L’EDITORIALE – La piccola voce nel deserto: Mattarella e la responsabilità morale della comunità internazionale
Il presidente della Repubblica è intervenuto alcuni giorni or sono a Vienna alla sessione di apertura della Giornata per la prevenzione e la lotta a ogni forma di criminalità organizzata transnazionale, 25° anniversario della Convenzione dell’Onu contro la criminalità organizzata transnazionale adottata a Palermo nel dicembre 2000 e ad oggi ratificata da 190 Paesi.
E ha colto l’occasione per dire o, meglio, rammentare qualcosa di una semplicità sconcertante, fino alla banalità, sottolineando che Onu può garantire la pace mondiale solo se gli Stati membri le consentono di farlo e che pur con tali limiti la Organizzazione rimane uno straordinario, insostituibile strumento di pace e di stabilità, che sarebbe irresponsabile indebolire e inoltre richiamando anche l’urgenza di «rafforzare» i sistemi di disarmo e di non proliferazione nucleare e puntualmente criticando le inaccettabili allusioni all’uso di armi di distruzione di massa.
A leggere siffatte parole, pronunciate al giorno d’oggi in consesso internazionale e in terra europea da tempo in bilico fra smarrimento e titubanza, da un lato, e diffuso digrignamento populistico mescolato ad apriorismi nazionalistici, dall’altro, sembra di essere capitati, forse per caso, in spiragli di altra dimensione.
Von Hofmannsthal, poeta mitteleuropeo di origine ebrea ebbe evangelicamente a osservare che la verità si cela non chi sa dove, ma alla superficie e l’ammonimento presidenziale che ONU operi, né possa fare diversamente, nelle prospettive e modalità fornitele dai suoi componenti, altro non essendo che la summa dei medesimi, si pone nel medesimo alveo della fiaba del danese H. C. Anderson, radice di cultura europea largamente condivisa (Ma il re non ha niente addosso) condensata nella osservazione di un bambino che smaschera due lestofanti cui cortigiani e cittadini, ciascuno a motivo della coda di paglia corrispondente alla propria indegnità e stoltezza, danno vilmente copertura.
Ritornano così alla mente gli squallidi interventi in Assemblea generale dei protervi, del pari lestofanti, succedutisi nel tempo e continuanti oggi, e i veti incrociati nel Consiglio inutili alla istituita missione, ma utili a renderne vani e vulnerarne irresponsabilmente i conclamati principi applicabili sempre e solo ai terzi.
Ed è agevole il ricordo, anche perché così freschi che neppure il consueto tourbillon di troppe notizie e altrettanto contro-notizie ha potuto (ancora) scolorire, dei detti e comportamenti umanamente ed eticamente oltraggiosi realizzati senza sosta e rimedio di tetri padroni del mondo: la folcloristica e volgare fiera autocelebrativa (senza una parola per i morti) alla Knesset ove, inflessibile nel delirio messianico (la Cisgiordania è denominata Giudea e Samaria), si preparano le annessioni territoriali incompatibili con finalità di pace oltre che con l’equità e il diritto (e anche con i noti 14 punti al medesimo modo accettati a parole e respinti nei fatti), l’imbarazzante e subitaneo corteo di servi encomi in terra d’Egitto per rendere fotografico omaggio a soggetti doppi o tripli, al contempo signori della guerra, suoi patrigni munifici finanziatori e negoziatori di tregua, le plumbee parate ed esposizioni militari di Mosca e Pechino con la partecipata distesa della tradizionale e affezionata servitù mista e delle ancora più tradizionali minacce in rapporto ad armi e sistemi offensivi sempre più potenti che ciascuno di costoro già possiede e continua a sviluppare e si vanta di averne sempre di più letali, si capisce, degli altri.
Vista da Sirio appare quale trucida progressione di umani non dissimili da antropofaghe termiti.
Mattarella parla di comune responsabilità morale che appartiene e deve unire la comunità internazionale nel suo insieme e sono parole inusitate nella loro sostanza, anzi palesemente sconosciute e pretermesse dai grandi, quanto pesanti come piombo a livello di coscienza pubblica ancor prima che privata pur se provengono da una piccola voce che grida nel deserto, senza potere alcuno se non quello dell’umanità oppressa.
E qui sta, anche sul piano storico ed etico contemporaneo, il valore della civiltà di minoranza che intende consapevolmente dividersi da una politica usata come ariete unicamente per interessi e scopi economici, qualsivoglia essi siano, e mettersi contra in nome della giustizia e della libertà di tutti, pur comprendendo e a partire anche da cotali che non sanno né quello che dicono né quello che fanno.
È evidente che parole senza potere non hanno diretta capacità di contenere né dissuadere la schizofrenia morale e materiale dei prepotenti, ma nondimeno è necessario risuonino come (sempre di minoranza, ma non perciò meno profetiche) in numerose altre epoche buie susseguitesi nella storia dalle quali la civilizzazione è, in un modo o nell’altro, riuscita a emergere e resistere.
LMPD
