APOCRIFA – In balia di costoro
Negli USA, la speaker della Camera dei Rappresentanti ha recentemente evocato il 25mo emendamento della Costituzione riferendosi alle condizioni di salute, a suo dire bisognose di approfondimenti, del presidente in carica e uscente.
L’invocata disposizione prevede che il vice presidente subentri nei poteri presidenziali allorché il titolare muoia, si dimetta o sia rimosso dal suo incarico: non dietro accuse specifiche (impeachment), ma a motivo del non essere più in grado di esercitare la funzione dell’ufficio per, nel caso, le condizioni di salute.
Ovviamente il trasferimento normativo dall’ipotesi formale alla sua realizzazione pratica non è per nulla agevole, ma comunque la previsione esiste con dignità costituzionale e ha il suo peso.
La signora, probabilmente avendo in mente solo lo specifico caso, ha comunque innalzato la diatriba politica circa la malattia da Covid presidenziale e il suo contesto (di atteggiamenti pubblici e di opacità informativa) a un vertice quasi metafisico che, superando la singola contingenza storica, attinge a un problema e un interrogativo antico, da sempre irrisolto: lo stato di salute (psico-fisico) dei potenti.
Anni or sono furono pubblicate interessanti ricerche, condotte su documentazioni mediche d’archivio, circa le condizioni dei tre grandi di Yalta che suscitarono una certa sensazione sul piano, in particolare, della notizia in quanto si ricollegavano anche a forme di vulgàta preesistenti in ordine all’uso, più o meno moderato, di sostanze alcooliche e farmaci vari da parte di coloro che si trovarono ad avere in mano le redini dei destini del mondo (ecco dove e come si radicano i poteri degli ignoti, ma per fortuna operanti, alti collaboratori dei ‘grandi’) .
E l’indagine storica, comunque, non ha mai nascosto come spesso (troppo spesso, per non dire sempre) il potente, considerato per ora solo nella sua prospettiva più significativa (e pericolosa) che è quella politica, abbia fatto regolarmente convivere le prerogative del proprio ufficio con le proprie infermità: ignote all’esterno, dissimulate, negate.
Basterebbe iniziare con una scorsa alla cronologia, per esempio, degli imperatori romani per realizzare come il numero degli anormali fosse già allora incredibilmente elevato e poi giungere pian piano ai tempi nostri.
Ma la lontananza storica necessariamente distorce la prospettiva e decontestualizza, fino a relegarlo nel cassetto, il dramma di quelle moltitudini senza nome e senza voce, i popoli, che dagli squilibrati al potere hanno subìto ogni genere di irreversibile danno.
Inoltre la conoscenza, come sempre a posteriori, dovrebbe -per non essere e rimanere sterile- non rimanere relegata all’accademia, e quindi di fatto inutile, ma servire a migliorare, per quanto possibile, il presente con qualche cautela in più atta a evitare che giungano al potere, quantomeno in modo legittimo (l’unico piano cui, pur se teoricamente, riferirsi rimanendo escluso per definizione quello della violenza bruta), pericolosi squilibrati.
E qui però subito siamo costretti ad arrestarci poiché il nostro (breve, anche se sintesi di secoli) cammino è già arrivato a una spiaggia sulla quale si frangono onde paurose di un mare oscuro e, per quanto allo stato sembra, anche intrattabile: facile (oltre che inutile) sentenziare sul passato, un po’ meno (e rischioso) sul presente.
Rileggere solo per un momento l’ultimo Democracy Index 2019, rapporto pubblicato dalla EIU (Economist Intelligence Unit) ricordato nell’editoriale del precedente n. 148, ne fornisce un’idea: chi e come sarebbe in grado di mandare alla visita psico-attitudinale di controllo una lunga teoria di figuri vigenti pro-tempore che provocherebbe imbarazzo già sotto il profilo delle priorità?
Negli USA, ove effettivamente la libertà di pensiero nonostante la diffusa ipocrisia e il politicamente corretto è comunque notevole, è recentemente apparso perfino un progetto di legge indirizzato a istituire una commissione (medici, psichiatri e altre persone le cui riconosciute capacità dovrebbero porle -in merito all’equanimità di giudizio- al di sopra di ogni ragionevole dubbio) per valutare le condizioni psico-fisiche di un presidente, ma è prevedibile che, a parte il segnale derivante dalla attuale tensione riferibile ai comportamenti dell’uscente, avrà un iter denso di interrogativi e scarse possibilità di reale successo in particolare se alla commissione sarà riconosciuta una qualche forma di collaudo o verifica del soggetto già pervenuto alla soglia dell’alta carica.
Sarebbe infatti sempre tacciabile, il suo giudizio negativo, come modalità surrettizia per inficiare dolosamente, da parte dei perdenti, la posizione di colui che è prevalso nell’agone politico.
Quindi lo sforzo atto a scremare gli squilibrati andrebbe anticipato per impedire loro di entrare nel vivo delle competizioni politiche.
Ma come?
Dovrebbe poi verosimilmente, la commissione, essere composta da extra terrestri nelle capacità sia morali sia professionali dei quali depositare la confidenza di una valutazione pur sempre soggettiva, ma avulsa almeno dalla maggior parte delle possibili contaminazioni.
Gli aspiranti alla politica, come gli aspiranti a qualsiasi altra mèta, non escono da circoli elitari precostituiti ad hoc o da fasce di popolazione in garanzia, ma dalla società e dalle condizioni, anzitutto morali e culturali, tipiche e generalizzate del loro tempo.
Lo ha ben rilevato, per esempio, Galli della Loggia (Corsera, 18 ottobre 2020) dando la motivazione per cui le finanze vaticane, svanita l’Italia ispirata a certi valori, siano finite in mano a personaggi fra i più improbabili.
Analogamente, aggiungo, non ci si può attendere che, salvo imprevedibili stravolgimenti, spunti più sul nostro scenario uno statista della statura di un De Gasperi o di altri politici del secondo dopo guerra padri della Repubblica e della Costituzione: il convento, allo stato attuale, passa quello che ha e non ha senso recriminare sulla scarsa considerazione di cui soffre il Paese, piuttosto ripartire da capo, se mai ci si riesca, e costruire una cultura alternativa che non faccia crescere troppe erbe grame.
E altrove non sono dissimili rispetto a noi, ma forse e tanti anche peggio.
(continua)
LMPD