L’EDITORIALE – Caro Diario
Caro Diario,
abbiamo da poco girato la boa della metà del mese e navighiamo dritti come fusi verso la luna nuova che brillerà nello spazio, invisibile ai Terrestri, nella notte di giovedì prossimo.
Ci siamo lasciati alle spalle la pioggerellina di marzo che per due o tre italiche generazioni fu una sorta di riflesso di Pavlov e in una con il raggiar di primavera restituiva prontamente alla sbiadita memoria la poesia, imparata a memoria su decine di migliaia di ministeriali banchi di rovere, scritta dall’Accademico d’Italia A. S. Novaro.
A parte la difficoltà di trovare, nel caso, i tegoli vecchi del tetto che lo scrittore, appartato su Capo Berta (Oneglia), vedeva dall’alto fra ulivi, orti e liguri muri a secco punteggiare la lunga e ripida discesa verso il golfo di Diano Marina, non è più caduta dal cielo una goccia d’acqua e così è avvenuto anche successivamente nonostante la saggezza popolare abbia tramandato che aprile ogni giorno un barile.
L’agricoltura già se ne lamenta e ancor più ne soffrirà quando, al posto della pioggia, cadranno bombe d’acqua sostitutive e utili soprattutto a fare esondare qualche corso d’acqua di turno usato come discarica o privo di sempre invocata (a posteriori, ben inteso) manutenzione.
Anche altrove, tuttavia, la terra continua a girare secondo le bieche consuetudini degli ominidi che la popolano e nella quieta capitale Pyongyang il gran capo Kim Jong Un ha portato la figlia Ju Ae di nove anni, secondo gli analisti individuata erede a succedergli nella proprietà di famiglia (la Corea del Nord), prima a un banchetto in caserma in occasione della parata militare che ha salutato il 75mo della costituzione del locale esercito popolare, dove non mancavano in bella mostra una decina di rassicuranti missili intercontinentali, e quindi, recentissimamente, al lancio di uno di questi a combustibile solido che si è perso nel cielo seminando torrenti di fumo sotto sguardi fissi nel vuoto lontano, molto lontano. C’è da osservare che sono, costoro, forse fra i pochi e in compagnia di qualche deferente alto ufficiale a distinguersi per la loro stazza in mezzo a una popolazione mingherlina nota per la sobrietà di costumi, anche alimentari.
Intanto i cinesi continuano a ronzare intorno a Taiwan nel presupposto dichiarato, pur se con qualche smagliatura rispetto alla realtà dei fatti, che trattisi di mera questione interna all’unica Cina.
La dottrina fondante della licenza politica è sempre, come non da ultimo si è rivelato anche dal comportamento della Russia, l’applicazione dell’attributo di internalità declinato, in particolare, secondo il noto e sempre in voga -anche per chi non ricorda il latino- paradigma di Esopo (Superior stabat lupus e da quella posizione poteva quindi con sicurezza accusare l’agnello di intorbidargli l’acqua del ruscello cui intendeva dissetarsi).
Davanti al quale lupus, addobbato secondo le opportunità contingenti con una vasta serie di paramenti diversi, l’intelligenza strategica occidentale brillando nella persistente foschia delle idee falsamente chiare e distinte ha, per inesauribile sete di sempre maggiori e più rapidi guadagni, consegnato chiavi in mano la produzione di un volume incalcolabile di beni comunque necessari.
Diventandone in vario modo e misura, ma senza eccezione tossico-dipendente.
Non ultima né marginale la recente, generale folgorazione verso la propulsione elettrica quando i minerali necessari per fabbricare le batterie è -da tempo e in gran maggioranza- in mano worldwide alle cinque stelle gialle in campo rosso.
D’altra parte la tentazione di utilizzare a proprio uso e consumo, sebbene per interposta persona, una sconfinata massa di mano d’opera in regime di semi schiavitù e senza diritti (il sogno inconfesso di molteplici capitani d’industria grandi e piccoli) e in lucroso concerto non solo con occhiuto e solidissimo governo, ma altresì con la piccola casta degli stra-ricchi autoctoni era (e continua a essere) un richiamo troppo allettante per i profeti della globalizzazione (sebbene di fatto a senso unico) e del mercato (orientato dal suadente odore di trifola).
Così il dubbio rappresentante di una past grande e colta nazione europea non ha l’altro ieri esitato, nella sua ancor più dubbia ricerca di grandeur, a rimediare una pessima figura (ma chi si imbarazza più?) internazionale pur di raccogliere lucrosi contratti commerciali per le proprie scodinzolanti industrie.
Anche qui vale l’osservazione del buon vecchio Vespasiano, che prima di essere fatto imperatore (dai suoi soldati) era stato anche esattore delle tasse e quindi, essendo del ramo, da imperatore mise un balzello perfino sugli orinatoi provocando qualche tenue perplessità filosofica nel figlio Tito cui rispose con la fulminea intuizione: Non olet (il denaro non ha odore).
Ovviamente si sbagliava, il soldataccio (e come si sbagliava), perché il denaro ha invece il più buon odore del mondo in assoluto per la moltitudine che in ogni tempo gli sacrifica tutto, anche l’onore.
Ora manca solo che, come in riservata sede fu conferita per meriti d’affari la Legion d’Onore all’autocrate egizio, così venga riconosciuta gallico more anche al cinese.
Nel frattempo una delle tradizionali fuoriuscite (allo stato il fenomeno si chiama leak) di documenti riservati negli Usa ha riportato all’attenzione dei media che nonostante la ingravescente secolarizzazione delle anime il precetto evangelico del ‘non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra’ è sorprendentemente applicato ovunque e in larga misura e, in particolare, fra Paesi alleati i quali -alleati certo, ma Adelante, Pedro, con juicio, si puedes– qualche buon affare, se capita, non esitano nemmeno loro a gestirlo riservatamente anche con i nemici degli amici, che diamine!