APOCRIFA – Digitate, digitate…
Il legale rappresentante di un’azienda milanese, persona compos sui e degna di fede della cui identità (come precisano nei loro atti i notai) chi scrive è personalmente certo, ha recentemente avuto a Milano, con un grande ente pubblico di fondamentale e primaria importanza, l’avventura di seguito raccontata.
Il signore in parola intende conferire delega a una propria dipendente affinché questa abbia, in suo nome e conto, il potere di entrare nel sito dell’ente e, per l’azienda rappresentata che l’ha nominata, gestire alcune semplici operazioni di un determinato processo il quale, diversamente, non può che essere gestito unicamente dal legale rappresentante in persona.
Questa condizione apparendo assurda sotto il profilo organizzativo per qualsivoglia azienda il cui personale superi l’unità, è infatti opportunamente prevista la possibilità di delega e quindi che il titolare possa chiedere per lo scopo all’ente pubblico l’abilitazione di un terzo di sua scelta e fiducia.
La procedura di richiesta di abilitazione deve essere svolta in via telematica e questo puntualmente avviene secondo le indicazioni disponibili e in ossequio alle istruzioni fornite dal dedicato call center che, è già qualcosa, risponde dall’Italia: compilazione del modulo (per la scelta del quale, invero, c’è stata un po’ di confusione nelle non sempre omogenee risposte degli operatori del call center), firme, allegati e quindi inoltro telematico, siccome prescritto, da PEC a PEC.
L’inizio dell’avventura è connotato dal particolare che non è previsto, sembra, messaggio di ‘letto’ o risposta alcuna di ricevimento come nelle antiche forme di raccomandata R/R giustamente mandate in quiescenza in quanto sostituite dalla digitalizzazione.
Così dopo due mesi di silenzio pneumatico perfino il call center dell’ente, che sulle prime aveva esortato alla pazienza per via dei prevedibili carichi di lavoro in corso, prende atto che sì, forse la transizione verso la risposta attesa è un po’ lunghetta e suggerisce di reiterare la domanda inoltrandola ex novo con allegata tutta la documentazione.
Detto e fatto passa un altro mese di inerzia da parte del destinatario e a questo punto il nostro perplesso legale rappresentante raccoglie stancamente le sudate carte e si reca di persona a far visita all’ignoto interlocutore dopo avere verificato, in base ai dati aziendali, a quale sede per competenza sia collegata l’azienda.
E’ fortunato: quella mattina non trova altri postulanti e la sede appare deserta di pubblico: subito all’entrata una signora in uniforme da guardia lo interroga, peraltro cortesemente, circa cosa lo spinga a varcare la soglia e, saputolo, lo indirizza comunque alla non lontana reception ove un’altra signora, del pari cortese assai, si fa consegnare anzitutto carta d’identità e tessera sanitaria i cui dati cerca quindi, seduta stante, di far transitare nel sistema che, al momento, non pare rispondere al meglio.
Superato in qualche minuto l’impasse, la volonterosa receptionist s’informa circa le necessità dell’ospite e, lì per lì, palesa difficoltà a cogliere il merito delle spiegazioni fornitele onde il nostro, che è vecchio ed esperto uomo di mondo, le consegna prontamente, ad adiuvandum, fotocopia (in ufficio già predisposta all’uopo) della domanda in parola ricevuta la quale la signora, grata della fiducia, si alza e scompare tosto dietro una porta a vetri smerigliati sul fondo. Oltre la quale s’intravedono sagome in movimento per cui potrebbe essere un ufficio.
E così è, infatti, perché dopo un po’ essa ritorna accompagnata da una indaffarata seconda signora nella cui mano risiede ora la fotocopia di cui sopra.
“Buon giorno, mi spieghi di cosa ha bisogno …” la nuova arrivata appalesa anche con il tono di voce di essere un po’ trafelata oltre che visibilmente onerata. Il vecchio signore spiega che è, da alcuni mesi, in attesa della risposta dell’ente alla sua domanda, quella lì descritta.
“Quale?” “Quella la cui copia ha in mano, signora” Dopo una rapida, ma sicura occhiata al foglio la risposta è immediata e precisa: “Non è questa la sede competente per territorio, lei deve andare alla sua …” “Scusi, ho verificato, ma mi risulta siate voi” “Vado a vedere: mi serve il codice fiscale dell’azienda” “E’ scritto lì” e l’impiegata scompare volonterosa dietro alla porta a vetri.
Ricompare: “In effetti siamo noi” sospira, “allora di cosa ha bisogno?”
Il vecchio signore riprende le fila dell’interrotto discorso e, già che c’è, mostra anche le due precedenti e-mail di invio rimaste inesitate che vengono lette sui due piedi con un altro sospiro (e commentate da una attendibile motivazione: “Sa, sono piena di lavoro”) e nondimeno provocano un’indagine: “Come mai non le hanno risposto?”
Il vecchio signore, come già detto uomo di mondo, prova a salvare la situazione che inizia a fare acqua e chiede con nonchalance: “Scusi, dato che sono qui, non si può fare tutto di nuovo? Ho portato anche la pratica completa in originale” “No, non si può: è il regolamento. E c’è anche scritto qui” così accennando severamente a un foglio in effetti appeso al vetro della reception che impone di presentare quella specifica domanda, insieme ad alcune altre, solo in via telematica. E mentre il vecchio signore per cortesia finge di leggere, essa rincara: “Sa, bisogna essere sicuri dell’identità di chi scrive” così che l’ingenua risposta “Mi avete registrato carta d’identità e tessera sanitaria, oltre al fatto che sul vostro sito compaio io come legale…” non è ovviamente presa in considerazione, mentre alla ulteriore (sommessa) domanda “E allora?” la sempre trafelata, e forse anche di più, risponde sicura: “Rimandi tutto per e-mail e consideri inoltre che c’è un monte di lavoro!” dardeggiando, probabilmente per consuetudine, un’incauta occhiata sulla sala d’aspetto ove, in quel momento, siede una persona sola.
Il vecchio signore non perde la calma, è uomo di mondo, e comunica: “La prossima volta vengo con la polizia”, battuta che visibilmente rallegra la receptionist la quale subito gli sorride con aria di intesa (valli a conoscere gli equilibri fra colleghi nelle organizzazioni complesse), ma proprio in quel momento la trafelata eccepisce: “Ahh, ma doveva spedire per PEC” “E infatti per PEC è stato spedito, guardi qui” “Ah, è vero!”, ma quest’ultima sessione di lettura di quelle tre righe di corrispondenza va finalmente a segno e l’impiegata comunica trionfante: “Voi però avete scritto all’indirizzo sbagliato, avete scritto alla nostra direzione e non a noi!”. Il vecchio signore, conoscendo le proprie debolezze, si impegna a controllarsi e a voce apparentemente normale dice ancora: “L’indirizzo ci è stato dato dal call center … ” “Sbagliato, sbagliato e poi non sono responsabile, io, di quello che dice il call center” “ … ma fra voi, essendo il medesimo ente, non c’è nessuna relazione?” “Se i colleghi della direzione non ce la mandano, la PEC, io cosa ci posso fare? Mica ho il tempo per cercare nelle PEC loro…”. Questa volta, però, evita di indicare la sala d’aspetto ove, nel frattempo, ad aspettare sono diventati due, e si accomiata “Guardi: la mandi a noi e qui c’è l’indirizzo” indicando dei foglietti sul tavolo della reception: “Glielo ho già dato” conferma l’altra che, in effetti, ancora al momento della verifica, nel retro, del codice fiscale aveva messo in mano al vecchio signore la preziosa notizia con un avvertimento: “Intanto lo prenda, è la nostra e-mail, non si sa mai”.
Il vecchio signore, della cui identità e attendibilità chi scrive è certo, aveva nel recente passato iniziato a fare qualche timida riflessione sul PNRR in itinere nella parte clou, dedicata all’ammodernamento della Pubblica Amministrazione, come noto la speranza è sempre l’ultima a morire, in particolare sui proclamati (ovviamente de iure condendo, cioè di là da venire) nuovi meccanismi di reclutamento del personale, sulla semplificazione delle procedure burocratiche, sullo sviluppo di capitale umano d’eccellenza e sulla digitalizzazione dei processi interni e dei servizi della P.A., ma si è poi prudentemente interrotto pensando a quanti PNRR saranno necessari prima che si cominci a vedere la differenza.
LMPD