L’EDITORIALE – Autogol
Il fatto che la maggioranza, a Montecitorio, pur avendo i numeri necessari a ottenerne l’approvazione si sia vista respingere un proprio provvedimento riguardante il Documento di Economia e Finanza (DEF, il quale, proposto dal governo e approvato dal Parlamento, indica la strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine) ha innescato la consueta baruffa inter partes sia con l’opposizione, che fa il suo mestiere sebbene esagerando nella strumentalità, sia all’interno del trio alleato.
E alla canizza, ognuno vedendo o credendo di vedere una preda di propria utilità da rincorrere con adeguato strepito, è seguita la non meno consueta teoria di esperti pronti all’analisi fenomenica e psicologica.
‘Autogol della maggioranza’ è stata la definizione autorevolmente messa in titolo di prima pagina dal maggior quotidiano nazionale.
Come sempre lasciando a esperti e sapienti specializzati uso e abuso del verbo sia consentita una considerazione non certo alata, ma di corto respiro.
L’autorete, indicante punto a vantaggio della formazione avversaria segnato da un giocatore che, involontariamente o per errore, invia la palla nella propria porta, è termine passato a indicare nel linguaggio corrente il danno che ci si procura da soli (ovviamente senza intenzione).
Per lo più, a motivo della derivazione sportiva, il termine fa pensare a un’azione che devia dal suo obiettivo o a un complesso d’interventi mal congegnati tanto che la risultanza si rivolge alla fine in detrimento dell’attore con esito contrario al voluto.
Ora già nella sua sostanza questo è un autogol, se così lo vogliamo denominare, un po’ curioso dato che è stato privo di azioni o movimenti andati storti contro la volontà degli agenti, ma che si è connotato per l’assenza degli agenti medesimi: venticinque parlamentari della maggioranza portatori di voto semplicemente non erano sui rispettivi onorevoli scranni, ma altrove e, a sentire le interviste per cui sarà senz’altro vero, motivatamente altrove.
Oltre a quelli, diciassette sembra, in missione.
E così, fra il lusco e il brusco, sono mancati almeno 6 voti necessari. Pazienza, anche se comprensibilmente hanno mandato di traverso la accurata visita del nostro Primo ministro in Gran Bretagna (sarebbe stato d’interesse e istruttivo avere avuto accesso a qualche ‘fuori onda’) e, neanche a farlo apposta, fatto alzare ancora quell’antipatico venticello tutt’altro che primaverile che non smette di sussurrare dubbi sull’affidabilità italica nel proprio agire: un fastidioso francobollo difficile da staccare una volta per tutte, sotto ogni bandiera.
Intendiamoci: l’inciampo è stato prontamente superato, poiché i numeri ci sono e rimangono, e quindi sembra palese che non ci siano crepe drammatiche nel trio in cabina come prontamente adombrato dall’opposizione, ma piuttosto leggerezza o una certa qual carenza nella organizzazione dei processi che dovrebbe auspicabilmente soccorrere i meno esperti fra gli onorevoli se non altro quando la navicella si appresta a passare fra Scilla e Cariddi. E qui l’opposizione dice bene.
Ma rimane sullo sfondo, anche perché probabilmente dotato di alquante spine e difficile (per chiunque) da maneggiare, il particolare della concomitanza del possibile ponte del 25 aprile, unico manufatto reale e a portata di mano che, a differenza del ponte di Messina, riscuote unanime interesse un po’ ovunque e in quasi tutti gli strati sociali.
Chi scrive ricorda -con una punta di nostalgia non solo per il ponte, quanto per gli anni andati che a detta di Mrs. Kimball (Memorie di una maîtresse americana) presentano il culo più roseo- come un tempo già in dicembre ci fossero dirigenti e direttori (oltre a impiegati e operai) con accuratamente segnati in blu per l’anno a venire sulle agende, allora solo cartacee, tutti i possibili ponti. E anche i loro più opportuni, in termini di efficienza, raccordi con giorni di ferie al fine di moltiplicarne l’efficacia.
Quindi come insegna Qohelet (1,10) nihil sub sole novi e se mai sarà ingrato compito aggiuntivo dei servizi e delle forze di sicurezza della Repubblica vigilare perché il nemico, rettilmente agendo proprio in tempo di ponte, non venga ad approfittare dell’Italia sguarnita essendosi nel frattempo recati tutti ar mare… co’ li pesci, in mezzo all’onne e quel che segue.