DE LITTERIS ET ARTIBUS – Latinorum

Il latino ha svolto e continua a svolgere un ruolo di importanza fondamentale all’interno della Chiesa cattolica. In particolare, gli avvenimenti delle scorse settimane ci hanno ricordato che il latino è ancora oggi la lingua ufficiale della Santa Sede e che non è stato certo abolito, nonostante che il Concilio Vaticano II abbia permesso e incoraggiato l’uso delle lingue vernacolari nella liturgia per favorire una maggiore partecipazione e comprensione da parte dei fedeli. Al contrario, la Chiesa cattolica continua a promuovere la conoscenza di base del latino per favorire l’unità e la partecipazione in contesti internazionali.
Un chiaro valore aggiunto del latino è che – essendo una lingua che non appartiene a nessuna nazione o etnia specifica – ha favorito l’unità della Chiesa cattolica e ha permesso a chierici e studiosi di diverse nazionalità di comunicare, studiare e pregare insieme, trascendendo le barriere linguistiche nazionali.
Infine le qualità linguistiche del latino lo rendono particolarmente adatto a esprimere la sacralità e la solennità dei riti religiosi. La sua immutabilità nei secoli, rispetto alle lingue volgari che evolvono rapidamente, è vista come un vantaggio per preservare l’integrità dei testi sacri e liturgici.
Tutto questo lo abbiamo percepito chiaramente nelle scorse settimane, anche per la grande suggestione degli avvenimenti – davvero di portata storica – che si sono succeduti a ritmo serrato. Ma il genio letterario di Alessandro Manzoni ci propone un diverso punto di vista, sottolineando come l’uso furbesco di questa “lingua morta” possa avere il fine di confondere le acque se non addirittura di ingannare il prossimo.
Tutti noi ricordiamo il termine latinorum, che viene pronunciato da Renzo Tramaglino a fronte delle arzigogolate e incomprensibili argomentazioni in un latino più o meno maccheronico usate da Don Abbondio per spiegare gli impedimenti al suo matrimonio. La sua celebre esclamazione: “Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?” è stata determinante nel favorire il successo di questo termine nella nostra lingua.
Anche oggi, latinorum è utilizzato in modo scherzoso e un po’ dispregiativo per indicare un linguaggio ostentatamente difficile, ampolloso e incomprensibile, spesso usato per mascherare una mancanza di sostanza, per confondere l’interlocutore o per risultare inaccessibile ai più.
Negli anni, i politici italiani si sono distinti nel creare esempi notevoli di latinorum. Basta pensare a termini come Mattarellum, Porcellum, Italicum, Rosatellum, Verdinellum. A voi ne vengono in mente altri?
Massimo Pentalogo