DE LITTERIS ET ARTIBUS – il Circolo del Cinema: Il sorpasso, Dino Risi (1962)
Il cinema è, fra le forme artistiche cui si rivolge la fantasia e l’intelligenza dell’uomo, la più recente (fine ‘800) altresì denominata ‘settima arte’: basandosi sul movimento riprodotto concreta una forma di narrativa normalmente di approccio più agevole o meno complesso rispetto alla lettura, ma in grado di ‘parlare’ ancor più direttamente allo spettatore (lettore).
Come ogni altra può rivelarsi assolutamente inutile oppure elevarsi a offrire esperienze e sensazioni di valore che, in virtù del mezzo tecnico costituito dal film, possono agevolmente essere riproposte nel tempo.
Con il titolo de il Circolo del Cinema pubblichiamo interventi su film che hanno fatto la storia e sono degni di memoria a cura di un appassionato cinèfilo.
Il sorpasso, Dino Risi (1962)
Tutte le volte che mi si presenta la possibilità di vedere “Il sorpasso”, non resisto e devo fare di tutto per rivederlo anche alle 3 di notte.
Si tratta di un film eterno e grande, fa parte della cosiddetta Commedia all’italiana, la magnifica corrente che prese il testimone dal neorealismo.
“Il sorpasso” non ti lascia un momento, cominci e rimani fino alla fine, è un film che ti diverte anche se il finale è crudele. Tutti ricordano la storia: il quarantenne Bruno Cortona (Vittorio Gassman) prestante quarantenne, ossessionato dall’ansia di vivere e dal timore della vecchiaia, è un amante della guida spericolata e delle donne e si ritrova a vagare in auto, il giorno di Ferragosto del 1962, alla ricerca di un pacchetto di sigarette e di un telefono pubblico.
Si imbatte per caso nel giovane Roberto Mariani (Jean Louis Trintignant), uno studente timido e riservato, iscritto a Giurisprudenza, che è rimasto nella Capitale deserta per preparare gli esami.
Con Roma completamente vuota, Bruno convince il giovane Roberto a passare due giorni con lui. Il ragazzo, dapprima riluttante, accetta attratto dall’esuberanza dirompente del nuovo amico: inizia così uno scontro/incontro tra due generazioni, due classi sociali, due modi opposti di vedere la vita.
Bruno guida una Lancia Aurelia B24 Sport Supercompressa, decapottabile, che all’epoca divenne di moda come la Aston Martin DB 6 di James Bond e la Mustang di Trintignant di “Un uomo, una donna”.
Bruno e Roberto partono lasciando una Roma deserta e si spostano sul litorale laziale, lungo la via Aurelia fino a Civitavecchia per poi risalire verso la Toscana, nei posti in cui il giovane studente passava le vacanze da bambino, dove Bruno arriva suonando il clacson bitonale per poi dispensare a tutti la sua filosofia spicciola.
Bruno accompagna Roberto dagli anziani zii, giusto in tempo per distruggergli il ricordo della famiglia, dimostrando tra una battuta e l’altra che, data la forte somiglianza, il cugino non è figlio di suo zio, ma del fattore.
I nostri due protagonisti incontrano poi il vecchio domestico: Occhio fino, visibilmente omossessuale e Bruno dice Così avete anche la checca di campagna… non lo avevi capito? Occhio fino… finocchio!
Al giorno d’oggi, nessuno potrebbe permettersi un passaggio del genere, semplicemente impensabile…
Poi subito dopo ecco i due sul litorale di Castiglioncello nei pressi di Livorno e lì il regista Dino Risi sostiene il racconto con gli inserti irresistibili delle canzoni di allora: “L’uomo in frac” di Modugno, “Saint Tropez” di Peppino di Capri, “Cuando calienta el sol” dei Marcellos Ferial, “Con le pinne fucile ed occhiali” di Vianello.
Roberto, all’inizio imbarazzato e infastidito, a poco a poco sta al gioco. Si lascia sedurre dalla personalità di Bruno.
Alla fine, in macchina, è Roberto a premere il clacson, a incitare Bruno ad andare più forte tanto che hanno un incidente su una tortuosa strada costiera, poco prima di Livorno a Calafuria, proprio durante un sorpasso…. in curva, Bruno resta illeso e Roberto muore.
Ci resti male perché ti eri affezionato, sicuramente a Bruno, ma soprattutto a Roberto.
“Il sorpasso”, che alla sua epoca venne quasi snobbato dalla critica, si è ritagliato nel tempo uno spazio che appartiene di diritto alle grandi memorie del cinema e resta uno degli affreschi cinematografici più rappresentativi dell’Italia del benessere e del miracolo economico di quegli anni.
Il film si aggiudicò nel 1963 il Nastro D’Argento e il David di Donatello per il migliore attore: Vittorio Gassman.
Una piccola curiosità: il successo del film arrivò gradualmente, anche grazie a Dennis Hopper che vi si ispirerà per girare “Easy Rider”.
Antonio Grossi