DE LITTERIS ET ARTIBUS – Il cinema ritrovato – Un americano a Roma, regia di Steno (1954)
Un americano a Roma, regia di Steno (1954)
Ferdinando Mericoni – per tutti Nando – interpretato dal grande Alberto Sordi è un giovanotto di Trastevere che ha un grande rimpianto, di non essere nato in America, tanto che la sua massima aspirazione è quella di trasferirsi negli Stati Uniti.
La sua vita è una continua rincorsa al modo di vivere americano: Nando gira con un bracciale di cuoio borchiato, un cinturone da cowboy, una maglietta bianca attillata dentro i jeans a tubo e berretto da baseball, chiama in pseudo-inglese la fidanzata e i genitori “Elvy, papi, mami” e soprattutto vive ogni situazione quotidiana come se fosse la scena di un film di cui lui è il protagonista.
Nando è peraltro convinto di essere padrone della lingua inglese, che invece ignora completamente, e nella sua parlata si mescolano espressioni in romanesco e inglese approssimativo come la “Polizia der Kansas City” e “orrait orrait”, deformazione di “all right, all right”.
Seguendo l’idea ossessiva di volersi trasferire negli Stati Uniti, Nando combina una innumerevole serie di guai: mette su una compagnia di ballo, tenta la strada del musicista jazz ma, mentre si appresta a preparare la sua compagnia (siamo alla fine della guerra) i tedeschi lo arrestano e lo fanno finire in un campo di lavoro.
Terminata la guerra la situazione non cambia, Nando nel suo bighellonare giornaliero si imbatte negli americani stanziati a Roma e per il suo strano comportamento viene preso addirittura per un sabotatore.
Più tardi, in un club di soldati americani, Nando conosce una pittrice di New York e la segue nel suo appartamento credendo che la donna sia attratta da lui; svelato il malinteso la donna lo caccia, malmenandolo.
Durante una gita in motocicletta, l’immancabile Harley Davidson, Nando vestito da poliziotto di Kansas City, insieme alla fidanzata Elvira detta Elvy, incontra una coppia di turisti americani in automobile che, credendolo un vigile, gli chiedono informazioni e Nando pur non conoscendo l’inglese fornisce indicazioni sbagliate ripetendo sempre “All right!, All right!“ fino a mandare l’automobile dei due malcapitati dentro il fosso della Marranella.
Altro momento memorabile del film è la celebre scena dei “macaroni”: “Io nu’ magno macaroni, io so’ americano” ma poi Nando dopo essere rimasto disgustato dalla tartina di pane spalmata con latte, marmellata e mostarda: “Puah!… Ammazza che zozzeria!… Macaroni…m’hai provocato e io ti distruggo, adesso! Io me te magno“.
Poi, Nando, sempre riferendosi al latte, alla marmellata e alla mostarda: “Questo ‘o damo ar gatto, questo ar sorcio, co’ questo c’ammazzamo ‘e cimici“.
Alla fine di varie disavventure – raccontate in retrospettiva dai personaggi a lui vicini – che puntualmente lo frustrano nei suoi intenti, Nando pensa a un gesto estremo prendendo spunto da un celebre film dell’epoca, 14ª ora di Henry Hathaway, così decide di salire sul Colosseo minacciando di uccidersi se qualcuno non l’aiuterà a partire per l’America.
Dopo ore interminabili in cima al monumento, per Nando sembra concretizzarsi il sogno quando fa la sua comparsa l’ambasciatore americano che per farlo scendere gli promette un viaggio e un lavoro negli Stati Uniti, ma l’ambasciatore è proprio una delle sue “vittime”: si era infatti rotto una gamba dopo essere finito insieme alla moglie con la automobile in un burrone per un’indicazione mal capita, dopo che Nando gli aveva indicato di “Nun annà a destra perché c’è er burone d’aa Maranella, orrait? orrait!”, gesticolando in modo tale da far confondere “orrait” con “right” (destra).
Quando finalmente Nando scende dal Colosseo, l’ambasciatore lo riconosce e lo aggredisce prendendolo a calci per vendicarsi dell’incidente subito.
Per Nando ricoverato in ospedale è la fine del sogno, ma in cuor suo rimarrà sempre un irriducibile americano a Roma.
Un americano a Roma è tra le più celebri e iconiche commedie sostenute da Sordi nel corso della sua lunghissima carriera e il film è caratterizzato da una penetrante satira di costume dell’Italia del dopoguerra in balia del mito esterofilo dell’America, agognata e fantasticata terra dalle mille opportunità, di cui però la stragrande maggioranza degli italiani dell’epoca conosceva usi e costumi soltanto attraverso il cinema, i fumetti e le riviste.
L’immagine di grandezza ed opulenza è ancora viva nella mente di molti giovani italiani, a distanza di anni dalla fine della guerra, uno di questi è appunto Ferdinando Mericoni auto soprannominatosi Santi Bailor, eterno sognatore ad occhi aperti, convinto di un futuro al di là dell’Atlantico.
La forza di Un americano a Roma sta nella capacità di raccontare un’Italia che cambia: Nando è precursore di una contraddizione che viviamo ancora oggi, quella tensione tra locale e globale, tra identità e desiderio di altro, ogni suo gesto, ogni frase storpiata in italo-inglese, ogni scena di fuga dai suoi vicini che lo giudicano, rappresenta un conflitto profondo: quello tra il bisogno di appartenenza, l’Italia che si stava ricostruendo dopo la guerra e la voglia di essere diversi, il futuro rappresentato dagli Stati Uniti.
Due curiosità: il personaggio di Nando Mericoni, protagonista della pellicola, nasceva in realtà come uno dei vari personaggi della commedia a episodi Un giorno in pretura (1953), diretto dallo stesso Steno e scritto da quasi gli stessi sceneggiatori del film (tra i quali lo stesso Sordi) e poi che Nando Mericoni tornerà nel 1975 nel film a episodi Di che segno sei?, dove interpreta una scalcinata guardia del corpo di un istituto di vigilanza milanese.
Antonio Grossi