L’APPROFONDIMENTO – Il cinema ritrovato
Il cinema è, fra le forme artistiche cui si rivolge la fantasia e l’intelligenza dell’uomo, la più recente (fine ‘800) altresì denominata ‘settima arte’: basandosi sul movimento riprodotto concreta una forma di narrativa normalmente di approccio più agevole o meno complesso rispetto alla lettura, ma in grado di ‘parlare’ ancor più direttamente allo spettatore (lettore).
Come ogni altra può rivelarsi assolutamente inutile oppure elevarsi a offrire esperienze e sensazioni di valore che, in virtù del mezzo tecnico costituito dal film, possono agevolmente essere riproposte nel tempo.
Con il titolo de ‘Il Cinema ritrovato’, continuiamo a pubblicare alcune pennellate sulla scuola francese (storicamente sorta con gli inventori Lumière) a cura di un cinèfilo che la conosce sia nella cultura generale sia nei suoi protagonisti.
Pietro Bianchi
Nasce a Fontanelle il 24 giugno 1909 e muore a Baiso (RE) il 2 settembre 1976
Il primo Maestro, il “maggiore”, che mi ha introdotto alla magia del cinema, colui che all’inizio mi ha insegnato (in seguito è arrivato Truffaut) ad amare e capire il cinema, la forma artistica più importante del ‘900.
Con trepidazione da ragazzo attendevo il ritorno a casa di mio padre per carpire e assorbire, come una spugna, le critiche cinematografiche di Bianchi pubblicate da “Il Giorno”.
Giornalista, saggista e critico cinematografico. Ha sentito profondamente l’urgenza di legare cinema e letteratura, arte e scienza, storia e sociologia, pittura e musica, cultura e spettacolo.
Il cinema fu per lui “un piccolo, grande amore, fiorito a latere di un amore più antico e inesauribile, quello per la letteratura”, ed egli ha svolto il suo “mestiere” di critico cinematografico con intelligenza, anticonformismo e grande cultura umanistica.
Le sue due passioni: la letteratura ‒specialmente francese, da Stendhal a M. Proust, insieme ai romanzi polizieschi ‒ e il cinema.
Partecipò nel 1956 alla fondazione del quotidiano “Il Giorno”, di cui fu critico cinematografico, consulente e collaboratore per le pagine culturali fino al 1975, l’anno precedente alla sua morte.
Negli scritti post mortem su di Lui (Pietrino per gli amici e ‘Professore’ per gli altri), due parole ricorrono spesso come endiadi: debito e gratitudine. Bertolucci (in un passo di La camera da letto) lo definì “instancabile Socrate”.
La sua eredità maggiore rimane una certezza morale: la limpida affermazione che (come scrisse in un articolo del 1945) il cinema è libertà, è cultura, è un fatto importante nella vita moderna.
Un éléphant ça trompe énormément (Certi piccolissimi peccati)
di Yves Robert (1976)
Quattro quarantenni parigini amici dall’infanzia, i problemi dell’uno sono da sempre condivisi dagli altri.
Etienne, Bouly, Simon e Daniel si ritrovano periodicamente a divertirsi e cazzeggiare.
Quando Bouly viene abbandonato dalla stanca moglie Marie-Ange, gli amici lo soccorrono fino a quando la coppia non firmerà una sorta di armistizio.
Simon è vittima di una madre possessiva e invadente, gli altri gli stanno accanto fino a quando la vecchia signora non trova marito.
Etienne si invaghisce di una splendida donna che, eludendo la sorveglianza della moglie e delle figlie, riesce ad avvicinare. Dopo qualche contrattempo riesce alla fine ad avere un appuntamento con lei, ma l’arrivo improvviso del marito e l’occhio indiscreto della tv rivelano la tentata tresca.
Delizioso film francese, ricco di divertimento e dotato di umorismo di grande finezza, con un Jean Rochefort in piena forma e tanti attori (uno su tutti Claude Brasseur) che si trovano a perfetto agio, come se fossero chiamati a interpretare loro medesimi.
Remake Usa col titolo “La signore in rosso” (1984, Gene Wilder), una piacevole americanata di successo (bastano le gambe di Kelly LeBrock per far apprezzare il film).
Nell’ originale francese si colgono le sfumature dei gesti, le sottigliezze dei dialoghi, le cifre stilistiche che solo gli eredi di Moliere, Beaumarchais, Feydeau, Rostand possono evocare e svolgere
Antonello Nessi
(Altre note sul cinema francese dello stesso autore sono state pubblicate nei precedenti numeri 154, 155, 158, 159, 163)