Disfunzioni del pronto soccorso: non riorganizzazione del servizio, ma medici di medicina generale chiamati a risolvere la situazione
Venuta alla luce la tragica realtà di alcune strutture del pronto soccorso, la ricetta suggerita per la risoluzione della situazione non prevede una riorganizzazione degli ospedali con miglior utilizzo dei fondi ma il coinvolgimento dei medici di medicina generale.
Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, invitato ad una trasmissione su Rai Tre, dichiara:
«Gli accessi al pronto soccorso sono quasi 23 milioni l’anno, il 15% sbocca in un ricovero, l’85% viene dimesso. In questa percentuale c’è una parte di accesso non appropriato. Dunque ho chiesto ai medici di medicina generale di arrivare alla fine di un percorso lungo: la medicina di base deve funzionare 7 giorni su 7 e gli ambulatori dalle 8 alle 20. Ebbene, ho trovato una buona risposta da parte dei medici di famiglia; sono moderatamente ottimista che nel prossimo Patto della salute si possa ragionare in questi termini».
Ecco come le organizzazioni che rappresentano una larga parte dei medici di medicina generale hanno commentato le affermazioni:
La Simg per bocca del suo Presidente Claudio Cricelli commenta: «Vogliamo essere protagonisti della riorganizzazione delle cure primarie e ci faremo carico delle esigenze legate alla maggiore copertura assistenziale e alle nuove responsabilità professionali. Ma siamo preoccupati perché siamo stati esclusi dal tavolo di lavoro che porterà alla stesura del nuovo Patto per la Salute. Per compensare il minor finanziamento rispetto al fabbisogno stimato, si ipotizzano soluzioni quasi esclusivamente a carico dei percettori delle prestazioni. La globale riorganizzazione delle cure primarie migliorerà la regolazione dell’offerta, rimodulerà i servizi e assesterà il rapporto con le prestazioni specialistiche ospedaliere, compensando così in 3 anni il definanziamento ed il disavanzo strutturale del Servizio sanitario nazionale. Ma devono essere affrontate in sede tecnica, con esclusivo riguardo e attenzione alle competenze delle parti, le proposte e le soluzioni disponibili superando una volta per tutte le attuali limitazioni ed esclusioni».
Lo Snami per bocca del suo presidente Angelo testa commenta: «Invece di risolvere i problemi si preferisce praticare lo sport dello scaricabarile e così la medicina generale fa da capro espiatorio al fallimento del sistema per carenze e incompetenze altrui. Da tempo lo Snami, inascoltato, ha proposto il suo modello h24 per un’assistenza continuativa, con ‘postazioni filtro’ sul territorio e nei pressi dell’ospedale, in alternativa a Case della salute e grupponi vari non attuabili concretamente. Si stanno smobilitando gli ospedali ma nel contempo non hanno potenziato il territorio. Alla crescente domanda di salute ed all’aumento delle cronicità, l’unica risposta è stata il sottodimensionamento dei pronto soccorso che, soprattutto nei momenti critici come ad esempio l’epidemia influenzale, a causa dell’eccesso di prestazioni richieste vanno al puntuale collasso totale. E in questi frangenti paga il territorio, cioè la medicina generale, cenerentola della sanità ma da sempre ai vertici del gradimento dei pazienti».
Le proposte della Aimef in occasione della X Assemblea nazionale sono: «Coinvolgimento diretto dei medici nella pianificazione dei servizi; partecipazione della medicina di famiglia agli organi di governo delle Asl; presenza del medico di famiglia in pronto soccorso per i codici bianchi e verdi».
La Fimmg per bocca del segretario nazionale Giacomo Milillo commenta: «Stiamo subendo da giorni attacchi ingiustificati da parte dei media che, più o meno velatamente, accusano i medici di medicina generale di essere i principali responsabili della situazione di caos nei pronto soccorso italiani. Siamo indignati per i ripetuti attacchi e ci rifiutamo di diventare il capro espiatorio di una situazione grave della quale i medici di famiglia non hanno nessuna responsabilità. In varie occasioni il medico di famiglia è stato dipinto dai mezzi di comunicazione come una sorta di fannullone che prescrive esami e farmaci in modo scriteriato. Queste accuse infondate ci riempiono di sdegno. Ci sono decine di migliaia di professionisti che ogni giorno servono 2 milioni di cittadini, portando avanti sempre più faticosamente ma con passione e responsabilità il loro lavoro. Non possiamo rimanere in silenzio di fronte ad attacchi infondati che gettano fango sui un’intera categoria, apprezzata e stimata dai cittadini. E’ noto a tutte le fonti di informazione che, come risulta da recenti sondaggi indipendenti, circa l’80% degli italiani ha espresso piena fiducia nel proprio medico di famiglia. Ci sorprende infine l’ipocrisia di qualche solito politico, pronto a cambiare la propria opinione in un batter d’occhio pur di trovare un capro espiatorio su cui scaricare tutte le responsabilità per le inefficienze del sistema».
Interessante la disamina dello Snami su alcune cause di accesso al pronto soccorso ‘su base finanziaria’: «Oggi recarsi al pronto soccorso e fare degli accertamenti a basso costo, evitando il ticket che ordinariamente si dovrebbe pagare, diventa a volte quasi una necessità ed in altri casi una furba e cattiva abitudine tutta italiana. Anche perché dalle statistiche risulta che il 70% degli accessi in ospedale è un codice verde, per cui non si paga il ticket, e solo il 10% sono codici bianchi per cui si paga solo un piccolo contributo». Ma che filtro ci può essere sul territorio se per il cittadino è più conveniente, soprattutto economicamente, rivolgersi all’ospedale?.
Domenico Salvago, presidente regionale Snami Sardegna riporta la sua realtà sociale: «Nei nostri territori in cui c’è un forte radicamento della medicina territoriale, con presenza capillare e costante dei medici di famiglia» perlopiù «associati in rete o in gruppo tra loro abbiamo verificato che la stragrande maggioranza degli accessi incongrui al pronto soccorso ospedaliero si verificano per evitare i costi ed i tempi della diagnostica».
In conclusione sembra che la tragica realtà del pronto soccorso sia solo la punta dell’iceberg e che la ricetta corretta debba riesaminare tutta l’organizzazione ovvero le liste d’attesa eccessivamente lunghe, i tagli indiscriminati al numero dei posti letto e delle unità di personale medico ed infermieristico, il sottodimensionamento dei pronto soccorso e del 118, i mancati investimenti a favore della medicina territoriale con conseguente carenza di strutture territoriali per anziani e disabili altrimenti, riportando una frase colorita di Testa, si vuole “fare le nozze con i fichi secchi”.