L’APPROFONDIMENTO – Radiazioni ionizzanti: un aspetto poco conosciuto dell’Antropocene
L’Antropocene è l’epoca geologica attuale, nella quale gli uomini stanno modificando le caratteristiche della Terra e l’ambiente nel quale vivono tutti i suoi abitanti. Per la prima volta, rapidi mutamenti a livello planetario non sono più condizionati solo da leggi fisiche, ma anche dall’attività di una singola specie: la nostra.
In questi giorni, dopo essere iniziata in Italia, è in corso a Glasgow la ventiseiesima COP, ovvero ‘Conference of the Parties’ dove ‘the Parties’ sono i governi che hanno firmato l’UNFCCC (UN Framework Convention of Climate Change). Questa conferenza è seguita con grande interesse dai media e dalla popolazione perché sono proprio i cambiamenti climatici a essere l’elemento più appariscente e dibattuto dell’Antropocene.
Ciò di cui non sentiamo parlare è che dal lancio della bomba atomica su Hiroshima fino alle attuali applicazioni in ambito medico, nell’Antropocene l’uomo ha iniziato anche a produrre radiazioni ionizzanti artificiali che si sommano a quelle “naturali” presenti da sempre sulla Terra: esattamente come l’anidride carbonica di produzione umana si somma all’anidride carbonica prodotta dal resto del pianeta.
Nel fare questo confronto tra radiazioni ionizzanti e gas serra non si vuole formulare un giudizio, ma semplicemente enunciare un dato di fatto: tutti noi utilizziamo mezzi di trasporto che aumentano i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera e facciamo esami radiografici per escludere la presenza di malattie.
Siamo quindi protagonisti dell’Antropocene, ma spesso siamo solo superficialmente consapevoli dei meccanismi che lo determinano: in particolare le radiazioni ionizzanti sono scarsamente conosciute dalla popolazione che tuttavia ne percepisce in modo istintivo la pericolosità.
In un recente articolo reperibile cliccando qui, sono pubblicati i risultati di un ampio studio multicentrico condotto nel nostro Paese che ha avuto l’obiettivo di:
– stabilire il grado di conoscenza da parte della popolazione delle radiazioni ionizzanti impiegate nella diagnostica medica, e
– dare agli operatori sanitari gli strumenti per demistificare idee preconcette e per informare in modo mirato i pazienti che possono trarre giovamento da indagini diagnostiche basate sull’utilizzo di radiazioni ionizzanti.
Il progetto ha coinvolto per alcuni anni molti centri italiani e migliaia di nostri concittadini hanno regalato un po’ del loro tempo per consentire la raccolta dei dati che sono presentati nell’articolo.
Sono dati meritevoli di riflessione e approfondimento perché dimostrano in modo documentato e inequivocabile ciò che già si sospettava, ovvero che nel nostro Paese vi è un’insufficiente conoscenza della natura e degli effetti delle radiazioni ionizzati. Responsabili di tale mancanza di conoscenza sono i media, ma anche – dobbiamo riconoscerlo – gli stessi operatori sanitari.
Una ricaduta favorevole del progetto è stato l’aumento della consapevolezza che si è verificato in tutti i centri italiani partecipanti al progetto, con interessanti ricadute didattiche grazie a un ampio coinvolgimento di studenti e docenti dei corsi di laurea coinvolti.
Questa esperienza ha segnato positivamente tutti i partecipanti al progetto che in futuro sapranno mantenere un alto livello di attenzione sul tema delle radiazioni ionizzanti in medicina con l’obiettivo di farne un uso sempre appropriato – grazie a una scrupolosa attività di giustificazione e ottimizzazione – e di spiegarne l’utilità a coloro che dovranno eseguire esami diagnostici.
Più in generale, la speranza è che i risultati presentati nell’articolo possano costituire un utile riferimento per medici, tecnici di radiologia e fisici medici e possano dar loro strumenti per comunicare efficacemente ai pazienti quanto forte sia il loro impegno a minimizzare i rischi delle radiazioni ionizzanti e a massimizzare i livelli di qualità dei servizi di diagnostica per immagini.
Davide Caramella