APOCRIFA: Défense de cracher
Il sonno della ragione non provoca solo mostri, ma anche ideologie il cui uso meramente strumentale ed in mala fede in prospettiva politica e per scopi di bassa politica conduce a situazioni paradossali oltre che abnormi: come per la sicurezza dei cittadini.
Accontentandoci di considerare, al momento, la normale sicurezza interna su cui un consorzio civile dovrebbe poter confidare quantomeno in tempo di pace (e lasciando da parte, quindi, terroristi internazionali etc) ha fatto scalpore il recente intervento di un vescovo che ha pubblicamente criticato una decisione penale a valle di un fatto di cronaca.
Non conoscendo la causa non so se la decisione del giudicante sia condivisibile o meno (atto che, in democrazia, compete ad ogni libero cittadino), ma metto insieme, sull’argomento, alcuni appunti sparsi.
La sicurezza personale è uno degli aspetti, e fra i principali, di quel coacervo di aspettative minime sul quale si fonda il patto sociale che tiene insieme la convivenza civile, cui è preordinato lo Stato e, a livello strumentale, la legge a cominciare da quella penale.
La repressione legale del reato previsto come tale dalla legge non è né di destra né di sinistra, ma un insopprimibile dovere della pubblica amministrazione: se la coscienza sociale -in un dato periodo storico- non considera più riprovevole et pericolosa (e quindi reato) una determinata azione, il parlamento allora interviene, come suo compito e dovere, in modifica della legge consentendo da quel momento l’azione medesima. Allo stesso modo la magistratura ha il preciso compito e dovere di interpretare ed applicare la legge vigente in quanto datale dal potere legislativo che è differente ed autonomo rispetto al proprio.
Sull’argomento (fondamentale) della sicurezza personale c’è, disgraziatamente poiché non è proprio un segno rassicurante, una certa confusione proveniente in modo verosimile dalla contaminazione fra norme migliorabili sotto il profilo della tecnica giuridica ed applicazioni giudiziarie che denotano, quantomeno, soggettività in termini di criteri interpretativi.
La legittima difesa è argomento di grande difficoltà interpretativa poiché nella sua realizzazione devono tendenzialmente equilibrarsi -sul piano giuridico- i pesi dell’offesa e della reazione all’offesa (proporzionalità) laddove l’equilibrio manca (quasi sempre) sul piano fattuale: se un figuro scavalca la finestra della camera in cui dormo o me lo trovo davanti in casa essendovisi introdotto con lo scasso devo attendere che mi assalga perché, dimostrando egli di non voler solo rubare, ma anche di attentare alla mia incolumità, possa io reagire?
Le combinazioni sono numerose, ma la sensazione generale è che il malfattore rischi comunque sempre meno del cittadino il quale, in assenza della forza pubblica che -comprensibilmente- non può essere ovunque, decida, come peraltro è suo civile diritto, di reagire e difendersi.
Ora è del tutto evidente come lo iato che origina dalle troppo altalenanti vicende giudiziarie degli aggrediti e dalle loro condanne per essersi troppo difesi sia contemporaneamente un segnale di pericolo (cioè di progressivo scollamento sociale) e di arretratezza politico culturale, in particolare, della sinistra.
La quale, forse per essere stata lungamente all’opposizione e per aver cercato di giustificare -in contrapposizione aprioristica et ideologica- anche ciò che era contro le regole (sociali e non: espropri proletari, violenze, occupazioni etc) come anche per un politicamente corretto abusato da sconfinare nella caricatura, tendeva a far coincidere -in ogni caso- il carabiniere in servizio con il governo o l’amministrazione che essa contrastava. Né sembra essersene ancora del tutto emancipata oggi se lascia che il problema della sicurezza diventi o rimanga una polemica di tipo elettorale: vedi ad esempio il caso di Milano per l’elezione del sindaco, al netto delle effettive possibilità d’intervento del soggetto in questo tema che è di competenza primaria dello Stato.
Il malfattore non si addentra soltanto nelle ricche abitazioni (che sono le più difficili da penetrare, tra l’altro), ma colpisce tutti: lavoratori e anziani, attività e piccoli negozi, periferie ed hinterland.
La sicurezza e la legalità devono, e molto in fretta, diventare patrimonio minimo condiviso da tutte le forze politiche: diversamente la deriva sociale sarà ancor più difficile da governare.
E la legge deve essere, nella sua semplicità, chiara e a prova di stupido (una sorta di Défense de cracher sur le plancher, come era sapientemente affisso sui tram parigini): è vietato introdursi nelle abitazioni altrui per qualsiasi motivo e chi lo fa rischia.
Cercando, da un lato, di non diventare gli USA, ma, dall’altro, di ricordare anche che già gli antichi avevano scoperto come l’aggredito non abbia, né possa avere mai, la bilancia in mano (adgreditus non habet staderam in manu): per cui l’usata attività di svaligiare le case, in particolare con dentro le persone, deve essere considerata, da chi vi si dedica, quantomeno un lavoro ad elevato rischio d’infortunio.
Luca Pedrotti Dell’Acqua