L’APPROFONDIMENTO: La medicina ayurvedica: un dettaglio pratico, la lettura delle tre tipologie
La medicina ayurvedica viene chiamata anche scienza sacra: la scienza delle energie sottili, le cui origini, secondo la mitologia, risalgono alle sfere celesti. A me non piace considerarla tale. I lunghi anni trascorsi nei ritiri, seduta su un cuscino, a fare esperienza diretta con il corpo e con la mente, poi gli anni di studio fine dei testi e la pratica che ho potuto realizzare, mi fanno apprezzare con chiarezza le precisissime basi, fisiche e chimiche, di questa “scienza della vita”. Basi che oggi la fisica, chimica (e medicina) occidentale vanno riscoprendo, quasi ripercorressero con strumenti moderni conoscenze e descrizioni già presenti in Oriente millenni or sono. Raggiunte con mezzi diversi.
“Come la punta di un laser” diceva il mio maestro, mentre lavoravamo nel rendere fine (perfettamente stabile, silenziosa) la mente, capace di penetrare e percepire all’interno del nostro corpo, in ogni sua minuscola parte, la qualità della vibrazione che la animava. Lenta, sottile, densa, compatta. Siamo vibrazione.
L’Oriente percepisce e legge ogni fenomeno -la vita stessa, il corpo- come flusso, vibrazione. Ha sviluppato nei millenni una conoscenza (e capacità) finissime. Arrivò a descrivere secoli or sono, in modo minuscolo, le più piccole particelle che compongono il corpo; e il loro comportamento.
In questa vibrazione può crearsi un equilibrio o uno squilibrio (rallentamento, accelerazione, densità, compattezza, eccessiva fluidità; iperfunzionalità, ipofunzionalità a carico di questo o di quell’organo o minuscola parte) che si manifesterà a vari livelli come malattia fisica, interiore, sofferenza.
Individuare e correggere lo squilibrio acuto, e nel contempo riportare tutto l’insieme alla corretta vibrazione (stato che noi definiamo ‘salute’) è la chiave e missione di questa medicina. L’Oriente non cura con un’erba o un cibo. Cura uno squilibrio usando un’ampia gamma di strumenti, tutti appartenenti a quel macro-cosmo in cui siamo immersi, ricreando l’equilibrio vibrazionale in quella minuscola parte del corpo; in quella persona. In quest’ottica si va scoprendo che anche un’occupazione, un tipo di movimento, un diverso modo di gestire i nostri umori od orari possono arrivare a curare una malattia incurabile: perché hanno corretto lo squilibrio (energetico, vibrazionale, molecolare) che ne sta alla base. Riportando armonia, in modo naturale.
Ogni organo, tessuto, cellula non è altro che un’interazione continua (e continuamente mutevole) di particelle, molecole, atomi… kalapa, interazione nella quale possiamo riportare un millimetrico… dolce eppure precisissimo riequilibrio.
In Oriente non esiste una specializzazione “in quell’organo” (benché l’osservazione e conoscenza siano precisissime e minuscole) ma una specializzazione energetica, molecolare. E sottolineo, molecolare. Non si tratta, cioè, di un sapere approssimativo o di un generico leggere l’individuo suggerendo uno stile di vita utile (per esempio: “se mangi bene, ti fa sicuramente bene”). Vi è una conoscenza microscopica della chimica e fisica dell’uomo (corpo, mente); delle loro interazioni, del loro funzionamento.
In questo articolo, tuttavia, preferisco tralasciare di addentrarmi nell’aspetto teorico[1] per entrare in un dettaglio pratico: vi invito a sperimentare la lettura delle tre tipologie, realizzata su voi stessi. Prendetevi per un attimo cura e lettura di voi, secondo parametri nuovi.
Vi propongo un rapido quadro delle tipologie, e a seguire, come effettuare la lettura realizzandola su di voi.
Le categorie che stanno alla base
Alla base della medicina ayurvedica sta la lettura dell’individuo: della sua tipologia e qualità energetica. Da questa lettura, squilibri non colti (o non ancora) dal soggetto possono apparire evidenti al medico orientale. O viceversa, evidenti e acuti squilibri percepiti dal soggetto possono mostrare all’occhio del medico il loro vero fulcro, originario.
Non necessariamente una patologia alla tiroide va trattata con un farmaco per la tiroide.
La lettura delle tre tipologie
L’Ayurveda guarda la persona e la legge distinguendo tre grandi tipologie: Vata, Pitta e Kafa. E all’interno di esse, gli infiniti sottotipi che nascono dalla commistione delle tre tipologie, secondo percentuali del tutto individuali, e che cambiano nel tempo. Tale conoscenza raggiunge livelli molto fini.
Per ciascuna tipologia (perché sia -o entri- in equilibrio) esistono cibi, modi, erbe, occupazioni, abitudini appropriati e incisivi. Anche la lettura e cura di ogni patologia acuta terrà conto, nel suo intervento, di questa tipologia.
La costituzione Vata: corrisponde all’elemento Vento. E’ una persona solitamente esile, di ossatura minuta, con pelle chiara o fine o con problemi di pelle (in ogni caso, con pelle sensibile). E’ generalmente freddolosa (non lo è più, quando entra in stato di equilibrio). Ha bisogno di cibi caldi, cotti, oleosi. Ottimi: semi oleosi (in particolare pinoli, mandorle, anacardi) o creme di semi oleosi (crema di sesamo, di arachidi, di anacardi); avocado; latte di mandorle o di soia; lenticchie rosse ben cotte; patate cotte; zucchine, carote, melanzane cotte; frutta cotta o matura; arance, mele, banane; cachi, datteri; proteine vegetali concentrate (dette sopra, semi oleosi); talvolta creme di cereali (riso). Il Vata è una persona dinamica, a volte può diventare inquieta o confusa: necessita di avere abitudini costanti, orari e luoghi regolari. Il sonno nella tipologia Vata può apparire scarso o difficile o con frequenti risvegli. Ma se il Vata entra in equilibrio, il sonno diventa per lui il primo elemento-guaritore. Può diventare una persona di grandi raggiungimenti (soprattutto in campo creativo, spirituale, intellettuale). Cosa aiuta il Vata? Non coricarsi troppo tardi (ideale entro le h 23 o h 24.10); dormire o meditare molte ore (anche fino a 11 ma nella fascia sera-mattino e non in sonni diurni); una cena non eccessivamente scarsa. L’elemento della natura (vivere o frequentare posti verdi, non abitare in zone di traffico intenso) sono essenziali. Anche il silenzio, la quiete, la lettura nutrono il Vata. Il Vata predilige le relazioni a due o poche persone, mentre entra in squilibrio in contesti eccessivamente rumorosi o di gruppi ampi. Feste e cene non rientrano nella natura Vata. Un Vata in equilibrio è solare, forte e profondo. Se il Vata si nutre dei suoi elementi favorevoli acquista potenza, diventa estremamente resistente, anche fisicamente, gode di ottimo sonno. Un Vata dovrebbe dormire o meditare fino a 11 ore; svolgere attività fisica regolare (breve e intensa); prediligere la concentrazione/quiete durante il mattino; il dinamismo forte dal primo pomeriggio; la creatività o tranquilla socialità o raccoglimento la sera. Anche passeggiare dopocena. Approssimativamente la costituzione Vata può equipararsi alla costituzione ectomorfa della medicina occidentale e a un quadro tipologico simpatico-tonico.
La costituzione Kafa: è la tipologia opposta e corrisponde all’elemento Terra. E’ generalmente una persona non alta, di ossatura forte e corporatura robusta; tende facilmente a ingrassare. Tende alla fiacchezza e alla pigrizia. Se diventa molto dinamico, segnala uno squilibrio: un Kafa diventa frenetico solo se molto squilibrato, ma ciò è peggio per la sua natura che essere pigro. Un Kafa non deve dimagrire troppo. Il suo bilanciamento sta al centro: mai troppo dinamico, farà attenzione a porsi delle pause che non diventino sprofondare nell’apatia. Un Kafa si giova di attività manuali e creative, lavori domestici o attività come yoga o thai chi; lo stretching è importante per il Kafa. Dovrà evitare al massimo la tv e mangiare soprattutto cibi vegetali: gli amidi sono essenziali per lui, più delle proteine. I migliori: patate, avena, riso bianco o risotto; anche minestrone; carote, zucchine, curry, zafferano; pasta integrale o di farro; banane, castagne. Deve evitare gli amidi di cattiva qualità (dolci industriali o pane bianco morbido verso cui ha richiamo: sostituire con patate, legumi ben cotti, anacardi, banane). Bilancerà la tendenza a usare (abusare) di amidi e cereali (di cui comunque, come detto, non dovrà privarsi) usando (o abbinandoli) ad alcune proteine vegetale concentrate (in particolare noci). Il Kafa ha tendenza a dormire molto e bene, ma poiché vive costantemente il senso di colpa della propria apatia, spesso sconfina all’opposto diventando frenetico, nervoso e dormendo poco. Ciò non è bene per la sua natura. Un Kafa nervoso è peggio di un Kafa depresso. In tal caso, rallentate e restate in contatto col cuore, per non diventare aggressivi. Cosa nutre il Kafa? Le buone compagnie, l’onestà, la fedeltà, l’integrità. Un Kafa non dovrebbe mai essere infedele o perdere il senso “della propria parola” poiché ciò a sua insaputa lo porterebbe a soffrire molto. Un Kafa deve accogliere la propria natura sensibile, a volte romantica, pulita, lenta (pacata), un po’ lunare. Non deve mangiare cibi troppi unti, ma non privarsi con diete ferree. Un Kafa in equilibrio diventa la persona più amabile e desiderabile: quella che ciascuno vorrebbe avere accanto. Il suo sonno diventa benefico e il suo umore radioso. Approssimativamente la costituzione Kafa può equipararsi alla costituzione endomorfa della medicina occidentale e a un quadro tipologico parasimpatico-tonico.
La costituzione Pitta: è la costituzione centrale, corrisponde all’elemento Fuoco ed è poco diffusa. L’aspetto fisico è caratterizzato da spalle e bacino allineati, muscolatura armoniosa, né magro né grasso (per comprenderlo si dovrà guardare la struttura ossea e qualità muscolare, al di là di eventuali stati attuali di dimagrimento o di esercizio fisico intenso che porti a iper-sviluppo della muscolatura; è importante osservare soprattutto la struttura ossea). Il Pitta necessita di proteine più che di amidi, o trova utile consumarli entrambi, ma in piccole dosi e abbinati. Quando è in equilibrio usa principalmente proteine vegetali, ma non si priva mai del tutto di quelle animali (piccole porzioni di carne di ottima qualità). Abitualmente non mangia molto e predilige piccoli spuntini. Deve mangiare spesso. Ha un senso innato della misura. Ha capigliatura generalmente folta, a volte crespa (raramente soffre di calvizie). Ha pelle resistente, ma non coriacea (a volte può diventare delicata, è per lui il primo segnale di squilibrio). Il suo sonno è generalmente equilibrato. Può sbilanciarsi verso il Vata (insonnia, inquietudine, dimagrimento; e allora userà i rimedi-Vata) o verso il Kafa (aumento di peso, pesantezza, scontentezza, pigrizia; allora userà i rimedi-Kafa). E’ importante che il Pitta non usi (o il meno possibile) medicine, fortemente squilibranti per lui. Approssimativamente la costituzione Pitta può equipararsi alla costituzione mesomorfa della medicina occidentale.
Come svolgere la lettura
Un primo livello, consiste nello svolgere la lettura intuitivamente, sulla base degli elementi descritti. Potete comprendere facilmente, per esempio, se avete una natura Vata o Kafa. O in modo più preciso, forse, quanto Vata o quanto Pitta avete? Per esempio 90% Vata e 10% Pitta. Fatelo in base al vostro stato di oggi. E provate ad adottare gli elementi indicati per la vostra tipologia prevalente.
Un secondo livello di lettura, più fine ma ancora accessibile a tutti, è quello di svolgerla non solo osservando la persona, ma somministrando un questionario con precise domande[2]. Esso vi darà risposta immediata e percentuale, relativamente precisa, del vostro situarvi tra le tre tipologie.
E’ interessante compilare il questionario sia in riferimento al vostro stato attuale (ovvero, rispondendo alle domande in riferimento a “ora”) sia in relazione alla vostra costituzione di base (ovvero, rispondendo alle domande con riferimento a “quando eravate piccoli”). Ciò vi darà indicazione anche dell’eventuale scostamento rispetto alla vostra natura di base[3]. Questo è un elemento importante.
Un terzo e più complesso livello di lettura, può avvenire solo da parte di chi conosca a fondo la materia, ovvero avvalendosi della propria competenza, esperienza e sapere dettagliato. E’ straordinario come all’occhio esperto, la diagnosi e cura possano apparire evidenti in modo estremamente rapido e chiaro. E’ come se occhio e mente “vedessero” (leggessero…) l’individuo con la precisione di una radiografia; vedessero, al di là delle apparenze; o sotto, le apparenze; o dentro, le apparenze[4].
Diagnosi e validità terapeutica
Tuttavia, come nella medicina occidentale la capacità diagnostica di un medico fa la sua eccellenza, ma anche l’applicazione pratica delle competenze apprese porta a buoni frutti, ugualmente nella medicina orientale la descrizione delle tipologie e le indicazioni adatte a ciascuna di esse sono molto precise, dunque, anche la loro applicazione più manualistica potrà portare a buoni frutti. Questo è l’invito che oggi vi offro.
Elena Greggia
Orientalista e ricercatrice, Milano
[1] + In un prossimo articolo, fornirò dei dettagli teorici.