Ricetta medica e sanzioni amministrative/penali. Un ripasso alla corretta redazione
«Importante richiamare l’attenzione sulle conseguenze di prescrizioni mediche improprie che non si limitano ad eventuali sanzioni legate al diritto amministrativo o penale ma investono anche il rapporto convenzionale con l’ASL ovvero anche la possibilità di esercitare la professione (responsabilità disciplinari). Le sanzioni a cui si espone il medico prescrittore sono ovviamente graduate a seconda della gravità dell’infrazione commessa, limitandosi a quelle amministrative-pecuniarie nelle ipotesi più lievi; arrivando alla pena detentiva, con sospensione o cancellazione dall’Ordine e revoca del rapporto di convenzione, nelle ipotesi più gravi». (Dott. Fabio Pinelli, ASL Parma).
Le segnalazioni da parte di medici di sanzioni emanate nei loro confronti per errata redazione della ricetta medica suggeriscono un ripasso sulla corretta compilazione delle ricette più comuni, escludendo gli approfondimenti relativi alla prescrizione di stupefacenti e alle ricette speciali.
La premessa indispensabile la ricorda il Dott. Mauro Marin: «Il medico ha il compito di acquisire un valido consenso informato alle cure, rispettivamente prescritte e dispensate, per consentire agli assistiti una scelta realmente consapevole del farmaco attraverso un’informazione imparziale, esauriente e non ingannevole, finalizzata alla tutela prioritaria della salute».
La ASL di Parma in collaborazione con l’Ordine dei Medici e l’Ordine dei Farmacisti ha redatto un documento molto interessante di cui riportiamo alcuni stralci.
Per ricetta s’intende l’autorizzazione, data in forma scritta al farmacista, perché questi possa consegnare uno o più medicinali al paziente che ne necessita. La “spedizione” di una ricetta quindi non è un precetto (ordine) ma un’autorizzazione alla quale il farmacista dà effetto giuridico, dopo averne accertata la conformità di legge.
La ricetta ripetibile può essere redatta su un qualsiasi foglio di carta purché riporti i dati identificativi e la firma del prescrivente; la ricetta non ripetibile deve obbligatoriamente riportare a stampa o mediante un timbro la chiara identificazione del medico prescrittore e dell’eventuale struttura da cui questi dipende (art. 89, D. Lgs. 219/2006). Le ricette speciali contenenti stupefacenti appartenenti alla Tabella II sezione A e le ricette rilasciate in regime di assistenza SSN devono essere redatte sugli appositi moduli fissati dalla specifica normativa.
La ricetta deve obbligatoriamente contenere data e firma del medico e deve essere intestata in modo tale da poter consentire l’individuazione del prescrittore (la sola firma non è considerata idonea ad identificare il medico). Il nome e il cognome del paziente possono non essere presenti nelle ricette ripetibili, ma sono obbligatori nelle ricette non ripetibili, per le ricette speciali (stupefacenti appartenenti alla Tabella II sezione A) per quelle SSN e per le ricette contenenti veleni. Possono essere sostituiti da codici alfanumerici in casi particolari. Con l’entrata in vigore della L. 49/2006, che ha modificato il D.P.R. 309/90, non è più necessario indicare il domicilio del paziente, nemmeno sulle ricette di stupefacenti.
Ricetta medica ripetibile
(Normativa di riferimento: D. Lgs. 219 del 2006, art. 88; Norma Tecnica: Tabella 4, Farmacopea Ufficiale, XI ed.).
La ripetibilità è ammessa, salvo diversa indicazione del medico prescrivente, per un periodo non superiore a 6 mesi dalla data di compilazione della ricetta e comunque per non più di dieci volte.
La validità della ricetta è pertanto di 6 mesi dalla data del rilascio.
L’espressione “diversa indicazione del medico prescrivente” va interpretata nel senso che il medico può indicare una ripetibilità per un numero di mesi non superiore a 6, mentre il numero delle volte potrà essere inferiore o pari a dieci, ma mai superiore a tale limite. Il medico prescrittore può rendere non ripetibile una ricetta ripetibile ma non viceversa.
Ricetta medica non ripetibile
(Normativa di riferimento: D. Lgs. 219 del 2006 art. 89; Norma Tecnica: Tabella 5, Farmacopea Ufficiale, XI ed.).
La ricetta ha validità limitata a 30 giorni escluso quello del rilascio se vengono prescritte specialità o medicinali galenici preconfezionati uso umano. La prescrizione ha validità di 3 mesi se si tratta di una preparazione galenica magistrale contenente sostanze iscritte nella Tab. 5 della F.U. XI ed.
Con il prolungamento del periodo di validità delle prescrizioni non ripetibili da 10 a 30 giorni è stato uniformato il periodo di validità della ricetta al periodo di validità ai fini del rimborso SSN.
L’avvocato Paola Ferrari conferma che «una ricetta compilata in modo non conforme alla normativa o che attesta falsamente il diritto dell’assistito alla erogazione del farmaco, potrà essere perseguita a livello deontologico, amministrativo, penale, civile e contrattuale».
Ai sensi comma 4 e 5 dell’art. 89 D. Lgs. 219/2006 la ricetta DEVE contenere:
1) nome, cognome, qualifica (medico chirurgo, specialista in …, ecc) e domicilio di chi lo rilascia;
2) generalità complete della persona a cui si riferisce;
3) codice fiscale del paziente;
4) tipologia del farmaco;
5) quantità del farmaco e la sua posologia;
6) data di compilazione;
7) luogo della stessa;
8) dati relativi l’esenzione (nei casi di modello SSN);
9) firma del medico.
Violazioni e sanzioni previste dal D. Lgs. 219/2006
Ai sensi dell’art. 89 commi 4 e 5 del D. Lgs 219/2006 la ricetta priva della data, firma, codice fiscale paziente, dei dati relativi di esenzione è NON VALIDA.
Ai sensi art. 148 D. Lgs. 219/2006 «Salvo che il fatto costituisca reato, il medico che prescrive un medicinale di cui al comma 1 dell’art. 89 senza attenersi alle modalità di cui al comma 4 del medesimo articolo è soggetto alla sanzione amministrativa da 300 euro a 1.800,00 Euro».
Il Dott. Fabio Pinelli ci ricorda: «con nota dell’11/06/2006 il Ministero della Salute ha chiarito chel’indicazione del codice fiscale in luogo della menzione del nome e del cognome deve intendersi obbligatoria quando l’interessato non voglia far comparire il proprio nome e cognome».
Le ricette non ripetibili possono quindi essere spedite purché rechino il codice fiscale o, in alternativa, il nome e il cognome del paziente oppure entrambi. Il Ministero della Salute ha inoltre precisato che l’indicazione del solo codice fiscale è consentita anche nel caso di prescrizioni su ricette a pagamento di medicinali Tabella II sezione B e C degli stupefacenti. Il farmacista annoterà quindi il codice fiscale nel registro di carico e scarico degli stupefacenti. In merito alla possibilità di utilizzare le sole iniziali del nome e cognome, va detto che le sole condizioni attualmente previste dalla legge per la salvaguardia dell’anonimato riguardano la prescrizione di specialità medicinali per indicazioni o vie di somministrazione o modalità di somministrazione diverse da quelle autorizzate e le prescrizioni di preparazioni magistrali di cui alla L. n. 94 del 1998.
Un’interpretazione più estensiva alla luce della legge sulla Privacy porta alla conclusione che le iniziali del nome e cognome del paziente possano essere indicate sulle ricette non ripetibili ogni qualvolta si manifestino ragionevoli motivi di riservatezza. Va inoltre aggiunto che esistono attualmente delle previsioni di garanzia dell’anonimato per quanto riguarda le rilevazioni epidemiologiche e statistiche dell’infezione HIV (D.M. 13/10/1995) e nel caso di terapia volontaria e anonimato da parte di chi faccia uso di sostanze stupefacenti (art. 120 D.P.R. 9/10/1990, n. 309).
In nessun caso però si fa menzione di anonimato nelle prescrizioni mediche di farmaci antiretrovirali o stupefacenti; e su data e firma: il medico deve essere identificabile mediante chiara indicazione delle sue generalità (stampigliatura a stampa, timbro o scrittura chiara).
Rapporti tra ASL e medico
Come chiarisce il Dott. Marin «Il medico convenzionato ha anche un dovere deontologico (art. 13) e contrattuale già secondo l’ACN 2005 (art. 27) di contribuire all’uso razionale delle risorse del SSN mediante una prescrizione appropriata, salvaguardando però il prioritario dovere di tutela della salute dell’assistito del SSN e il diritto alla prescrizione dei farmaci necessari e indispensabili con onere a carico del SSN ai sensi dell’art. 28, comma 2, della L. n. 833/1978, secondo la sentenza della Cassazione Penale a Sezioni Unite n. 6752 del 07/06/1988. I rapporti tra ASL e medico convenzionato sono disciplinati da un contratto di diritto privato per cui l’ASL non può esercitare alcun potere autoritativo sul medico, al di fuori di quello di sorveglianza (sentenze n. 16219/2001, n. 10960/2001, n. 813/1999 e n. 922/1999 della Cassazione a Sezioni Unite e n. 34460/2003 della Cassazione sez. Penale IV).
Poiché la pratica terapeutica si fonda sulle acquisizioni scientifiche che sono in continua evoluzione, la regola è costituita dalla responsabilità del medico che si fonda sull’autonomia del giudizio clinico di operare nel caso specifico le scelte sulla base delle conoscenze a disposizione (sentenza n. 282 dell’11/06/02 della Corte Costituzionale). Non è sufficiente per il medico dimostrare di aver prescritto una cura idonea alla malattia, ma deve dimostrare in caso di danno che ha scelto tra le opzioni di cura disponibili quella più sicura per il paziente. Infatti la sentenza n. 8875 dell’8/09/1998 della Cassazione sezione Penale III ha affermato: è considerata colposa la condotta del medico che prescrive, pur con diligenza, una terapia implicante maggiori rischi per il paziente, se concretizzatasi poi in un danno, in quanto ha scartato altre opzioni terapeutiche idonee alla condizione clinica specifica e tali da evitare il determinarsi dell’evento dannoso.