APOCRIFA – Finale e principio
Osservato dal punto di vista di Sirio il finale dell’anno sembrava circoscritto, in assenza probabilmente di notizie più importanti, nei confini domestici dell’Italietta: concessioni autostradali, Alitalia, Ilva, prescrizione, reddito di cittadinanza e quota 100.
Fra i due partiti al timone regna la consueta evidente voglia di governare e all’uno che segnala, en passant, la necessità -a suo avviso- di rivedere reddito & pensioni l’altro risponde, forse ignaro di reinterpretare in chiave moderna un pezzetto di storia (tutto scorre, ma anche ritorna), con la fatidica parola del Rouher (presumibilmente gilet giallo ante litteram) dopo Mentana: Jamais!
Sembra che l’italico sire re, a suo tempo, abbia commentato: Ai mostreruma ‘l so jamais mentre non è noto, allo stato, se e cosa abbia esclamato Zingaretti.
Nel mentre, a poche manciate di miglia marine, Tripoli bel suol d’amore (fosse stato per canzoni e musichette l’Italia avrebbe vinto tutte le guerre) si è persa all’orizzonte, oramai sorvegliata a vista da Russia e Turchia oltre che da solerti Paesi arabi, portando seco sentore di petrolio e di gas: confidiamo ancora nelle indiscusse capacità operative dell’Eni.
E il principio non è stato poi tanto differente: ancora autostrade mentre i probiviri grillini espellono un senatore onde si apre prestamente una garbata dissertazione circa il nulla, chi lo impersoni, a cosa possa servire: a nessuno sfugge come si tratti, infatti, di un fondamentale problema.
Il Sultano, quatto quatto, inizia a spedire cinquemila turcomanni a Tripoli per contrastare l’uomo forte della Cirenaica e l’ONU senza ritardo esprime timori che il conflitto possa internazionalizzarsi, ma il presidente statunitense veglia e subito telefona al presidente turco esprimendogli la convinzione che in Libia occorra una soluzione diplomatica.
Però il giorno dopo, come nei più classici western, attende uno dei suoi (peraltro numerosi) avversari mentre questi rientra alla magione e lo stende con tre colpi della Colt.
Apriti (giustamente) cielo: mentre l’autore innaffia o bombarda il mondo di tweet ecco che taluno, negli USA, inizia perfino a paventare interventi ritorsivi di droni nemici e il generale Seely manda una lettera al ministro della Difesa iracheno con la quale annunzia il (richiesto) ritiro delle truppe, ma viene seduta stante smentito dal Pentagono che nega il ritiro: la lettera galeotta sembrerebbe bensì autentica, ma spedita per errore.
Il pubblico dei partecipanti si divide (anche in loco) fra chi recrimina giurando vendetta (e, tanto per cominciare, alle esequie della vittima ci hanno lasciato la pelle a decine a causa della calca) e chi applaude: di idee ce ne sono sempre di meno: prevalgono simboli e ideologie che, come tutti sanno, sono più facili da gestire.
I Persi lanciano la rappresaglia contro due basi americane e piovono missili che, secondo la Guida suprema, seminano morti (oltre ottanta) e ancor più numerosi feriti fra i soldati dell’invasore il quale, da parte sua, smentisce: solo qualche piccolo danno materiale.
Da indiscrezioni diplomatiche emerge che gli USA siano stati preallertati circa l’imminente attacco dagli iracheni, i quali erano stati avvertiti dagli iraniani: come sempre la farsa mantiene saldamente la maggioranza assoluta.
E la guerra di religione rimane, comunque, la modalità in assoluto maggiormente efficace ed efficiente per ammazzarsi a vicenda senza tante preoccupazioni di ordine morale: basta un piccolo dio nero fatto a immagine e somiglianza dell’idolo preferito.
In compenso la situazione libica, come sempre fluida e incerta, concorre a ritardare la programmata missione diplomatica italiana e non si esclude che, quantomeno allo stato dei fatti, questa possa essere perfino sospesa.
Qualche volta avviene, come noto, che anche dalle situazioni più critiche emergano marginali risvolti tutto sommato positivi.
Nel frattempo, considerati i venti di guerra e la indiscussa rilevanza della politica estera italica nel bacino interessato, capace di spostarne significativamente gli isostatici equilibri, il presidente del Consiglio ritiene opportuno modificare le priorità del governo e slittano pertanto le verifiche dei vertici previsti per la ripresa del lavoro post vacanze, ma telefona al presidente iracheno assicurandogli il necessario supporto alla stabilizzazione del suo Paese. E’ immaginabile il sollievo dell’augusto interlocutore fra i vari grattacapi che, al presente, lo assediano.
E quindi a stretto giro opportunamente organizzando, sulla scorta dell’inveterata nostra capacità di mediare salvo intese, due riunioni a Roma con i rispettivi contendenti libici inverte l’ordine degli addendi e riceve per primo il ribelle di tal che il secondo, impermalito, evita la Città eterna e se ne torna diretto a Tripoli.
Nel frattempo ancora, saltata la missione europea a Tripoli e in previsione di una prossima Conferenza a Berlino, il tour de force diplomatico inteso a premere per realizzare la soluzione politica circa la stabilizzazione sia del Medio Oriente sia della Libia non si ferma e i ministri UE si ritrovano al Cairo, soggetto notoriamente neutrale nella contesa in atto (a proposito, chi sa se il nostro si ricorda del dossier Regeni scomparso dal radar dell’attenzione), ove il nostrano segretario di Stato ribadisce con la necessaria determinazione che l’Italia è contraria a tutte le forme di ingerenza straniera.
Dal punto di vista di Sirio questa pur non tanto estesa, ma pur venefica, parte del globo, contemplata con il telescopio anche solo per pochi minuti, appare abitata da una moltitudine brulicante di insetti antropofaghi che errano senza meta, privi della guida della ragione… (Ovidio, Metamorfosi, XV, 147-159), ma condotti unicamente e sospinti dai rispettivi voleri: per taluni di sopraffazione reciproca e per altri di ammuina.
Fra di loro alcuni sono dotati di poteri effettivi, beninteso nel quadro della precarietà in genere -cui nessun grande sfugge- ignorando peraltro la quale costoro si muovono più o meno scompostamente ritenendosi grandi, e altri che, privi di ogni possibilità operativa, si sono -prodigi dell’evoluzione- trasformati in mosche nocchiere alle quali, per riuscire ad apparire in qualche modo, non rimane appunto, non dando retta al suggerimento di Socrate, che comportarsi secondo il costume delle mosche: ronzare e battere contro il vetro e continuare imperterrite a ronzare.
LMPD