L’APPROFONDIMENTO – Il cinema ritrovato
Il cinema è, fra le forme artistiche cui si rivolge la fantasia e l’intelligenza dell’uomo, la più recente (fine ‘800) altresì denominata ‘settima arte’: basandosi sul movimento riprodotto concreta una forma di narrativa normalmente di approccio più agevole o meno complesso rispetto alla lettura, ma in grado di ‘parlare’ ancor più direttamente allo spettatore (lettore).
Come ogni altra può rivelarsi assolutamente inutile oppure elevarsi a offrire esperienze e sensazioni di valore che, in virtù del mezzo tecnico costituito dal film, possono agevolmente essere riproposte nel tempo.
Con il titolo de ‘Il Cinema ritrovato’, continuiamo a pubblicare alcune pennellate sulla scuola francese (storicamente sorta con gli inventori Lumière) a cura di un cinèfilo che la conosce sia nella cultura generale sia nei suoi protagonisti.
Damage (Il danno)
di Louis Malle (1992)
Il soggetto, tratto dall’omonimo romanzo di J. Hart, tratta di un cinquantenne politico conservatore inglese, sottosegretario del Governo di sua Maestà, il quale ha una quieta e gradevole moglie (Ingrid), un figlio giornalista (Martyn) e una splendida casa.
Il giorno in cui conosce Anna, la giovane fidanzata del figlio, è immediatamente attratto da lei: è un delirio e una follia perché gli incontri amorosi con la donna si ripeteranno, lui sempre più travolto da una passione irrefrenabile e lei, gelidamente sensuale, che lo provoca e lo asseconda.
Ritratto in nero di una donna (la stupenda Juliette Binoche) irrimediabilmente segnata dalla tragica morte per suicidio del fratello, innamorato di lei e non corrisposto.
E la tragedia l’ha condizionata al punto di consentirle vivere con innaturale tranquillità la relazione clandestina col padre del suo compagno il quale, nell’apprendere della loro relazione, si suicida a sua volta riproponendo così la sequenza del tradimento e della perdizione.
Dramma secco e incisivo nello stile di Malle (fra le sue opere spiccano “Cognome e nome: Lecombe Lucien” (1974) e “Arrivederci ragazzi” (1987 – Leone d’oro alla 44° Mostra Cinematografica di Venezia).
Qui si rappresenta magistralmente l’urgenza, la tenerezza, la ferocia di quel sentimento sempre così difficile da rappresentare che è l’amore fisico.
Il ricorrente predominio di sensualità e desiderio assoluti che travolgono ogni volontà, regola e convenzione.
E originano danno e perdita in grado di propagarsi come un’onda sonora, travolgendo e mescolando passato, presente e futuro, in un angosciante ciclo ricorrente che può ripetersi senza fine.
L’aventure c’est l’aventure (L’avventura è l’avventura)
di Claude Lelouch (1972)
(il suo film più omaggiato e famoso “Un uomo, una donna “ Un homme et une femme” – 1966 , Palma d’oro al 19° Festival di Cannes e un Oscar).
“L’avventura è l’avventura” narra, con ironia, le surreali vicende di cinque estrosi malviventi che adottano coperture ideologiche per ogni crimine: rapiscono Johnny Hollyday, cantante di successo del sistema neocapitalistico, dirottano un aereo in Africa dove sono accolti trionfalmente dalla popolazione come rivoluzionari e infine organizzano il rapimento del Papa con il proposito di chiedere come riscatto un franco a ogni cattolico del mondo.
Bonaria satira, ammonitrice e premonitrice, alla volta dei seriosi contestatori sessantottini (e dei loro sostenitori ed epigoni).
Lelouch rende tutto surreale e grottesco: il regista ha l’aria di non prendersi sul serio e strizza l’occhio allo spettatore per ammonirlo “… siamo franchi, non fingiamo, siamo tutti un po’ buffoni, un po’ guasconi e un po’ cialtroni”.
Il cast è un sapiente mix di grandi attori (Lino Ventura, Charles Denner) e solidi professionisti (Aldo Maccione, Jacques Brel) con liete sorprese (Johnny Hollyday che interpreta se stesso).
Come attore si ripeterà magistralmente nel 2002 in “L’homme du train” duettando con il grande Jean Rochefort.
Antonello Nessi