DE LITTERIS ET ARTIBUS – Il cinema ritrovato – L’étoile du nord (La stella del nord) di Pierre Granier-Deferre (1981)
Fonte di ispirazione del film ancora una volta è un romanzo di Georges Simenon.
Già Granier-Deferre ci aveva deliziato con lo splendido “Le chat” (1971), sempre tratto da Simenon e sempre con Simone Signoret come protagonista (accanto a un gigante del cinema francese, Jean Gabin), qui con un altro gigante, Philippe Noiret.
In breve, la trama.
Anno 1934: la storia si snoda lentamente fra Egitto e Belgio ed Édouard Binet (Philippe Noiret), avventuriero che ha vissuto in Egitto per anni, conosce un uomo d’affari ricco e losco, Nimrod Loktum, e una giovane ballerina belga piena di vita, Sylvie Baron.
Viaggia con loro sul treno Parigi-Bruxelles (ribattezzato l’Étoile du Nord), su cui Nimrod viene rapinato e assassinato, mentre Édouard (sospetto dell’omicidio e braccato dalla polizia) inizia una relazione con Sylvie. Arrivato a Bruxelles, si trasferisce nella piccola pensione gestita della madre della ragazza.
Nonostante i sospetti della sorella minore della donna, Antoinette, mamma Louise Baron (Simone Signoret) è affascinata dalle implausibili storie di Édouard e dai suoi modi eleganti e distinti e fa di tutto per aiutarlo e proteggerlo.
Arriva l’inevitabile epilogo: la polizia lo trova e lo mette sotto processo per l’omicidio di Loktum.
Nel corso della vicenda fra i due protagonisti (Louise e Edouard) si instaura e snoda una amicizia solidale che li avvicina progressivamente, spingendoli su uno stesso territorio fatto di ricordi e di confidenze sempre più intime.
La polizia è ostinata, il delitto cruento e così i poliziotti arrivano alla pensione di Louise che cerca di organizzare l’ultimo (e vano) tentativo di fuga di Edouard, i poliziotti “ils sont partout” e non vi è più scampo.
Il film rientra decisamente nella migliore tradizione del cinema francese, non si danno lezioni o messaggi, è solo “l’azione che racconta se stessa” lasciando allo spettatore il compito di meditare sulle contraddizioni etiche e le implicazioni morali.
Che dire dei protagonisti: ammiriamo qui una Simone Signoret alla sua ultima comparsa sullo schermo (morirà il 30 settembre 1985), indimenticabile, bella e stanca, di una bellezza e vecchiaia senza tempo; la sua Louise è una stupenda Simone Signoret al meglio delle proprie abilità interpretative, fatte di gesti ed espressioni brevi, contenute, scarne, ma ricche di intensità emotiva; di controcanto Philippe Noiret è alternativamente, con naturalezza e senza apparente sforzo interpretativo, un fanfarone un poco megalomane e uno sconfitto braccato dalla polizia.
Film fine, psicologicamente intenso e sottile, è uno dei momenti più felici e alti del cinema di Granier-Deferre (accanto al già citato “Le chat”).
Il suo cinema fu caratterizzato da un approccio classico e rigoroso nel solco della tradizione francese, quasi una sorta di contrapposizione con la svolta della “nouvelle vague”.
Gli attori diretti da lui, un “parterre de roi”: Jean Gabin, Simone Signoret, Alain Delon, Romy Schneider, Jean-Louis Trintignant, Michel Piccoli, Philippe Noiret, interpreti grandi e difficili, usi a dominare la scena, rispetto ai quali lui preferiva sempre restare in seconda fila lasciando briglia sciolta al loro estro.
Antonello Nessi