APOCRIFA – Rito ambrosiano (1)
Un presbitero classe 1951 da Gallarate, in provincia di Varese, ordinato episcopo nel 2007 e, dieci anni dopo, arcivescovo della più grande diocesi d’Europa, per incogniti sentieri sede cardinalizia allo stato ancora vacante, nel tradizionale discorso tenuto alla città la vigilia di Santo Ambrogio, Patrono di Milano, ha scandito cose che di rado si ascoltano nella (di norma) più soffusa parlata ecclesiastica.
E a differenza delle sacerdotali parole urbi et orbi di Francesco papa o delle civili di Mattarella presidente, di necessità rivolte a tutti e nessuno, le parole di Mario Enrico Delpini sono state fisicamente pronunciate davanti ai responsabili in carica dell’organizzazione politica, amministrativa, economica e civile cittadina mediolanense: i moderni attuali scribi e capi del popolo pro tempore sebbene non tutti sembrino sempre rammentarsene.
Questo Discorso alla città ha un titolo (Lasciate riposare la terra) che, da un lato, addita al Giubileo 2025 e, dall’altro, dà voce a un diffuso e generalizzato senso di estenuata triste stanchezza umana, riconosciuta al pari di una sorta di spossatezza, come di chi non ce la fa più e deve continuare ad andare avanti onde chi ha responsabilità per il bene comune deve, dovrebbe, sentire il compito di procurare sollievo.
Come?
In nome di Dio lasciate riposare la terra! Abbiate compassione di voi stessi, dei vostri contemporanei, dei vostri figli e trovate il modo di fare riposare la terra!
Ove terra appare omnicomprensivo sia della Terra sia delle creature che terra sono e alla terra materialmente ritornano, talune in attesa della continuazione della vita.
E in quelli denominati ‘Segni di stanchezza’ il discorso dell’episcopo continua nella dualità, per ciascun ente, del dritto e del rovescio.
Di cosa è stanca la gente?
La vita: la gente non è stanca della vita dono di Dio che continua a essere motivo di stupore e gratitudine. E’ stanca di una vita senza senso interpretata come un ineluttabile andare verso la morte…una vita appiattita tra le cose ridotte a oggetti, nei rapporti ridotti a esperimenti precari.
Il lavoro: …la gente lavora con passione e serietà…è stanca di un lavoro che non basta per vivere, che impone orari e spostamenti esasperanti…è stanca degli incidenti sul lavoro…che i giovani non trovano lavoro…della burocrazia, dell’ossessione dei controlli che tratta ogni cittadino come un soggetto da vigilare piuttosto che una persona da coinvolgere…
La famiglia: …impotenza di fronte a un clima deprimente che avvelena i pensieri, i sogni, le emozioni dei più fragili, che induce tanti adolescenti a non desiderare la vita.
Amministrazione e politica: …la gente è stanca di una politica che si presenta come una successione irritante di battibecchi…di servizi pubblici che costringono a ricorrere al privato, di un’amministrazione che non sa valorizzare le risorse della società civile…del pettegolezzo che squalifica le persone.
Comunicazione: …la comunicazione è servizio necessario per avere un’idea del mondo. Invece la gente è stanca di quella comunicazione che raccoglie la spazzatura della vita e l’esibisce come se fosse la vita…stanca dei social che veicolano narcisismo, volgarità e odio.
Di cosa è stanca la terra?
…la terra è stanca di quel modo di lavorare la terra quando si sfruttano con avidità insaziabile le risorse…di quel modo di abitare che la riduce a una discarica, di quel modo di vivere il presente che non si cura del futuro e delle minacce del deserto…gli sconvolgimenti climatici sono una ribellione contro un equilibrio infranto…la terra è stanca di quel modo di pretendere i suoi frutti che arricchisce i ricchi e impoverisce i poveri, di quello sfruttamento che mortifica la vita e moltiplica i guadagni.
…la terra non è stanca degli animali che sono di compagnia per chi è solo…fanno giocare i bambini, sorridere gli anziani…è stanca degli animali che invadono in modo sproporzionato… gli affetti… il tempo …e sembra prendano il posto dei bambini.
Di cosa è stanca la città?
…delle case abbandonate al degrado, del consumo avido del suolo, delle aree inutilizzate, delle case che potrebbero ospitare persone e che sono vuote per calcoli meschini…
…è stanca dei turisti che l’affollano senza rispetto, che invadono le case con passaggi rapidi e la spopolano di residenti…
..non è stanca delle piogge e del vento…ma di quell’acqua che esonda…del vento che sradica gli alberi…di quella superficialità che trascura quanto può prevenire alluvioni, incendi e i disastri che ne vengono.
Su di uno scenario, quindi, di forte e critica tensione e di additati molteplici da farsi indotti però anche da ingranaggi apparentemente ingestibili si apre la prospettiva del Giubileo 2025 la cui funzione e il cui spirito offrono, a chi accogliesse l’invito, la possibilità di (cercare di) imprimere alla realtà umana una direzione atta a comporre aspetti al contempo vitali ma, singolarmente presi, conflittuali.
Una drammatica attenzione, sulla falsariga del Giubileo biblico (Lv 25,8-13), è riservata allo scioglimento dei vincoli fisici della persona e in particolare alle sue condizioni economiche: i debiti dei poveri (sistema bancario e del credito, condoni possibili, mutuo soccorso, denaro sporco, usura), i debiti dei ricchi (la ricchezza onesta è una responsabilità sociale, profitto non solo per gli azionisti, puntualmente riconosciuto, ma anche pagamento delle tasse, restituzione sotto forme concrete che, in superamento dell’elemosina, portino concreti semi di rinnovamento di un sistema malato).
E con parole chiare, inequivoche e pesanti come macine intorno alle vaste e numerose ricchezze maledette (usura, spaccio di droga, pornografia, creazione di dipendenza del gioco) a fronte delle quali egli prospetta nondimeno, per quanto possibile, restituzione e riparazione a somiglianza dell’evangelico ricco pubblicano disonesto: per Gesù, infatti, l’unica condanna senza appello è, e rimane, la bestemmia contro lo Spirito.
Ora è evidente che se le parole, quando vere come nel caso specifico, potessero agire sulle realtà degli uomini (politiche, amministrative, sociali, personali) la più gran parte delle miserie sarebbe rimossa e curata da tempo, ma esse, a loro volta di terra, non hanno sfortunatamente questa facoltà.
Così come -agli occhi e coscienza di chi crede, chierici, religiosi e laici- si sono rivelati impotenti i numerosi Giubilei susseguitesi (nei secoli), a iniziare dal Levitico che ne dettò la genesi se è vero che, per dirne una, i profeti, maggiori e minori, stigmatizzarono invano (nei secoli) violenza e oppressione dei ricchi sui poveri il riscatto e remissione dei debiti dei quali è promesso, sempre a parole, nei Salmi e non certo mai realizzato nelle decisioni dei re o nei comportamenti delle classi superiori.
LMPD
(continua)