dovrebbero poter essere accessibili senza (troppi) pregiudizi o condizionamenti poiché tutte le parti per necessità cooperano, anche se spesso pericolosamente, in mala fede e fin contro voglia, a mantenere i minimi e possibili, caso per caso, contingenti equilibri.

Così le Big Pharma hanno tutto il diritto di produrre e guadagnare poiché senza i loro laboratori di ricerca i vaccini oggi non ci sarebbero e tanto più esse dovranno continuare a investire nel futuro, ma il loro diritto deve tenere conto anche degli ingenti finanziamenti pubblici avuti che hanno consentito loro, fra l’altro, di bruciare le tappe (per fortuna) e moltiplicare i profitti.

Non si chiede ai soggetti economici di avere una sensibilità che comunque non è nella loro natura, ma alla comunità socio-politica internazionale di ragionare e di operare, peraltro sempre nel reciproco interesse, in modo più consapevole degli scenari attuali e dei loro prossimi sviluppi.

Di Albert Sabin, lo scienziato che donò al mondo la libertà dalla poliomielite (chi scrive ha fatto in tempo a vedere e ricorda sopravvissuti invalidati dal morbo e comunque Europa e Italia sono state dichiarate libere dalla poliomielite, a seguito della vaccinazione obbligatoria, nel 2002, non chi sa quando), ce ne è stato uno, mentre ora la regola imperante è quella per cui neanche il cane debba muovere la coda per niente, ma la sospensione temporanea dei diritti di brevetto dei farmaci anti-Covid-19 è motivata da ragioni di ordine pubblico mondiale (oltre che etico per la minoranza che ancora vi bada) e non espropria le imprese titolari se non di quella parte, peraltro sorretta come detto da ingenti investimenti pubblici ricevuti allo scopo, afferente al contenimento di un’emergenza planetaria che esse medesime non sarebbero comunque in grado di gestire a livello quantitativo: sono infatti miliardi e miliardi di dosi da produrre in brevissimo tempo.

L’incrocio dei dati macroeconomici delle case farmaceutiche che oggi, a parte Russia, Cina e altre realtà, producono e commercializzano i vaccini contro il coronavirus (Pfizer-BioNTech, AstraZeneca, Moderna e Johnson&Johnson) conduce gli esperti a delineare i risultati conseguenti all’affare del Covid-19.

Secondo una stima elaborata dal Sole 24 Ore su dati di S&P Market Intelligence (HuffPost del 17-03-2021) e ottenuta lavorando sugli elementi macroeconomici dei piani delle Big Pharma, a iniziare dal prezzo delle fiale e dal numero delle dosi che hanno deciso di mettere in commercio, emerge un dato di tutto rispetto: circa 55 miliardi di dollari di fatturato in più per Pfizer-BioNTech, AstraZeneca, Moderna e Johnson&Johnson.

Utili a +7,7 miliardi di dollari per Johnson&Johnson, +5,3 miliardi di dollari per Pfizer (da 9,6 miliardi di profitti nel 2020 a 14,9 miliardi di dollari nel 2021), +1,5 miliardi di dollari (da 3,1 miliardi di dollari a 4,7 miliardi di dollari) per AstraZeneca.

BioNTech, che collabora con Pfizer, passerà da -465 milioni a un utile di 4,5 miliardi. Così come Moderna, che da -747 milioni passerà a un utile 2021 di 8,9 miliardi.

Quindi i profitti nel settore Covid sono stati sicuramente realizzati e continuano (anche se per gli analisti profitti ancora maggiori originano dai farmaci salva vita), ma oltre a certi limiti emergono anche impegni e obiettivi più forti e superiori a quelli dei pur legittimi interessi dei singoli soggetti, cui siamo comunque grati per averci dato, nell’ambito dei rispettivi business, i vaccini oggi disponibili.

Tanto più che la domanda di prodotti anti-Covid, specialmente se le vaccinazioni dovessero in futuro venire ripetute annualmente come le anti-influenzali e se sarà necessario mettere a punto ancora altri vaccini più efficaci o aggiornati a fronte delle continue variazioni del virus, non potrà comunque essere sufficientemente soddisfatta -e nei tempi necessari- se non con un massiccio e diffuso ricorso ai generici.

LMPD
(la precedente parte dell’articolo è stata pubblicata sul n. 161)

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