APOCRIFA – In Oriente, G. Pascoli
Accompagniamo il numero di Natale di quest’anno con una poesia -non fra le più note- di Giovanni Pascoli il quale, non credente nella forma, ha scritto un presepe in totale contrasto con la sua plurisecolare iconografia, sebbene evangelicamente certo più vicino alla realtà.
Un evento semplice, ma avvolto nel più profondo mistero da cui esce per quanti lo hanno accolto l’offerta divina alla vita e la prospettiva alla storia del mondo.
In Oriente
(Piccolo Vangelo)
Si vegliava sui monti. Erano pochi
pastori che vegliavano sui monti
di Giuda. Quasi spenti erano i fuochi.
Altri alle tombe mute, altri alle fonti
garrule. Presso. Il plenilunio bianco
battea dal cielo sopra le lor fronti.
Ognun guardava ai cieli, come stanco,
stanco nel cuore; ognuno avea vicino
il dolce uguale ruminar del branco.
Sostava sino all’alba del mattino
il cuor del gregge, sazio di mentastri;
ma il cuore de’ pastori era in cammino
sempre; ch’erano erranti come gli astri,
essi: avean la bisaccia irta di peli
al collo, e tra i ginocchi i lor vincastri,
e cinti i lombi, e nella mano steli
d’issopo. E alcuno, come è lor costume,
cantava, fico, come stanco, ai cieli.
E il canto, sotto i cieli arsi dal lume,
a pie’ dell’universo, era sommesso,
era non più che un pigolìo d’implume
caduto, sotto il suo grande cipresso.
Maath cantava: “O tu che mai non poni
il tuo vincastro, e che pari nell’alto
le taciturne costellazioni,
Dio! Che la nostra vita cader d’alto
fai, come pietra, dalla tua gran fionda…
la pietra cade sopra il mar d’asfalto.
Pietra ch’è nel Mar morto e non affonda,
la vita! Cosa grave che galleggia,
e va e va dove la porta l’onda!
O Dio, noi siamo come questa greggia
Che va e va, né posso dir che arrivi,
nemmen se giunga al pozzo della reggia!”
Addì cantava: “Tu, sola tu, vivi,
o greggia, che non mai dalle tue strade
vedi la Morte ferma là nei trivi.
Vedo qualche smarrito astro che cade:
muore anche l’astro. Ma tu, pago il cuore,
stai ruminando sotto le rugiade.
O greggia, solo chi non sa non muore!
Tu non odi l’abisso che rimbomba
presso il tuo dente, e strappi lieta il fiore
del loto eterno ai sassi della tomba.”
E un canto invase allora i cieli: Pace
sopra la terra! E i fuochi quasi spenti
arsero, e desta scintillò la brace,
come per improvviso ala di venti
silenziosi, e si sentì nei cieli
come il soffio di due grandi battenti.
Erano in alto nubi, pari a steli
Di giglio, sopra Betlehem: già pronti
Erano, in piedi, attoniti ed aneli,
i pastori guardando di sui monti,
e chi presso le tombe, onde una voce
uscìa di culla, e chi presso le fonti,
onde un tumulto scaturìa di foce:
e un angel era, con le braccia stese,
tra lor, come un’alta esile croce,
bianca; e diceva: ‘Gioia con voi! Scese
Dio su la terra’. Ed a ciascuno il cuore
sobbalzò verso il bianco angelo, e prese
via per vedere il Grande che non muore,
come l’agnello che pur va carponi;
il Dio che vive tutto in sé, pastore
di taciturne costellazioni.
Mossero: e Betlehem, sotto l’osanna
de’ cieli ed il fiorir dell’infinito,
dormiva. E videro, ecco, una capanna.
Ed ai pastori l’accennò col dito
un angelo: una stalla umile e nera,
donde gemeva un filo di vagito.
E d’un figlio dell’uomo era, ma era
quale d’agnello. Esso giacea nel fieno
del presepe, e sua madre, una straniera
sopra la paglia. Era il suo primo, e il seno
le apriva; e non aveva ella né due
assi: all’albergo alcun le disse: E’ pieno.
Nella capanna povera le sue
lagrime sorridea sopra al suo nato,
su cui fiatava un asino ed un bue.
“Noi cercavamo Quei che vive” entrato
disse Maath. Ed ella con un pio
dubbio: ‘Il mio figlio vive per quel fiato…’
“Quei che non muore…” E ella: ‘Il figlio mio
morrà (disse, e piangeva su l’agnello
suo tremebondo) in una croce…’ “Dio…”
Rispose all’uomo l’Universo: E’ quello!
Giovanni Pascoli
(Poesie varie di Giovanni Pascoli, raccolte da Maria – Seconda edizione riordinata ed aumentata. Bologna, Zanichelli, 1914)