DE LITTERIS ET ARTIBUS – Petrolio
Nel mese scorso è stato celebrato il cinquantesimo anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, il cui ultimo e incompiuto romanzo si intitola “Petrolio” ed è considerato la sua opera-testamento: una vera e propria summa delle sue analisi politiche e sociali e della sua riflessione sul potere in Italia.
Il romanzo contiene una feroce denuncia dei legami oscuri tra il potere economico rappresentato dalla compagnia petrolifera, la politica e la criminalità, con riferimenti espliciti alla morte di Enrico Mattei. In effetti, il petrolio è per Pasolini la metafora del potere economico brutale che governa – e corrompe – tutto ciò che tocca.
Alla luce di questo, potremmo chiederci cosa penserebbe oggi Pasolini dei cosiddetti petrostati, ovvero quei paesi il cui sistema politico ed economico è fortemente dipendente dalla produzione e dall’esportazione di petrolio e gas naturale.
La definizione comunemente accettata identifica come petrostati quei paesi per i quali gli idrocarburi rappresentano oltre il 10% del PIL oppure costituiscono oltre il 40% delle esportazioni.
Consideriamo per esempio iI Qatar, che è un petrostato la cui economia è basata soprattutto sul gas naturale liquefatto. Questa focalizzazione sul gas lo rende meno vulnerabile alle fluttuazioni del prezzo del petrolio e gli consente di avere uno dei PIL pro capite più alti del mondo.
Il Qatar utilizza la sua ricchezza per proiettare influenza oltre i suoi confini anche attraverso l’emittente satellitare Al Jazeera, che ha notevolmente accresciuto la sua rilevanza mediatica in Medio Oriente; inoltre, grazie alla sua neutralità e alla sua ricchezza, il Qatar si è spesso proposto come un mediatore chiave nei conflitti regionali.
Un interessante esercizio di soft power è rappresentato dai massicci investimenti che il Qatar ha effettuato per organizzare eventi sportivi di alto profilo come la Coppa del Mondo del 2022, volti a promuovere la sua immagine internazionale.
Gli Emirati Arabi Uniti sono un petrostato di tipo differente, che ha utilizzato la ricchezza derivata dalla vendita di idrocarburi per realizzare a tappe forzate un’avanzata diversificazione della propria economia trasformandosi in un hub globale per la finanza, il turismo, la logistica e i servizi. Attraverso i loro fondi sovrani, gli Emirati Arabi Uniti investono nelle borse di tutto il mondo nonché in immobili, infrastrutture, tecnologia, con il fine di garantirsi un flusso costante di entrate in aggiunta a quelle provenienti dalla vendita del petrolio.
Ma il petrostato più atipico è senz’altro la Russia, che domina sia il mercato del petrolio (di cui è il terzo produttore mondiale dopo gli USA e l’Arabia Saudita) sia quello del gas naturale. Insieme, petrolio e gas costituiscono i pilastri fondamentali del bilancio federale e dell’influenza geopolitica russa.
Fino alla guerra in Ucraina, la Russia era il principale fornitore di gas naturale dell’Europa, e ciò le ha consentito di trasformare le sue risorse energetiche in un poderoso strumento di politica estera. È inoltre importante sottolineare che le enormi entrate derivanti dall’esportazione di energia finanziano direttamente la spesa militare della Russia, sostenendone le mire espansionistiche.
Credo che Pasolini avrebbe considerato con interesse il ruolo che attualmente – mezzo secolo dopo il suo romanzo – hanno le gigantesche compagnie petrolifere russe Rosneft, Lukoil e Gazprom, che si caratterizzano per essere del tutto allineate con gli obiettivi strategici del Cremlino e che sono spesso coinvolte in complotti politici, trame criminali e misteri inquietanti.
Se Pasolini fosse vivo oggi, secondo voi avrebbe scelto di ambientare il suo romanzo in Italia oppure in Russia?
Massimo Pentalogo
