APOCRIFA – Mestiere di Pietro
Nel messaggio natalizio Urbi et Orbi Francesco papa è stata l’unica persona che abbia rivolto al suo prossimo, e in particolare a chi lo ascoltava, un messaggio augurale comprensibile e non di maniera.
Ovviamente in prospettiva cristiana, cioè con riferimento al Natale, e cattolica, cioè universale, che è differente dalle pure formalità prive di anima radicate nel politicamente corretto delle burocratiche formule che la maggioranza si sente in dovere, chi sa poi perché, di scambiare con i terzi nell’occasione.
E la sua debole voce, clamàntis in desérto, ma udibile da chi vi presti orecchio, ha -come numerose altre volte- rivestito un ruolo profetico al pari di altri che lo hanno preceduto nel tempo come anche degli stessi profeti storici i quali per alcuni secoli si sono rivolti ai re d’Israele: L’attaccamento al potere e al denaro, la superbia, l’ipocrisia, la menzogna. Questi pesi impediscono di andare a Betlemme, escludono dalla grazia del Natale e chiudono l’accesso alla via della pace.
Donde, comunque, l’augurio e l’auspicio -pazientemente rivolto a chi non lo ascolta- che le varie autorità politiche oltre a coloro dotati di buona volontà si rivolgano a pensieri di pace e lavorino per essa sui numerosi scacchieri della terza guerra mondiale o comunque di conflitto armato: Ucraina, Siria, Terra Santa, Libano, Africa, Yemen, Mjanmar, Iran, Haiti…
Ponendo mente alle drammatiche tensioni pericolosamente presenti anche altrove o ai conflitti allo stato (ancora) interni in tanti Paesi si intuisce come l’accorata allocuzione francescana vada a dispiegarsi sulla maggioranza dell’orbe.
Non lo ascoltano, come non ascoltarono neanche quelli prima di lui, né fra i grandi né fra i meno grandi (ciascuno con il suo seguito di botoli ringhianti) né fra i piccoli e tutto è (già) stato osservato e puntualmente scritto appena una manciata di anni a ridosso della (vera) notte di Natale con poche parole, ma pesanti come macine da mulino, dall’evangelista di nome Giovanni: In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini e la luce splende nella tenebra e la tenebra non la ha accolta.
E ancora: la luce è venuta nel mondo e hanno amato gli uomini più la tenebra che la luce.
Sempre il medesimo Giovanni puntualizza, però, anche un altro aspetto che è il rovescio positivo della faccia della medesima medaglia come sopra mestamente incisa: a quanti però lo accolsero diede, a costoro, il potere di diventare figli di Dio, ai credenti nel suo nome (ove, secondo la cultura degli antichi, il nome corrisponde all’essenza).
E questa è, forse, la più semplice e profonda spiegazione (anzitutto teologica, ma non solo) di come e perché, dopo venti secoli colmi di guerra continua, fallimenti e tradimenti, una luce continui nondimeno a brillare nel buio e a tenere desta la memoria e la speranza di coloro (sebbene piccolo resto in rapporto alla totalità) che sono in cerca di percorsi di vita non omologati con le logiche (evangelicamente: spirito) del mondo.
Ha sottolineato Francesco papa che il nostro tempo (e decontestualizzando è ben certo che i tempi degli uomini abbiano da sempre sofferto la carestia, sia di pace sia di alimenti) sta vivendo una grave carestia di pace e altro non c’è da aggiungere perché è la pura verità.
Colui, infatti, che ha tracciato una volta per tutte la via verso la pace e ha vinto il mondo è stato da quello stesso mondo ingiustamente ucciso con menzogna e oppressione, non diversamente peraltro da altri innumerevoli milioni di creature (prima e dopo) con le quali ha umanamente condiviso la sorte, ma come credono coloro che l’hanno accolto o che ancora lo accolgono non è rimasto nel sepolcro a dispetto della maggioranza.
Quante divisioni ha il papa?, si racconta abbia domandato sarcasticamente un grande della Terra aduso all’utilizzo della violenza e della morte per sottolineare la (peraltro reale) debolezza politica della Chiesa e del papa, ma poco tempo dopo, nel 1953, quando a sua volta morì, anche lui come tutti, quello stesso papa sbeffeggiato sembra abbia sussurrato che, finalmente, le aveva o le avrebbe vedute.
Che mestiere fa, il papa?, domandano ancora alcuni che preferibilmente lo considerano sotto il profilo di un monarca assoluto a capo di uno Stato insignificante: da sempre c’è qualcuno che confonde il Signore con i preti.
Il mestiere del papa è annunziare il Vangelo sulle orme di Colui che iniziò per primo a farlo camminando attraverso la Galilea delle genti: Convertitevi e credete al vangelo (cioè all’annuncio che stava dando).
E’ di destra o di sinistra, il Vangelo? E’ conservatore o rivoluzionario? Tradizionalista o progressista?
A parte che il significato generalmente attribuito a tradizionalista, nel senso di conservatore, ha poco senso poiché scopo della tradizione non è tenere chiuso e fermo, ma consegnare e trasmettere (tràdere) a chi viene dopo, nulla di tutto ciò: esso, il Vangelo, è solo e semplicemente sconvolgente perché cambia la prospettiva dell’esistere: da una logica al suo opposto onde l’invito alla conversione, il cui significato è mutamento del pensiero e del comportamento.
Il papa non ha divisioni e perciò continua a essere, a differenza dei grandi ben armati che passano.
LMPD