L’APPROFONDIMENTO – Da Buddha a Erickson: non smettere di crescere mai
Il cammino insegnato dal Buddha non si limita a un messaggio d’amore o compassione.
Egli penetrò la verità della mente, del corpo, dei fenomeni… indagò il perché soffriamo e qual è la vera Causa.
E se c’era un modo stabile di eliminare questa sofferenza.
Dopo un tragitto durato anni e che richiese sforzo e impegno, comprese… esponendo così le Quattro Nobili Verità: la verità della Sofferenza (che incontriamo), la sua vera Causa, la sua Cessazione e il Sentiero che conduce a essa.
E’ un insegnamento finissimo.
Ed egli invitò a studiare, penetrare (non accettare ciecamente) il suo insegnamento e a realizzarlo: studio, riflessione, meditazione, azione…si fondono in un cammino che non esclude alcun aspetto della vita e che trasforma radicalmente la nostra mente, il nostro cuore.
Sorge una comprensione più vasta e fine -finissima- della vita e dei meccanismi condizionati che regolano la nostra mente.
Allora sì, sorge anche compassione e comprensione.
Una comprensione che, quando matura attraverso un sincero impegno, oltrepassa e sradica i piccoli confini dei nostri condizionamenti: in cerchi sempre più ampi, più fini, profondi.
Viene eliminata alla radice la nostra ignoranza e ciò trasforma la nostra vita.
Come si ottiene questa comprensione?
Con un cammino che richiede dedizione, sincerità, compassione, studio, fatica impegno. Non una sciocca rinuncia o brontolio o scoramento, quando vediamo le nostre piccolezze…anche il Buddha fece molta fatica! Dunque, andiamo avanti…!
Mi torna alla mente, nella storia del pensiero psicologico occidentale, l’insegnamento che formulò Erik Erickson (1902-1994).
Fu questi uno psicologo e psicoanalista tedesco, naturalizzato statunitense, che per primo propose un modello di psicologia del tutto nuovo rispetto a quello imperante fino ad allora (di matrice freudiana) che vedeva lo sviluppo umano come un processo affondante le radici nell’infanzia e adolescenza.
Ed era lì che si giocava tutto.
Il resto della vita era se mai un cammino per raddrizzare o correggere gli eventuali traumi avuti o le conseguenze non utili che, dai primi anni, si erano poi prodotte nell’adulto.
Erickson elaborò una visione del tutto nuova che presentava la vita come un cammino a tappe, il quale arricchisce di significato sempre nuovo ed evolutivo ogni età della vita.
In questo modello Erikson fece confluire il contributo di culture lontane.
Fu un profondo conoscitore degli Indiani d’America, presso cui soggiornò anche personalmente, approfondendo i metodi educativi di Yurok e Sioux e rimanendone affascinato.
Nelle culture orientali e tribali, infatti, la visione ampia dell’uomo come essere indissolubilmente legato al mondo che lo circonda e costantemente in crescita verso l’alto, fu sempre presente e ispiratrice dei modelli educativi e sociali.
Erickson li recupera. Anche il suo concetto di amore è indicativo; egli afferma:
“L’amore nella vita vive quattro fasi. L’una evolve nell’altra e si somma, fino alla maturità piena. Nella prima fase il bambino dice: “Io amo me”. L’ego è il centro del mondo. Poi scopre piano piano gli altri e dice: “Io amo me in te; mi riconosco in te”. Ma è come l’amore verso la madre che lo alimenta, lo protegge, lo ama. Significa quindi “Ti voglio bene perché sei mia”. Nell’adolescenza: “Mi piace per come sei e quello che fai, quindi ti amo”. Cioè, fino a quando fai quel che mi piace, io ti amo. L’amore maturo dice: “Ti amo, perché mi curo di te, il tuo benessere è il mio. E a mano a mano, lo dice a chiunque”.
Attribuì egli immenso valore anche all’età anziana: ” I bambini sani non avranno paura della vita se i loro anziani hanno integrità sufficiente a non temere la morte“.
Erik Erikson e le 8 età evolutive.
Le 8 tappe di sviluppo che Erickson individua nel ciclo dell’esistenza sono:
1. Fiducia vs Diffidenza (0-18 mesi)
Nella prima fase, secondo il modello di Erickson, i bambini imparano a fidarsi – o non fidarsi – degli altri.
Se i genitori affiancano il bambino in un rapporto d’affetto in cui prevale la fiducia, è probabile che anche il piccolo adotterà questa posizione nei confronti del mondo.
Se, viceversa, il genitore non fornisce un ambiente sicuro o non soddisfa i bisogni primari del piccolo, probabilmente il bimbo imparerà ad avere paura, chiudersi e non aspettarsi nulla dagli altri.
2. Autonomia vs Paura e Sfiducia (18 mesi-3 anni)
Nella seconda fase i bambini iniziano ad acquisire un certo grado di controllo sul proprio corpo; questo aumenta la loro autonomia. Completando con successo piccoli compiti da soli, integrano un certo livello di indipendenza.
Lasciando che prendano piccole decisioni e svolgano compiti adeguati, i genitori possono aiutare i bambini a sviluppare un senso di sicurezza e autosufficienza.
Chi completa con successo questa fase avrà una sana autostima.
I bambini che crescono con la sensazione di camminare su un pavimento instabile, avranno poca fiducia in sé e nei propri mezzi.
(continua)
Elena Greggia, orientalista e ricercatrice