L’APPROFONDIMENTO – COVID e serendipità
La serendipità è definita come la capacità di fare per caso scoperte inattese. Si tratta di un termine la cui origine deriva dal libro intitolato “Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del Re di Serendippo” e pubblicato a Venezia nel 1557 da Michele Tramezzino, che lo presenta come la traduzione in italiano dell’originale scritto da Cristoforo Armeno.
Per leggere questo prezioso testo antico, oggi non è più necessario andare in una biblioteca e attendere con pazienza l’autorizzazione all’accesso, ma basta cercarlo sul web e leggerlo gratuitamente su Wikisource.
Forse la lettura di questo testo renderà possibile correggere il tiro sul termine serendipità. Infatti nella storia di Tramezzino, i tre principi non erano dei fortunati scopritori che senza fatica ottenevano brillanti risultati. Erano piuttosto meticolosi ricercatori che esaminavano con estremo rigore tracce di difficile rilievo alle quali riuscivano a dare il giusto significato grazie al loro acume fuori dalla norma.
Di questo tipo di serendipità abbiamo potuto vedere molti esempi nella ricerca scientifica al tempo del COVID. Tra i tanti, ne segnalo uno di particolare interesse: si tratta di un articolo che è stato scritto da un gruppo internazionale di radiologhe e radiologi, nell’Aprile dell’anno scorso.
In quel periodo, che molti di noi ricordano con un senso di angoscia, il COVID-19 sembrava essere dappertutto e i radiologi erano impegnati allo spasimo per effettuare diagnosi precoci in tutti i pazienti potenzialmente affetti da COVID-19.
Esisteva cioè un bias cognitivo (o distorsione cognitiva) per cui i radiologi cercavano con grande scrupolo segni di infezione da SARS-CoV-2 nei pazienti che venivano sottoposti a indagini di imaging per sintomi riferibili al virus responsabile della pandemia o per essere stati in contatto con pazienti ammalati di COVID-19. Allo stesso tempo esisteva il rischio che i pochi pazienti asintomatici, che dopo attenta selezione venivano ammessi in ospedale per fare esami diagnostici per lo studio di altre malattie, fossero automaticamente classificati come non-COVID-19 (ovvero negativi per tale patologia).
Nell’articolo sono presentati casi in cui l’attenzione del radiologo non si è lasciata costringere all’interno di questo bias cognitivo e ha saputo andare oltre i confini della patologia per la quale l’esame veniva fatto. Ciò ha consentito una diagnosi precoce pre-sintomatica di COVID-19 in pazienti che erano andati in ospedale per fare esami diagnostici resi necessari da patologie diverse, come nel caso di una TC eseguita per problemi cardiaci o una RM eseguita per impegno oncologico della mammella.
Questa è vera serendipità, ovvero la ricerca attenta di ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma che solo chi è meticoloso e ben preparato può interpretare correttamente cogliendo risultati talmente buoni, da apparire “fortunati”.
Davide Caramella