DE LITTERIS ET ARTIBUS – Il cinema ritrovato – I soliti ignoti di Mario Monicelli (1958)
Questa volta iniziamo dai “mostri sacri” che compongono il cast del film: Vittorio Gassman è Peppe er pantera, un pugile balbuziente in disarmo, Marcello Mastroianni è Tiberio, che bada al figlio mentre la moglie è in carcere, Renato Salvatori è Mario, nullafacente e perditempo che si fa mantenere dalle vecchie zie, Tiberio Murgia è Ferribotte, siciliano geloso della sorella Carmela (l’attrice Claudia Cardinale), Memmo Carotenuto è Cosimo il ladro professionista, Carlo Pisacane è Capannelle, vecchietto sdentato dalla atavica fame arretrata e poi c’è Totò che è Dante Cruciani, ex ladro, detto “il maestro”, il più quotato sulla piazza per lo scassinamento di casseforti.
Tutti i protagonisti costituiranno una banda di ladruncoli che intravedono la grande occasione per un colpo facile: scassinare una cassaforte in tutta tranquillità, sfondando un sottile muro che divide un’abitazione privata dal Monte dei Pegni.
“I soliti ignoti” inizia con i due ladruncoli Cosimo e Capannelle che tentano di rubare un’automobile, ma vengono sorpresi dalla Polizia, il primo viene arrestato mentre Capannelle riesce a fuggire.
Cosimo, rinchiuso in carcere a Regina Coeli, viene a sapere da un altro detenuto di un colpo di facile realizzazione presso il Monte di Pietà.
In carcere Cosimo conosce Peppe er Pantera, il pugile suonato che va puntualmente al tappeto, e gli accenna del piano criminoso poiché quest’ultimo gli fa credere di aver subìto una lunga condanna affinché gli confidi i dettagli; Peppe in realtà viene scarcerato il giorno stesso e decide di assoldare Ferribotte e il fotografo Tiberio per il colpo.
Il piano criminoso consiste nel raggiungere la stanza del Banco dei Pegni, dove si trova la cassaforte, introducendosi prima nell’appartamento contiguo, ritenuto disabitato, abbattendone la parete divisoria.
Attraverso un filmato, fatto con una macchina da presa rubata da Tiberio al mercato di Porta Portese, sottoposto in visione a Dante Cruciani, noto scassinatore di casseforti a riposo che svolge oramai il ruolo di “consulente”, la banda viene istruita sulle modalità per realizzare il furto.
Nell’appartamento attiguo al Monte dei Pegni sono, però, nel frattempo andate ad abitare due donne anziane che hanno a servizio una ragazza di nome Nicoletta (l’attrice Carla Gravina).
Peppe s’incarica quindi di sedurre la giovane cameriera per ottenere informazioni, intanto Cosimo, uscito dal carcere, raggiunge la banda per vendicarsi del colpo soffiato, ma viene inizialmente tramortito da Peppe con un pugno; successivamente il pugile offre a Cosimo la possibilità di partecipare al furto, ma questi rifiuta per orgoglio e tenta di rapinare da solo il Monte di Pietà fallendo però nel colpo perché allo sportello troverà l’impiegato che gli sottrarrà la pistola dalle mani, credendo che il revolver sia un pegno.
Successivamente Cosimo si ridurrà a un tentativo di scippo ai danni di una signora, ma nella fuga morirà travolto da un tram.
Una sera, approfittando dell’assenza delle due proprietarie di casa, arriva per la banda il momento buono per il colpo al Monte dei Pegni; Mario però rinuncia al furto e in cambio promette di vigilare su Carmelina, sorella di Ferribotte, con la quale nel frattempo si è fidanzato.
Dopo aver superato numerose difficoltà, i quattro ladruncoli rimanenti arrivano finalmente a introdursi nell’appartamento, riescono a demolire quella che pensano sia la parete giusta ma, con grande stupore, si ritrovano nella cucina di casa: infatti le proprietarie avevano di recente cambiato la disposizione dell’arredamento, spostando la sala da pranzo che confinava con il Monte di Pietà.
Vista l’ora tarda la banda è costretta a rinunciare, anche se nel frigorifero c’è pasta e ceci per cui si siedono a tavola e… cenano, poco dopo però una perdita provocata dai ladruncoli a un tubo del gas causa un’esplosione, per cui i quattro devono darsi precipitosamente alla fuga.
Alle prime luci dell’alba la banda si scioglie, Tiberio prende il tram e va a riprendersi suo figlio, Ferribotte torna a casa e Capannelle, rimasto solo con Peppe, attira l’attenzione di due poliziotti con il suono imprevisto di una sveglia rubata in precedenza nell’appartamento. I due per sfuggire al controllo sono costretti a mescolarsi con degli aspiranti manovali che si affollano davanti al cancello di un cantiere, così Peppe viene assunto suo malgrado, mentre Capannelle, buttato fuori in malo modo perché troppo anziano e malmesso per lavorare, avverte sarcasticamente l’amico che lì lo faranno lavorare sul serio.
Il giorno dopo, un trafiletto di cronaca su un quotidiano riferisce delle gesta dei “soliti ignoti”, il cui bottino del furto è stato un piatto di pasta e ceci!
Alla sceneggiatura del film uscito nelle sale cinematografiche nel luglio del 1958 troviamo i noti Age, Scarpelli e Suso Cecchi D’Amico mentre Mario Monicelli alla regia.
Tra gli attori: Gassman, fino allora noto per i classici in teatro o per ruoli di “cattivo” (alla Riso amaro), che diventa con l’occasione anche un attore umoristico e continuerà su quella strada (La grande guerra, Brancaleone, Il sorpasso) poi Tiberio Murgia, Pisacane e ovviamente Marcello Mastroianni e Totò, anche se in una breve, ma indimenticabile apparizione.
“I soliti ignoti” ha la grande capacità di rappresentare col sorriso, a volte un po’ triste, quel momento storico difficile del dopoguerra, periodo che sarebbe poi stato abbastanza felice e prospero con il boom economico degli anni seguenti.
Sarebbe seguita la stagione della cosiddetta commedia italiana che viene anticipata in questo film con alcune sequenze magnifiche: la lezione di cassaforte di Totò, celebre la frase “…Rubare è un mestiere impegnativo, ci vuole gente seria” o il pugile Gassman, balbuziente che conta il tempo e dieci secondi diventano un minuto o, infine, il muro interno di casa sfondato per una pasta e ceci.
Una curiosità: quando la banda incontra per la prima volta Dante Cruciani, il vecchietto Ferribotte presenta le proprie credenziali “lavorative”, riportando di aver lavorato in passato nei tubi di piombo: il riferimento, di cui si è perso il senso, sottintendeva il furto e la ricettazione di tubature in piombo (nonché altre parti in rame, ghisa ed in ferro), un’attività diffusa tra la piccola criminalità del dopoguerra data la penuria di materiale per le costruzioni.
Antonio Grossi