L’APPROFONDIMENTO – Falsi
Parlare di menzogne in campagna elettorale è come parlare di vino in enoteca. Grande è la determinazione a fabbricare falsi da parte dei politici e dei loro seguaci, e altrettanto grande è la propensione del pubblico ad accettarli.
Si potrebbe ritenere che il mondo scientifico sia immune da questo problema, ma un recente caso piuttosto clamoroso ha dimostrato – se fosse necessario – l’esatto contrario. È successo che una lettera manoscritta di Galileo Galilei conservata con orgoglio nella biblioteca dell’Università del Michigan si è invece rivelata essere un falso confezionato con notevole abilità nel secolo scorso. La scoperta si deve a un ricercatore specializzato in questo tipo di indagini e la prova definitiva è stata fornita dalla filigrana della carta, che ha consentito di datare la lettera dopo il 1770. Quindi la scienza non è al riparo dei falsi, ma ciò che la caratterizza è l’approccio proattivo alla demistificazione. Inoltre, la scienza non nasconde i falsi che l’hanno tratta in inganno, ma li espone pubblicamente per condividere ciò che è possibile imparare dal falso e per ricordare come la falsificazione possa essere sempre in agguato. Questo è ciò che farà anche l’Università del Michigan, che sta valutando il progetto di allestire una mostra dedicata alla lettera contraffatta.
Il falso della lettera di Galileo è tutto sommato innocuo, visto che ha comportato solamente un danno economico per la sfortunata università acquirente, ma esistono falsi scientifici prodotti a scopo di lucro che hanno comportato danni ben più gravi. Uno dei più agghiaccianti è il famigerato articolo di Andrew Wakefield, pubblicato nel 1998 dalla prestigiosa rivista The Lancet, nel quale l’autore riferiva di una ricerca – condotta su un piccolissimo gruppo di bambini – dalla quale sarebbe emersa la possibilità di un legame tra la vaccinazione trivalente (contro morbillo, parotite e rosolia) e l’autismo. Nel 2010 l’articolo fu ritirato dalla rivista con una formale “Retraction of publication”, ma ormai il danno era fatto e migliaia di bambini avevano subìto conseguenze rilevanti (anche mortali) dalla mancata copertura vaccinale causata dalla paura indotta nei loro genitori dall’articolo, che – nonostante i sospetti via via più forti relativi alla falsificazione dei dati – fu fatto ampiamente circolare dai mezzi di informazione.
Quando pubblicò il suo falso, Andrew Wakefield riteneva di poter ottenere vantaggi economici e di carriera da questa sua azione spregevole, ma è utile ricordare che esistono tantissimi soggetti che producono falsi altrettanto pericolosi senza avere neppure l’incentivo di un vantaggio personale. Ad esemplificare una condotta apparentemente così strana c’è la pubblicazione in rete di fake-news di argomento medico. Un importante studio, che aggrega i dati comparsi in una grande quantità di articoli scientifici, dimostra che la diffusione attraverso i social media di disinformazione in ambito sanitario ha un’incidenza preoccupante. Infatti, risulterebbero falsi tra l’1% e il 51% dei post sul tema del vaccino, tra lo 0,2% e il 28,8% dei post sul tema del COVID-19 e tra il 4% e il 60% dei post sul tema della pandemia.
Le ampie forbici tra queste percentuali danno un’idea della difficoltà di quantificare con precisione l’incidenza dei falsi sui social media. Ciò che si può dire con certezza è che questa disinformazione provoca danni gravi, in quanto facilita interpretazioni erronee delle conoscenze scientifiche, determina polarizzazione nell’opinione pubblica, aumenta l’ansietà – che può arrivare fino al panico – nei soggetti più vulnerabili, amplifica l’esitazione vaccinale e promuove trattamenti che non hanno superato il vaglio di una ricerca rigorosa.
Da qui l’importanza di stare in guardia contro il pericolo dei falsi in ambito scientifico. Ma anche nella vita di tutti i giorni i falsi andrebbero ricercati meticolosamente, perché la loro demistificazione (debunking) contribuisce a rendere migliore la società in cui viviamo.
Davide Caramella