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APOCRIFA – Adversus Franciscum (Et altera)

(la prima parte di questo articolo è stata pubblicata nel precedente numero 148)

Se Gesù comparisse oggi (a parte l’intuizione artistica folgorante di Dostoevskij circa il Grande Inquisitore) sarebbe forse terrenamente più simile a un falegname o boscaiolo sceso dalle valli bergamasche o bresciane, in ogni caso ben riconoscibile alle fini orecchie del tempio per la sua caratteristica parlata gutturale, il quale però -a differenza del Maestro che sebbene avversato dal potere teocratico nondimeno poteva rischiare l’insegnamento nel tempio- non riuscirebbe neanche ad arrivare in S. Pietro, ma sarebbe ben prima impacchettato dalle guardie unitamente ai suoi dubbi discepoli.

Gesù, il precursore, non pare avesse in animo (vedi il suo colloquio con la Samaritana) di fondare né una (nuova) religione positiva né, tantomeno, di rinforzare o rifondare in modalità più efficiente il governo teocratico del tempio e di Israele.

Nondimeno, dopo il 70 d. C. raso al suolo il secondo tempio (di Erode), ecco a poco a poco sorgerne un altro, non è il futuro terzo tempio ebraico (quello di Ezechiele), ma il tempio cristiano -anzi diversi altri dato che i cristiani non hanno esitato a dividersi- poiché gli uomini, sebbene animati (anche se non proprio sempre e tutti) dalle migliori intenzioni, non pare riescano proprio a fare a meno del potere temporale, organizzativo e burocratico nei secoli dei secoli.

Dimenticando, quasi sempre, che la violenza dell’uomo sull’uomo nel nome di Dio è profanazione del Nome e sacrilega empietà per conto di un dio nero paganamente arte-fatto su misura a immagine e somiglianza della scimmia antropomorfa poiché non è affatto vero che il fine (quale?) giustifica i mezzi.

Gesù, nell’unica azione violenta addebitatagli, rovescia i banchi dei cambiavalute nel cortile del tempio (i quali peraltro svolgevano una funzione necessaria poiché nel tesoro non potevano essere introdotte monete profane), ma non percuote le persone.

Così la ecclesia, per lunghi e drammatici tempi iniziali perseguitata dai pagani, finì a sua volta a secolarizzarsi e a diventare, e per tempi ancora più lunghi, persecutrice (perdendo l’orientamento cardinale del Maestro: … Ma viene ora e adesso è, quando i veri adoratori adoreranno il padre in spirito e verità – Gv 4,23), costruì il (suo) tempio, ma non riuscì, così come mai riuscì Israele, a convertire le folle affascinate dall’avverso potere, sebbene a termine secondo Giovanni, del principe del mondo.

Il cristianesimo ha però conferito nei secoli un orientamento indispensabile di civiltà moderna al pensiero occidentale, diventandone effettivamente la pietra d’angolo sebbene non sempre individuata o riconosciuta a motivo del velo di Maia religioso steso a copertura del paralizzante, comune errore di confondere Dio -nella vita rappresentato da sacerdoti (e da laici) che, secondo l’espressione teologicamente felice di un vecchio prete comasco, ucciso da un extracomunitario da lui assistito, sono quasi Ombre del Signore- con il potere temporale e i suoi troppi preti secolarizzati: basti pensare infatti ai principi fondanti insegnati con la parola e l’esempio, sebbene senza enfasi, dal Maestro pur non mai visto come filosofo sebbene, da uomo e profeta, lo sia ben più di tanti altri: separazione fra stato e chiesa, differenza fra Dio e chiesa, riconoscimento e pari condizione delle donne, promozione e tutela dei deprivati, prevalenza della sostanza sulla forma etc.

Ma il cristianesimo non ha convertito le maggioranze anche quando le chiese e le cattedrali, a differenza di oggi, erano affollate e i chierici maggiormente autorevoli.

E nessuno, penso, giungerà a rimpiangere le precedenti condizioni politiche, sociali, culturali ed economiche della teocrazia che, sulla falsariga di Israele, ha connotato lo Stato pontificio romano.

D’altra parte il Maestro medesimo, stando a Luca, sembra non avesse nascosto dubbi inquietanti in proposito: Ma il Figlio dell’uomo venendo forse troverà la fede su la terra? (Lc 18,8).

Penso, invero temerariamente, che qualche resto e più di fede potrà ancora trovarsi, indipendentemente dalla struttura secolare ecclesiastica la quale ha sicuramente prodotto e fatto produrre anche opere d’arte insigni (… quel gran cinema che onora cattedrali e templi…), onde le siamo ognora grati, ma che, esaurita la contingente seppur importantissima e necessaria funzione divulgativa e didattica al tempo dello analfabetismo dilagante, altra prospettiva più non hanno se non estetica.

Rispetto a cui sempre lo stesso Maestro ai provinciali discepoli sempliciotti che stavano, comprensibilmente, a bocca aperta a rimirare le lamine d’oro e le meraviglie architettoniche del tempio di Erode osservò che da lì a poco non sarebbe rimasta pietra su pietra di quella magnificenza.

Cosa che in effetti accadde e che potrà accadere di nuovo anche con il nostro quarto tempio.

Se Dio fosse morto e la Chiesa, quindi, al suo (definitivo) tramonto, come non potrebbe che avvenire poiché l’ecclesia, in ogni modo, sopravvive solo in funzione di Dio (in difetto sarebbe una scuola e un cenacolo di filosofia), è sterile confidare che un papa diversamente trascinatore a motivo di superiori capacità strategiche e comunicative e in grado di far sognare gli uditori, in modo da renderli seguaci non pigri, potrebbe nella realtà invertire il piano inclinato.

Il conflitto che ha prodotto lo iato moderno e drammatico fra mondo e trascendenza, mistero della vita e scienza, fra avarizia e superbo individualismo e misericordia e giustizia, fra secolarizzazione e vita ultra-terrena è stato (e forse ancora è) un conflitto fra poteri terreni il quale ha mantenuto e mantiene confusione fra Dio e i poteri ecclesiastici secolari.

Conflitto, umanamente parlando, impari in cui la ecclesia terrena più facilmente soccombe per troppe contro-prove empiriche, ma nondimeno evidenti: per secoli è stata un freno a ogni cambiamento e al progresso di cui non riconosceva il valore se non marginalmente e in ogni caso mirando, e talvolta pretendendo, sia una sorta di diritto di veto sia una conduzione spirituale, ma al tempo stesso politica delle anime e dei corpi.

Ma il Maestro non ha mai dato istruzioni simili ai suoi discepoli.

La buona novella, che è la chiamata alla conversione per il tramite del comandamento nuovo, è semplice da predicare e diffondere, facile a comprendersi da parte di chiunque sia dotato di un minimo di normale buon senso e fin a prescindere, vorrei aggiungere, dalla eventualmente differente religione positiva professata: chi può essere infatti concettualmente e motivatamente contrario alla prospettiva divina dell’amore reciproco, criterio cui rimangono appesi, per dirla con il Maestro, persino la legge e i profeti?

Criterio questo, certo, di ardua realtà terrestre alla validazione del quale l’ultimo profeta di Israele, per i credenti anche Figlio, ha offerto la propria vita, ma il Signore forse non chiede all’uomo la perfezione accontentandosi, nella Sua misteriosa pazienza e misericordia, che la creatura si incammini verso l’incontro in un pellegrinaggio consapevole sia della mèta sia delle difficoltà.

Le istruzioni missionarie del Maestro erano, more solito, semplici: andate gratuitamente e rimanete a lavorare con chi vi aprirà la porta e, viceversa, davanti a chi vi rifiuterà scuotete la polvere dei sandali andandovene altrove in cerca della reciproca pace.

Il Maestro non suggerisce mai il ricorso al potere (denaro compreso) del mondo, ma di evangelizzare per attrazione: se ci sarà un figlio della pace…vi aprirà. Se non ci sarà, continuate e cercare.

Guardare indietro nella storia e, nostalgicamente richiamando bei tempi che forse non ci sono mai stati, tendere a restaurare posizioni di (dubbia) forza peraltro cariche di fallimento non so se sia una scelta strategicamente efficace, ma nemmeno mi interessa.

Credo sia più conforme al Vangelo un papa che, a piedi e senza orpelli, oltre ad ascoltare la gente più che loquaci dottori e scribi tuttologi, prova altresì compassione per coloro che sono rimasti o, peggio, sono stati lasciati indietro e lo ricorda a chi di dovere.

Certo, dà fastidio e inoltre si esprime con comunicazione amorfa e ripete sempre le stesse cose. Ma il Vangelo è forse diverso?

Ci sono invero intorno e davanti ai suoi occhi tante e forse ancor più pecore senza pastore ben simili a quelle di cui il suo Capo ebbe, nella propria breve e misteriosa avventura terrena, pietà e misericordia.

LMPD

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