DE LITTERIS ET ARTIBUS – Rinascimento
Rinascimento
Non c’è dubbio che Roma meriti il suo titolo di “città eterna”, in considerazione del suo patrimonio artistico e architettonico, con monumenti e rovine che testimoniano la sua lunga storia e il susseguirsi di imperi e papati. Ma è altrettanto meritato il titolo attribuito a Firenze di “culla del Rinascimento”, poiché il movimento culturale che ha trasformato l’arte, la letteratura, la filosofia e la scienza ha avuto inizio nel XIV secolo proprio in questa città. L’influenza del Rinascimento fiorentino si è poi estesa a tutta l’Italia e all’Europa, segnando una svolta fondamentale nella cultura occidentale.
Dal 14 Marzo di quest’anno, in Piazza Signoria, nel cuore della capitale del Rinascimento, giganteggia una statua in bronzo dorato realizzata dallo scultore britannico Thomas J Price. La statua raffigura una giovane donna nera in abiti moderni con i sandali appoggiati direttamente sul pavimento della piazza, senza piedistallo.
Si tratta di un’installazione provvisoria, ma alcuni fiorentini considerano dissonante il dialogo che si è stabilito tra questa statua contemporanea e le statue famose che adornano la piazza e ricordano i fasti della tradizione rinascimentale di Firenze. Perché installare in Piazza Signoria una statua alta quasi quattro metri raffigurante una donna nera con in mano un telefonino, il vero e proprio simbolo della contemporaneità?
Una possibile chiave di lettura di questo disagio è legata all’immaginario di noi occidentali, nel quale l’uomo e la donna neri sono indelebilmente associati con il peggiore crimine commesso nella storia dell’umanità: lo schiavismo.
Tutti infatti ricordiamo che nel periodo compreso tra il XVI e il XIX secolo sono stati tra i 10 e i 12 milioni gli africani trasportati forzatamente verso le Americhe. E sappiamo bene che questa crudele deportazione è stata solo l’inizio di una serie di sofferenze che si sono protratte attraverso le generazioni successive e che – in certa misura – perdurano fino ad oggi.
Ciò che invece non è sempre presente nella nostra memoria (e che Thomas J Price sembra volerci ricordare) è che ben prima della tratta atlantica, lo schiavismo era già fiorente nelle città italiane del Rinascimento: Genova, Venezia, Firenze e Napoli, erano protagoniste nel commercio degli schiavi provenienti da diverse regioni, tra cui l’Africa, il Medio Oriente e l’Europa orientale.
Le città italiane fungevano da centri di smistamento e di commercio di schiavi, con mercati e contratti di compravendita regolamentati e le élite urbane acquistavano schiavi per ostentare il loro status sociale e per soddisfare le loro esigenze di mano d’opera nel lavoro domestico, nell’artigianato e nell’agricoltura.
Una caratteristica distintiva dello schiavismo rinascimentale era la maggiore diversità delle origini degli schiavi: per esempio a Firenze gli schiavi provenivano in quota significativa dal Caucaso. Recenti scoperte suggeriscono che la madre di Leonardo da Vinci, di nome Caterina, fosse una donna circassa originaria del Caucaso, rapita e venduta come schiava, che passò da Costantinopoli e Venezia, prima di arrivare a Firenze. Una prova documentaria sarebbe rappresentata dall’atto di liberazione, firmato dal padre di Leonardo, Piero da Vinci.
Tornando all’installazione della statua di Thomas J Price nel bel mezzo della capitale del Rinascimento, trovo interessante che sia proprio uno scultore nero a ricordare noi “caucasici” gli schiavi provenienti dal Caucaso che furono utilizzati per contribuire – loro malgrado – all’epoca d’oro di Firenze.
Mi piacerebbe ricevere da parte dei lettori altre segnalazioni di opere d’arte che possano risultare interessanti per una rivisitazione critica dell’odioso fenomeno della schiavitù: a partire da Ecuba e Andromaca, fino ad arrivare ai giorni nostri, includendo esempi letterari o di arte figurativa.
Massimo Pentalogo