APOCRIFA – Chiesa combattente
Può la Chiesa perdere l’Europa senza reagire, si domandava qualche giorno fa un noto opinionista scrivendo sul Corriere del 31 gennaio e osservava come la Chiesa abbia proceduto sulla via aperta dal Concilio (1962-64) e anzi, con Francesco, anche accentuando l’orientamento nel senso di una predicazione sempre più decisa contro la disuguaglianza e l’oppressione, ma lasciando di fatto sfilacciare l’ancoraggio millenario del cristianesimo con l’Europa, sempre più scristianizzata e bisognosa della ri-evangelizzazione peraltro immaginata senza successo dal precedente pontefice Benedetto XVI.
A parte l’opinione che sia la progressiva perdita di identità europea la causa della crisi in atto (disordini finanziari e dissolutezze private, ambizioni personali e arbitrii del potere, intrighi e sospetti di ogni genere) nel centro stesso della Chiesa di Roma o Santa Sede, si comprende dalle argomentazioni addotte, oltre che dal titolo (la Chiesa che perde l’Europa), di che tipo di Chiesa si parli e si tratti: di uno degli Stati della Terra, pur territorialmente minimo e privo di divisioni (militari).
Una Chiesa che gli specialisti del ramo, politica internazionale compresa, denominano altresì Vaticano e, in Italia, anche Oltre Tevere e che prende le mosse dall’Editto di Milano (o di Costantino), l’accordo del 313 d. C. fra i due Augusti, Costantino e Licinio.
Accordo politico volto a concedere la libertà di ‘seguire la religione che ciascuno crede’ (liberam potestatem sequendi religionem quam quisque voluisset) onde ‘la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità’ (quod quicquid divinitatis in sede caelesti, nobis atque omnibus qui sub potestate nostra sunt constituti, placatum ac propitium possit existere) oltre che a porre rimedio, mediante le restituzioni, alle confische dei beni operate contro i cristiani durante le persecuzioni.
Curioso, ma non insignificante particolare, nella formalizzazione politico-burocratica dell’accordo religioso fra Occidente e Oriente, il prudente sostare sulla soglia celeste della divinità cui non si dà un nome: qualunque. Che riporta alla memoria l’invocazione di Odisseo mentre approda al salvifico corso d’acqua dell’isola sconosciuta riemergendo dagli flutti insultanti di Poseidone (Ascoltami, signore, chiunque sei) certo in ogni caso -come era egli naufrago- della sua esistenza.
La cristianità, dopo il 313, poté quindi organizzarsi anche in modalità temporali e, in particolare, ciò avvenne a opera degli uomini di chiesa, del clero, il nuovo potere nascente cui progressivamente aderivano i migliori intelletti del tempo.
La politica religiosa imperiale (di Costantino, giacché Licinio era e rimase pagano) non fu solo di tolleranza, ma anche di promozione verso il cristianesimo cui Costantino si era convertito dopo la battaglia del Ponte Milvio.
In questo modo, sostanzialmente, germoglia e si sviluppa progressivamente in ispecie nello Occidente (non per nulla: cristiano) il potere temporale della Chiesa fino a condurla anche (vale a dire oltre al piano di annunciatrice e custode della fede) al rango statuale e, per secoli, a quale rango.
E quale nelle pur microscopiche proporzioni odierne ancora totalmente conserva nel suo limitato, ma sovrano, lembo di territorio oltre il Tevere e che è, in quanto tale, regolarmente oggetto delle più svariate analisi e considerazioni di ordine socio-politiche-religiose (positive) da parte di osservatori ed esperti socio-politici di ogni tipo e non necessariamente coinvolti quanto allo spirito.
Ma all’evidenza lo Stato della Città del Vaticano (precedentemente Stato della Chiesa e Stato Pontificio), dotato di sovranità territoriale, non ha -per definizione oltre che per realtà fattuale- molto a che fare con l’annuncio evangelico consegnato espressamente dal fondatore, Gesù, al direttamente nominato successore, Pietro, primo di una ininterrotta serie di vicari che ha bucato i secoli pervenendo fino a oggi e protesa a continuare nel futuro.
La chiesa di Gesù altro non è se non il Vangelo, il buon annuncio di conversione e salvezza rivolto a ogni creatura umana -secondo peraltro anche talune fondamentali vetero testamentarie visioni profetiche cattoliche (nel suo significato primo di universale)- dal quale totalmente prescinde qualsivoglia prospettiva, o pur tentazione anche indiretta, di potere temporale.
Anzi, ne è esclusa: Il regno, il mio, non è da questo mondo.
Gesù inoltre non ha mai espresso l’intenzione, nemmeno vaga, di fondare una (nuova o diversa seppur parzialmente) religione positiva, ma ha inteso riportare al centro della relazione con l’Altissimo la creatura al posto della legge la cui scrupolosa attuazione era diventata la fonte (e il merito) della salvezza personale.
Questo, infatti, il significato della incisiva ma scandalosa affermazione riportata da Marco: Il sabato per l’uomo fu fatto e non l’uomo per il sabato.
Dal buon annuncio di Gesù -che può essere accolto e fatto proprio dai credenti in qualsiasi religione positiva (e non è nemmeno un paradosso giacché nessuna religione positiva, se non settaria, respinge o condanna l’amore reciproco fra tutte le creature)- coloro che sono venuti dopo hanno poi iniziato a imbastire anche uno schema religioso positivo a se stante sia a motivo di crescenti contrasti socio-dottrinali e religiosi violenti (persecuzioni comprese) sia perché gli uomini, pur se in buona fede, sono comunque sempre attratti anche dalla materialità: da conferire in qualche modo anche alle cose dello spirito.
Ma questo non toglie che, pur essendo stata la buona novella progressivamente fatta confluire da parte dei suoi credenti e oltre la volontà di Gesù in organizzazione temporale, la chiesa ha come (suo) unico fondamento e come (suo) immenso perimetro non la Chiesa stato, ma il Vangelo e quindi la continuazione dell’annuncio verso chiunque senza distinzione veruna.
Tutto il resto è zavorra e ben si vede anche a causa dei danni ingenti che produce.
Che ci siano divisioni e contrasti e respingimenti è brutto, ma umano e non di scandalo al Vangelo dato che già all’inizio, quando ancora si contavano sulle dita di una mano, i primi discepoli già riuscivano a litigare circa i posti da occupare o su chi fosse fra loro il migliore.
Così come, fra gli eretici Samaritani, un paese accoglieva e un altro respingeva (onde i due impetuosi e irascibili ‘figli del tuono’, Giacomo e Giovanni, avrebbero volentieri reagito -non diversamente da politici ed ecclesiastici di ieri o di oggi- con una pioggia di fuoco dal cielo allo scopo di sterminarne i reprobi abitanti): ma il Vangelo offre una libera prospettiva di vita, in ispecie di confidare in Dio (fede), che l’uomo può, sempre liberamente, accettare o rifiutare e il resto è solo gramigna e zizzania.
Gesù è chiaro ed esplicito: Entrando in casa salutate e se la casa è degna vada la pace di voi su di essa, mentre se non è degna torni a voi la vostra pace.
Con buona pace delle chiese (costruzioni) che si svuotano.
Gesù non usa mai la forza contro l’uomo, ma cammina in cerca di chi è nel bisogno perché peccatore o malato, trattisi del capo dei pubblicani o del cieco lungo il ciglio della strada che folla festante e discepoli impegnati in dissertazioni teologiche (Chi ha peccato perchè nascesse cieco?) neanche vedono o del lebbroso etc e non combatte, ma anzi esorta, a costo della sua vita, a rimettere la spada nel fodero.
Al funzionario regio, forse un pagano, cui sta morendo il figlio dona il credere e alla donna siro-fenicia, di certo pagana, riconosce la fede salvandole la figlioletta.
E ancora, fra le tante possibili, una considerazione sull’assenza della forza o della costrizione: il penultimo versetto di Matteo, impropriamente tradotto in italiano con Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni …, che tratteggia una sorta di superiorità, sia culturale sia di posizione o di potere, o comunque un rapporto sbilanciato verso il prossimo non è fedele rispetto all’originale greco il quale, usando la ben diversa espressione fate discepoli, indica viceversa un’attrazione verso di sé a motivo del valore e dell’esempio che si dà, oltre a quello che si annuncia.
Dopo, peraltro, avere già raccomandato: Voi invece non siate chiamati Rabbì: uno è infatti il maestro di voi e tutti siete fratelli.
Si dovrebbe allora riuscire a intuire come parlare della Chiesa temporale (pur essa sopravanzante ogni altra potenza in termini etico-spirituali anche sotto il profilo della stabilità e continuità nel corso dei secoli) sia sempre lecito -c’è (per fortuna) libertà di espressione- ma inutile sotto il profilo della fede e che la chiesa (Europa, Africa, Orienti, Americhe, Isole etc) è tale solo in rapporto al Vangelo il quale non è di destra né di sinistra né altro perché pur (materialmente) scritto da uomini scivola nondimeno silenziosamente attraverso le categorie umane come il vento che non si sa da dove venga, che non si può prendere con le mani, ma da cui ci si può far portare.
LMPD