DE LITTERIS ET ARTIBUS – Il circolo del cinema – Tutti a casa, Luigi Comencini (1960)
Il cinema è, fra le forme artistiche cui si rivolge la fantasia e l’intelligenza dell’uomo, la più recente (fine ‘800) altresì denominata ‘settima arte’: basandosi sul movimento riprodotto concreta una forma di narrativa normalmente di approccio più agevole o meno complesso rispetto alla lettura, ma in grado di ‘parlare’ ancor più direttamente allo spettatore (lettore).
Come ogni altra può rivelarsi assolutamente inutile oppure elevarsi a offrire esperienze e sensazioni di valore che, in virtù del mezzo tecnico costituito dal film, possono agevolmente essere riproposte nel tempo.
Con il titolo de il Circolo del Cinema pubblichiamo interventi, a cura di un appassionato cinèfilo.
Tutti a casa, Luigi Comencini (1960)
È l’8 settembre del 1943, il giorno dell’Armistizio, e in mezzo a grande confusione ed entusiasmo per la fine della guerra, l’esercito italiano si ritrova completamente allo sbando con la maggior parte dei militari che vorrebbero finalmente tornare a casa propria.
Il sottotenente dell’esercito, Alberto Innocenzi (ennesima notevole interpretazione di Alberto Sordi) tenta vanamente di tenere insieme il reggimento e raggiungere il primo Comando disponibile per capire che cosa fare, ma si trova praticamente da solo, abbandonato da tutti i suoi soldati.
Alla fine, restano agli ordini del sottotenente Innocenzi solamente il sergente Fornaciari, il geniere Ceccarelli e l’artigliere Codegato; questi quattro militari decidono di dirigersi dalla costa adriatica, luogo in cui si trovano, verso il Sud Italia in direzione di Napoli dove c’erano i rispettivi luoghi di origine attraverso un viaggio che sarà caratterizzato da enormi difficoltà, con la fine della guerra che purtroppo sarebbe stata ancora lontana.
In una delle scene più caratterizzanti del film, in un misto di drammaticità e ironia, si vede Sordi che, dopo essere stato attaccato con i suoi soldati dalle truppe tedesche che iniziavano le azioni di rappresaglia, corre al telefono in un negozio di alimentari per avvisare il suo comandante che “…i tedeschi si erano alleati con gli americani…”.
Nonostante il dramma e lo sbandamento dei militari l’ufficiale Innocenzi, fedele ai suoi doveri e alla sua divisa, fa di tutto per mantenere l’unità, cercando di avere qualche istruzione dall’alto, ma quando si rende conto che non arriveranno indicazioni abbandona il senso del dovere e diventa a sua volta uno sbandato come tutti gli altri.
Il sottotenente Innocenzi getta così la divisa, indossa abiti civili e scappa con i suoi tre ex-soldati senza più vincoli di subordinazione né di particolare amicizia, ma con l’unico scopo di salvare la propria vita.
Tutti e quattro i commilitoni, nel loro sconforto e smarrimento, hanno perso il senso di ciò che è giusto e di quello che non lo è, e quando incontrano altri soldati italiani che si preparano ad andare sulle montagne per partecipare alla Resistenza, i quattro criticano tale scelta come follia.
Purtroppo, alcuni compagni del sottotenente Innocenzi troveranno la morte o verranno arrestati proprio nel momento in cui stanno per raggiungere “casa”; Codegato viene colpito alla schiena mentre sta cercando di difendere una ragazza ebrea, Fornaciari viene preso dai tedeschi perché la moglie ha nascosto in casa un soldato americano.
Alla fine, il Sottotenente è l’unico che riesce a raggiungere finalmente casa dove trova l’anziano padre (il grande Eduardo De Filippo) che però, essendo un vecchio nostalgico del regime, lo incita subito ad arruolarsi nel costituendo esercito fascista.
L’ex ufficiale non resiste alle prese di posizione del padre e appena riesce scappa di casa fuggendo dalla finestra e ritrova nella fuga il suo geniere Ceccarelli; tra i due si rinnova la solidarietà e si crea un rapporto di amicizia fin quando Innocenzi, inseguito dai tedeschi, riesce a mettersi in salvo mentre l’amico Ceccarelli viene colpito nel tentativo di fuga.
Allora il sottotenente Innocenzi esce dal suo nascondiglio, raccoglie un fucile mitragliatore abbandonato e spara all’impazzata cercando di andare a salvare il suo soldato, che gli morirà tra le braccia, ritrovando però l’orgoglio, i sentimenti e la dignità di un ufficiale dell’esercito italiano.
In quei momenti molti soldati, sottufficiali ed ufficiali imbracciavano nuovamente le armi e salivano sulle montagne e con loro l’Italia entrava nella Resistenza, forse il vero modo per essere Patria e tornare “tutti a casa”.
Sappiamo benissimo cosa successe dopo l’Armistizio dell’8 settembre del ’43, quando il popolo italiano rimase abbandonato in balia dei nazifascisti, mentre il Re e il generale Badoglio si rifugiavano al sicuro a Brindisi, già sotto il controllo delle truppe alleate.
L’ultima scena del film, in cui Innocenzi imbraccia il mitragliatore e si lancia contro i tedeschi, si inserisce nel contesto storico della rivolta popolare di Napoli del 28 settembre del 1943 che dopo quattro giorni di aspri combattimenti portò alla liberazione della città.
Il Neorealismo ha sicuramente affrontato, sin dall’inizio, i temi dell’occupazione dell’Italia dopo l’Armistizio da parte dei soldati tedeschi e dalle camicie nere e il regista Comencini è riuscito in questo film a mettere insieme dramma e comicità con una naturalezza sorprendente.
Alcune curiosità sul film, prodotto da Dino De Laurentis, che è forse uno dei migliori film di Comencini, tant’è che fu campione di incassi nell’anno 1961.
Inizialmente la produzione del film pensava di affidare i ruoli dei due “mostri sacri” Sordi e De Filippo a due attori altrettanto bravi: Gassman e Totò, ma poi si pensò che Sordi avrebbe meglio interpretato la figura dell’italiano, dal carattere un po’ tronfio e pauroso.
All’inizio degli anni ’60, in un’Italia lanciata verso il boom economico e il progresso, il Ministro della Difesa dell’epoca, Giulio Andreotti, non vedeva di buon occhio tornare con un film al dramma dell’8 settembre, per cui rifiutò qualsiasi tipo di collaborazione con la produzione cinematografica arrivando a negare l’utilizzo nelle riprese di due carri armati, che furono così costruiti in legno compensato.
Antonio Grossi