L’APPROFONDIMENTO – Toumai
Chi era Toumai? Sicuramente era un nostro lontano antenato, forse addirittura il nostro capostipite, anche se è difficile dirlo perché stiamo parlando dell’evoluzione darwiniana, ovvero di un processo in perenne trasformazione che non possiamo esplorare in modo sistematico perché dobbiamo basarci sullo sporadico rinvenimento di un numero ridicolmente piccolo di resti fossili.
Comunque, per molti ricercatori, Toumai ha le caratteristiche giuste per essere considerato (almeno per ora) il nostro capostipite, visto che l’anatomia di questo ominino – vissuto circa 7 milioni di anni fa in Africa centrale – lo colloca all’inizio del lungo periodo di transizione tra la vita in ambiente arboricolo dei nostri più lontani antenati e il loro adattamento alla locomozione bipede nella savana africana.
Tale transizione è durata milioni di anni e ha reso progressivamente disponibile – per i discendenti di Toumai – l’uso degli arti superiori per funzioni diverse rispetto alla deambulazione, aprendo la strada alla manipolazione di strumenti utili per l’interazione con il mondo circostante.
I paleoantropologi hanno dato a Toumai il nome scientifico di Sahelanthropus tchadensis perché originario del Sahel, con particolare riferimento al Ciad. Però è il nomignolo in lingua locale ad aver avuto più ampia fortuna perché significa “speranza di vita”, sottolineando che la divergenza dagli scimpanzé fino all’emergenza dei caratteri anatomici moderni e all’affermazione di Homo sapiens non erano affatto scontate e che – ai tempi di Toumai – le pressioni selettive che hanno successivamente condizionato la nostra comparsa non erano in nessun modo prevedibili.
Il fatto certo è che Toumai è stato il più antico appartenente all’ordine dei primati ad aver adottato il bipedismo, che ha inciso in modo determinante nello sviluppo delle caratteristiche tipiche della nostra specie e ha favorito la straordinaria evoluzione dalla mano primordiale dei primati fino alla mano umana, che ha funzionalità ineguagliate in tutti gli altri animali.
La parola greca χειρ (mano) è la radice di “chirurgia”, professione che viene generalmente percepita come il vertice della destrezza manuale. Da qualche tempo tale destrezza può essere ulteriormente potenziata grazie all’uso dei robot chirurgici, che aumentano il grado di mobilità della mano del chirurgo diminuendo allo stesso tempo l’impatto del tremore fisiologico e dei movimenti involontari.
Non è un caso che “Toumai” è anche il nome un nuovo robot chirurgico destinato a sfidare il virtuale monopolio dei robot “da Vinci”, che sono presenti da oltre vent’anni nelle nostre sale operatorie. È interessante confrontare i messaggi impliciti nei due nomi commerciali: il “da Vinci” fa riferimento a un artista e scienziato del passato recente i cui interessi in ambito tecnologico spaziavano dalle macchine con applicazioni civili e militari agli automi. D’altro canto, la scelta del nome “Toumai” fa riferimento a un ominino del passato ultraremoto che visse agli albori del nostro sviluppo evoluzionistico.
La chirurgica robotica ha davanti a sé enormi prospettive di sviluppo, grazie all’integrazione delle tecnologie più sofisticate di telecomunicazioni (5G e 6G), dell’intelligenza artificiale e di tutti gli strumenti che la scienza metterà a disposizione dei progettisti nei prossimi anni.
Il nome commerciale “Toumai” è quindi una vera e propria dichiarazione di intenti e suggerisce che il ruolo ancora marginale della robotica in chirurgia è destinato a crescere significativamente in termini di frequenza di impiego e di varietà di applicazioni. Come l’antico Toumai, i moderni robot chirurgici consentiranno di distaccarsi dall’ambiente della chirurgia convenzionale (rassicurante come per i nostri antenati lo era l’ambiente arboricolo) e di adottare una traiettoria evoluzionistica (analoga al bipedismo) che permetterà di raggiungere risultati oggi non immaginabili.
Infatti, come evolverà la chirurgia nei prossimi decenni non è stato ancora nemmeno immaginato.
Davide Caramella