L’APPROFONDIMENTO – Ancora sul valore p
Un amico che ha letto il recente Approfondimento dedicato al valore p mi ha scritto rimproverandomi di dir bene io che non devo più scrivere lavori per le riviste indicizzate e che lui invece si è visto respingere un articolo bellissimo perché il revisore non ha digerito il valore p che nel suo studio era pari a 0,059.
A mio parere, ciò accade perché un eccessivo formalismo statistico viene a volte elevato a feticcio, capace di decretare senza appello la vita o la morte di una ricerca scientifica. A quei revisori occhiuti consiglio di leggere il lavoro intitolato: “Parachute use to prevent death and major trauma when jumping from aircraft: randomized controlled trial” pubblicato dal British Medical Journal nel Novembre 2018.
Questo articolo adotta la metodologia scrupolosa degli studi clinici randomizzati e controllati e parte dalla constatazione che nella letteratura medica mancano prove rigorose relativamente all’efficacia del paracadute nel prevenire la morte o traumatismi maggiori in chi si lancia da un aereo e che il suo utilizzo si basa “solamente” sulla plausibilità e sull’opinione di esperti.
Viene descritto in modo umoristicamente analitico come – a partire da 92 individui arruolati nello studio – viene selezionata una popolazione di 23 individui che accettano di essere randomizzati in due gruppi: 11 si lanciano con il paracadute e 12 con uno zaino vuoto. Il risultato sorprendente dello studio è che in entrambi i gruppi il danno biologico è nullo perché il lancio avviene da un piccolo aeroplano o da un elicottero fermi sul terreno (altezza media 60 cm).
È interessante notare che la popolazione dello studio si forma dopo che 69 individui inizialmente reclutati sono successivamente esclusi dalla randomizzazione perché avrebbero dovuto lanciarsi da un aeroplano in volo a 800 km/ora a un’altitudine di oltre 9000 m.
L’articolo vuole mettere in ridicolo quel tipo di ricerca medica che mette una metodologia rigorosa a servizio di ipotesi prive di significato pratico e nella quale la popolazione in studio spesso non include la quota di pazienti che sono a rischio più elevato.
Naturalmente l’articolo conclude ribadendo la validità degli studi randomizzati e controllati, che – nonostante le loro limitazioni – rimangono il gold standard nella valutazione di gran parte dei nuovi protocolli terapeutici. Questo però a condizione che non si rimanga intrappolati nel formalismo statistico ma si sappia affrontare criticamente il tema in studio avendo ben presente la sua reale rilevanza clinica.
Davide Caramella