EDITORIALE – Gilet gialli
Forti della considerazione circa competenza e serietà acquisita sul campo per il tramite delle sceneggiate sul palcoscenico europeo, oltre a quello nazionale, che tanti benefici risultati stanno, come è noto e riconosciuto, portando (in conformità alle promesse elettorali) ai cittadini, i masanielli nazionali si sono affacciati oltr’alpe e annunciato disponibilità di sostegno ai gilet gialli, compagni di viaggio in pectore, anche in vista, se del caso, delle prossime elezioni europee.
Il locale governo non sembra, lì per lì, l’abbia presa bene, ma dovrà ben presto ricredersi, farsene una ragione e fare ammenda della propria ipocrisia: che diamine, il popolo chiede cambiamenti e maggior ascolto delle proprie esigenze onde chi non è insensibile alle grida di dolore che da tante parti si levano (c’è o non c’è nella UE libertà di transito e di stabilimento per tutti?) ha il diritto di offrire la propria militanza peraltro già sperimentata con successo dalle proprie parti.
Se non che gli (fino ad allora ignari) gallici interlocutori, nemmeno loro, i futuri beneficati paiono bramosi del mediterraneo ausilio e, sorprendentemente invero, stanno dietro a mettere con acribia i puntini sulle i precisando, anche poco urbanamente, che l’Italia è l’Italia e la Francia è la Francia e giudicano (questo è il colmo) che la proposta sia, niente meno, un’ingerenza negli affari interni del nostro Paese.
Ohibò, quale insopportabile altezzosità: non per nulla, sebbene gilet, sono e rimangono pur sempre francesi.
Un po’ come se, mutatis mutandis, giungesse a qualcuno dei nostri un annuncio di sostegno da parte di una tribù del Nord Africa (la quale potrebbe, se non altro, almeno godere della disponibilità di qualche pozzo petrolifero: non si sa mai).
Onde c’è chi non ha mancato di osservare, giustamente piccato, che noi eravamo gilet gialli prima di loro. E siamo un passo avanti perché stiamo al governo.
Si arrangino un po’, perbacco.