APOCRIFA – 6 agosto (1945)

Per i cristiani, nel giorno 6 del mese di agosto si fa memoria della Trasfigurazione del Signore sul Tabor, episodio di misterioso orientamento metafisico e forse anche per tale causa meno considerato di altri dalla iconografia tradizionale a parte alcuni capolavori (Raffaello, Lotto, Veronese, Perugino, Pordenone, Bellini), ma fondamento della fiducia di vita futura, continuazione in diversa e definitiva dimensione della vita presente.
Dimensione che, allo stato, la creatura umana ignora e solo può intuire sulla scorta dei racconti evangelici i quali –E le vesti di lui divennero splendenti bianche grandemente, quali un lavandaio sulla terra non può fare così bianche (Mc); E splendette il volto di lui come il sole, le vesti di lui divennero bianche come la luce (Mt); L’aspetto del volto di lui altro divenne e il vestito di lui bianco sfolgorate (Lc)- con poche parole anticipano una visione di gloria divina non diversamente esprimibile se non per il tramite di un denominatore comune costituito dalla sfolgorante straordinarietà e potente splendore di una luce particolare che caratterizza l’evento.
Il medesimo giorno, 6 del mese di agosto, nel 1945 era un lunedì e intorno alle ore 8 l’aviazione degli USA realizzò il primo bombardamento nucleare della storia su Hiroshima distruggendo all’istante una intera città e causando decine di migliaia di morti (civili) seguite da quanti soccomberanno in seguito a causa delle radiazioni o rimarranno invalidi.
Anche l’esplosione atomica -provocata da un ordigno il cui osceno nome, little boy, individua senza difficoltà la statura morale dei suoi esecutori e certo non gli fu da meno Enola Gay, il nome della madre del comandante dato al B-29 che operò- è stata ricordata per la sua particolare luce, tetramente abbagliante, fabbricata da scienziati e tecnici e operata da militari e politici la cui dimensione spirituale sostanzialmente era, e rimase, la morte.
Controfigure a livello politico, militare e civile (e non di rado anche religioso) dell’essere umano quale ottimisticamente delineato dalle prime parole della Genesi a immagine divina, ma rappresentanti piuttosto delle tenebre che in gran maggioranza avvolgono pur sempre la Terra impedendone con innegabile successo l’affrancamento dalla schiavitù.
Su Hiroshima (e Nagasaki) ci sono, come noto, scuole di pensiero diverse in punto di necessità bellica dell’uso atomico a carico delle popolazioni civili per giungere al termine della guerra (e risparmiare altre vite: qualche opacità si intravede pure nella compra-vendita di esseri umani, ma è un dato ineliminabile della follia generalizzata della distruzione reciproca) e così le variabili sono state più d’una: l’indomabile e fanatica, fino al suicidio, resistenza dei militari in opposto contrasto con le autorità civili giapponesi; l’arma atomica come leva di maggior potere politico nelle relazioni internazionali in particolare vs Stalin la cui atarassia in merito (Truman gliene fece anticipo alla Conferenza alleata di Potsdam) era dovuta sostanzialmente al fatto di essere già ben informato dalle sue spie negli USA e, grazie a queste, di non essere lontano dall’intraprendere a sua volta la medesima scelta strategica.
Gli esecutori della indisturbata operazione -le stazioni giapponesi avevano rilevato per tempo l’avvicinarsi ad alta quota di tre fortezze volanti, ma considerandone l’esiguo numero non alzarono la caccia a corto di carburante- furono decorati al valore per il loro eroismo e, nell’euforia generale (il Giappone si arrese infatti pochi giorni dopo), non ci furono in genere resipiscenze a fronte della desolazione apportata a parte il caso di Claude Eatherly, pilota che era stato incaricato di volare in ricognizione metereologica sulle tre prescelte città bersaglio un’ora prima dell’arrivo di Enola Gay.
Eatherly, giovane asso dell’aviazione con all’attivo oltre trenta aerei nemici abbattuti, incrociò al comando del B-29 Straight Flush (volgare gioco di parole alludente a un giapponese scaricato con l’acqua dello sciacquone) sugli obiettivi per un quarto d’ora rilevando la situazione del vento e delle nubi e quindi comunicò in codice a Enola Gay il messaggio cifrato: “Stato del cielo su Kokura coperto. Su Nagasaki coperto. Su Hiroshima sereno, con visibilità dieci miglia sulla quota di tredicimila piedi“.
Al suo ritorno alla base di Tinian venne a conoscenza della devastazione e della immensa perdita di vite umane causate dallo scoppio cui, con la propria ricognizione, aveva dato il via libera.
A differenza dei suoi colleghi rifiutò qualsiasi riconoscimento al valore e lasciò l’esercito indelebilmente segnato da insopportabili sensi di colpa che, nel vano tentativo di sostituire l’angosciante (per lui) consenso di cui era oggetto con pubblica riprovazione, lo portarono a una vita sbandata di ripetuti illeciti e al divorzio e a essere internato in ospedale psichiatrico.
Quattordici anni dopo Hiroshima, nel periodo forse più cupo della sua vita, avvenne un singolare carteggio per lettera a istanza di Günther Anders, filosofo tedesco allievo di Husserl e di Heidegger e pensatore pungente che gli scrisse ed ebbe a definire Eatherly prototipo di una tipologia “incolpevole colpevole” già all’orizzonte della nostra civiltà e riguardante non solo lui.
Il carteggio divenne un libro: Burning Conscience. The Case of the Hiroshima Pilot.
Nel 1962 Einaudi pubblicò La coscienza al bando. Il carteggio del pilota di Hiroshima Claude Eatherly e di Gunther Anders.
Nella Documentazione di questo numero sono proposte alcune (iniziali) lettere atte a fornire una idea concreta della statura morale sia dei protagonisti del carteggio sia dei sopravvissuti giapponesi (civili) al cataclisma.
E anche di coloro per i quali il bombardamento atomico altro non fu che una contingenza favorevole.
Inoltre -ferma essendo rimasta tutta la tragicità dell’arma atomica, anzi peggiorata negli anni anche per progresso tecnologico e sua proliferazione- emerge con evidenza per contrasto tutta la pazzia morale dei contemporanei attuali i quali irresponsabilmente e senza scrupoli se ne riempiono la bocca con incessanti riferimenti, minacce e laidi sproloqui.
Ai grandi della Terra che non sanno quello che dicono sarebbe (forse) utile leggere il carteggio di Eatherly e Anders e, già che si è in argomento, Storia di Tonle e L’anno della vittoria di Mario Rigoni Stern, racconti che andrebbero adottati come libri di testo in storia ed educazione civica nelle scuole della Repubblica perché descrivono senza retorica la guerra dalla parte di chi la subisce (la stragrande maggioranza) e non da parte di chi la dispone o la governa a proprio interesse (Le guerre … sono fatte, provocate e iniziate da precise rivalità economiche, da maiali che sorgono a profittarne. E. Hemingway, Addio alle armi).