APOCRIFA: Siparietto
Questa surreale vicenda delle cripto-statue suggerisce un paio di osservazioni.
La prima circa il deficit culturale che, evidentemente, emerge dalla goffa pubblica gestione che ha fatto il giro del mondo divertendone, verosimilmente, una buona parte: l’Italia continua purtroppo ad essere, nonostante lodevoli esempi contrari che solo speriamo si propaghino sempre di più e possibilmente in fretta, una denominazione ideale (ancorché onusta di storia, anche dell’arte) più che una coscienza civica anche socio-politica. Siamo tanto abituati, nei secoli, ad inchinarci di fronte ai potenti stranieri (Francia o Spagna…e non solo) che non riusciamo, ancora, ad uscire da un singolare quanto provinciale generico complesso d’inferiorità.
Chi governa non valuta forse a sufficienza che un ruolo internazionale, grande o piccolo che sia, non può essere chiesto o preteso in assenza di comportamenti (molteplici) realizzati regolarmente e sul campo: sono questi, anzitutto, ad esprimere il modo di essere, di pensare e di agire di un popolo. Polemizzare o gridare quando viceversa servono -protratti nel tempo- serietà ed assertività (oltre beninteso ai fatti), può anche condurre a contentini formali, ma non cambia la statura politica alla quale mettere i tacchi per artificialmente alzarla è solo iattanza e velleitarismo. E gli interlocutori valutano di conseguenza.
Confidiamo che prima o poi si abbia uno statista in grado di condurre il Paese verso il salto di qualità che esso, quantomeno quella parte considerevole dei suoi cittadini i quali in sacrificio e in silenzio lo sta tenendo a galla, meriterebbe.
La seconda concerne la legittima responsabilità delle scelte: non tutti devono, ovviamente, essere d’accordo, ma un governo cosa ci sta a fare se non a dirigere la rotta secondo le proprie convinzioni e strategie? Ove queste, poi, contrastino con la maggioranza del sentire dei cittadini, andrà democraticamente mandato a casa. Di tal che le statue nascoste possono anche avere una loro comprensibile logica: la presente contingenza storica, con l’augusto ospite il quale, felicemente terminata la lunga parentesi delle sanzioni, viene a trovarci a Roma esalando anche un certo qual grato profumo di lucrosi contratti internazionali, è troppo importante per la nostra economia, che ancora non vola, per permetterci di rischiare di offenderne la particolarmente acuta suscettibilità e sentimento. Di conseguenza si provvede a blindare accuratamente il suo percorso e chi non è d’accordo legittimamente esponga le sue ragioni in modalità democratiche come si fa in un paese civile.
Questo ci si aspetta da un governo, non il consueto scaricabarile che, in sostanza, sembra tenda a suggerire (sul piano sperimentale) come le cose possano -da noi si capisce- avvenire per auto-generazione (come gli incendi estivi). Se qualcuno riuscisse a brevettare questo singolare italico processo -tutto sotto traccia- farebbe fortuna, accreditando inoltre benemeriti risparmi economici et energetici alla collettività.
Viceversa ci tocca il teatrino: nessuno sa niente. E’ stata avviata, in ogni caso, la consueta indagine che potrebbe anche condurre ad una provvisoria (come d’uso) sebbene non scontata conclusione: le statue hanno operato da sole, in piena autonomia e alla luce del principio di sussidiarietà, ma non intendono ammetterlo. Dal canto suo l’augusto ospite, negando un ipotetico coinvolgimento da parte dei suoi, ha magnanimamente contribuito ad abbassare i toni parlando di caso giornalistico (si vede che i giornalisti li apprezzano anche a casa loro) e poi, con millenaria saggezza, ha tributato un sentito ringraziamento ai suoi anfitrioni che hanno fatto di tutto per mettere a loro agio gli ospiti. Ognuno interpreti come meglio crede.
Francesco papa, per nostra consolazione (è pur sempre di origine italiana), ha colloquiato con il medesimo illustre ospite ad un bel tavolo ligneo dal quale non era stato previamente -per prudenza- levato o celato il crocefisso né sembra che l’interlocutore se ne sia rattristato se, tra l’altro, al termine gli ha chiesto di pregare per lui (il Signore, peraltro, è lo stesso). Cosa che il pontefice, nella sua misericordia derivatagli da Colui del quale è vicario, estenderà verosimilmente anche a quei numerosi senza nome giustiziati, lo stato del pacioso (esteticamente almeno) presidente essendo registrato al secondo posto, subito dopo la Cina, nella non invidiabile graduatoria mondiale dell’utilizzo della pena di morte.
Luca Pedrotti Dell’Acqua