APOCRIFA – Moto perpetuo
(O senta il caso avvenuto di fresco…)¹
Come recentemente scritto da Sabino Cassese, il rapporto fra centro e periferia (o territori, come si usa dire) è, nel nostro Paese, tutt’altro che funzionale e produce criticità al posto di benefici in nome e a motivo di quella che egli ha sinteticamente denominato anarchia di stato: in cui si tocca con mano la farraginosità dell’azione amministrativa (anche i DPCM sono atti amministrativi) a motivo di un quadro di riferimento ove le competenze s’intrecciano e la decisione, spesso, si allontana.
L’ultimo DPCM (del 3 dicembre), tanto atteso poiché a seguito del suo predecessore del 3 novembre (a corona e per indorare la pillola del quale era stato, invero temerariamente, dichiarato che sarebbe servito almeno a passare un Natale più tranquillo), è finalmente uscito con le sue trecento pagine di testo e, oltre a blindare definitivamente il suddetto periodo natalizio (provvedimento peraltro corretto nella sostanza visto il decorso tragico dell’epidemia -ma già lo si sapeva e sarebbe stato meglio non parlare a vanvera- e i comportamenti irresponsabili di troppi consociati), si occupa anche della prossima sorte delle scuole secondarie (fino a ora in didattica a distanza, DAD per gli esperti) e di come possibilmente raggiungerle a parte Teams e Zoom, cioè dei trasporti pubblici.
Lo fa nell’ambito dell’articolo 1, che da solo copre cinque facciate e mezza di Gazzetta, al comma 10, punto s) disponendo l’applicazione delle misure che seguono.
Premessa l’adozione da parte delle istituzioni preposte di forme flessibili dell’attività scolastica a distanza in modo che il 100% delle attività siano svolte tramite il ricorso alla didattica digitale integrata (nella migliore italica tradizione che a iniziare dalla semantica si sia già a metà dell’opera -e la scuola ne ha lunga esperienza- la DDI sostituisce ora efficacemente la DAD a prescindere, ma è un dettaglio, che una famiglia su cinque non abbia accesso agli strumenti telematici e ne rimanga esclusa), è previsto che a decorrere dal 7 gennaio al 75% della popolazione studentesca sia garantita l’attività didattica in presenza.
Con tale declaratoria si pone, contemporaneamente alla giustamente auspicata presenza in classe, la vexata quaestio di come arrivare agli edifici scolastici e quindi, fatta eccezione per chi può (per sua fortuna) giungervi autonomamente (a piedi, in bici, in monopattino, accompagnato), del trasporto pubblico locale urbano ed extraurbano, tema negli scorsi mesi più volte avanzato sui tavoli che contano (da parte, per esempio, degli operatori di trasporto), ma pretermesso a favore dei banchi a rotelle.
Vexata quaestio non indifferente anche per le numerose polemiche connesse ai limiti di carico esistenti sui rotabili, a come si controllano, a chi compete farli rispettare etc e, in una parola, al rischio che l’occasione di trasporto, con i suoi possibili assembramenti sia alle fermate sia in vettura, sconfini malauguratamente nel rischio di maggior diffusione del contagio.
Il problema non sembrerebbe, lì per lì, da Nobel, ma postula comunque un razionale processo di coordinamento di dati (ad esempio: disponibilità dei rotabili in rapporto ai limiti di capienza dei medesimi e quindi dei conducenti, numero delle persone da trasportare, orari giornalieri di andata e ritorno) che sono competenza di soggetti diversi (tenuto conto, non ultimo, del principio dell’autonomia scolastica) e una conseguente attività organizzativa unificante che sfoci possibilmente in una disposizione attuativa.
Dopo le poco brillanti prestazioni delle italiche regioni, in particolare sul fronte della sanità nonostante essa rappresenti circa i due terzi della finanza regionale, ecco che il novello DPCM questa volta non fa il nesci, ma affronta il tema disponendo che presso ciascuna Prefettura – UTG sia istituito un tavolo di coordinamento, presieduto dal Prefetto, per il raccordo fra gli orari scolastici e gli orari dei trasporti pubblici allo scopo di rendere possibile, appunto, il rientro fisico degli alunni alle condizioni stabilite di prevenzione sanitaria.
Al predetto tavolo (le Prefetture – UTG sono 103) sono chiamati, correttamente, tutti i soggetti coinvolti: Presidente della provincia, sindaci, dirigenti territoriali del Ministero dell’istruzione, rappresentanti del Ministero dei trasporti, Regioni (e quindi, ove esistano, le Agenzie regolatrici del trasporto) e aziende di trasporto pubblico locale.
Onde valutare la portata del provvedimento occorre ricordare che con la riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge n. 59/1997, quelle che erano conosciute come Prefetture (organi periferici del Ministero dell’interno e sedi di rappresentanza provinciale del governo) sono diventate Prefetture – Uffici Territoriali del Governo (U.T.G.), che ad esse sono state demandate tutte le funzioni esercitate a livello periferico dallo Stato (escluse alcune: Affari Esteri, Giustizia, Tesoro, Finanze, Pubblica istruzione, Beni e attività culturali) e che le funzioni di Commissario di governo sono ora esercitate dal titolare dell’Ufficio Territoriale del Governo del capoluogo della regione.
Di tal che si può affermare, in sintesi, che i detti Uffici svolgono, a livello provinciale, un’azione propulsiva, di indirizzo, di mediazione e di intervento, di consulenza e di collaborazione, anche rispetto agli enti locali, in tutti i campi del “fare amministrazione”, in esecuzione di norme o al di fuori di procedure codificate, promuovendo il processo di semplificazione delle stesse procedure amministrative (dal sito ministeriale, ndr).
E c’è da rimarcare un passo di ulteriore interesse: la legge introduce perfino il principio della leale collaborazione delle Prefetture – UTG con gli enti locali² (ponendo contemporaneamente il dubbio, ma questo è un altro discorso, se ci siano casi in cui sia ammessa, occorrendo, una collaborazione non leale).
Bene.
Fatte queste (forse inutili) precisazioni, torniamo al DPCM, articolo 1, comma 10, lettera s) che continua a descrivere l’attività del prefetto presidente del tavolo di coordinamento: all’esito dei lavori del quale il prefetto redige un documento operativo e sulla sua base le amministrazioni coinvolte adottano le misure di rispettiva competenza, ma … se le misure non siano assunte nel termine indicato dal documento in parola (e qui implicitamente impariamo che ci sia anche un termine di esecuzione) … il prefetto, fermo restando (ci mancherebbe) il suo potere³ di richiedere ai responsabili delle strutture amministrative periferiche dello Stato (in questo caso quindi destinatari sono solo i dirigenti ministeriali) l’adozione di provvedimenti volti ad evitare un grave pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla cittadinanza anche ai fini del rispetto della leale collaborazione (evidentemente il legislatore del 1999 vedeva lontano) con le autonomie territoriali etc, ne dà comunicazione al Presidente della regione il quale adotta (finalmente arriviamo al soggetto che decide direttamente) una o più ordinanze di carattere contingibile e urgente, limitate al pertinente ambito provinciale (vale a dire là dove al documento operativo prefettizio emanato a valle dei lavori del tavolo di coordinamento le amministrazioni coinvolte non hanno dato seguito), volte a garantire…
Garantire cosa?
Ma l’applicazione -per i combinati settori della scuola e dei trasporti pubblici locali, urbani ed extraurbani- delle misure organizzative strettamente necessarie al raggiungimento degli obiettivi e delle finalità di cui alla presente lettera (cioè, la lettera s del comma 10 dell’articolo 1 del DPCM, sempre la stessa).
E queste ordinanze di carattere contingibile e urgente cui verrebbe, il presidente della regione (che i media denominano governatore), esortato dal prefetto?
Sono quelle, le medesime, che il presidente della regione ha o avrebbe a sua disposizione già dal primo gennaio 1979, affidategli dall’articolo 32 della legge n. 833 istitutiva del Servizio sanitario nazionale (SNN).
Quindi sul medesimo oggetto convive il potere dispositivo di due soggetti potenzialmente decisori (il prefetto limitatamente alle strutture periferiche statali e con una procedura -vedasi il comma 4 dell’art. 11 del d. lgs. 300/1999- che, ad onta dell’obiettivo di evitare grave pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla cittadinanza, non sembra tenere conto del fatale trascorrere del tempo) nella reciproca autonomia e si pone la probabilità che nel frattempo (dum Romae consulitur) il DPCM scada seppur ora privilegiato con scadenza prolungata a cinquanta giorni.
Un caso di moto perpetuo che riesce anche a rimanere fermo.
LMPD
Note
1 Giuseppe Giusti, S. Ambrogio.
2 D. lgs. n. 300/1999, art. 11, comma 2: la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, ferme restando le proprie funzioni, assicura l’esercizio coordinato dell’attività amministrativa degli uffici periferici dello Stato e garantisce la leale collaborazione di detti uffici con gli enti locali.
3 D. lgs. n. 300/1999, art. 11, comma 4: Nell’esercizio delle funzioni di coordinamento previste dai commi 2 e 3 il Prefetto, sia in sede di conferenza provinciale sia con interventi diretti, può richiedere ai responsabili delle strutture amministrative periferiche dello Stato l’adozione di provvedimenti volti ad evitare un grave pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla cittadinanza anche ai fini del rispetto della leale collaborazione con le autonomie territoriali. Nel caso in cui non vengano assunte nel termine indicato le necessarie iniziative, il Prefetto, previo assenso del Ministro competente per materia, può provvedere direttamente, informandone preventivamente il Presidente del Consiglio dei Ministri.