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L’APPROFONDIMENTO – Nomophobia

Quarant’anni fa venne introdotta la telefonia cellulare e dopo appena quindici anni di utilizzo di questa tecnologia venne segnalata l’insorgenza di un nuovo disturbo: la Nomophobia, un termine che unisce “NO MObile PHOne” e “PHOBIA” per indicare la dipendenza dal telefonino, con la relativa manifestazione di sintomi legati all’astinenza.

La definizione della Nomophobia non nasce in ambito medico e a tutt’oggi essa non compare nel DSM-V (il manuale di inquadramento nosografico dei disturbi psichiatrici), ma è comunque interessante perché ci consente di riflettere su comportamenti molto diffusi che osserviamo spesso intorno a noi, e a volte anche in noi stessi.

Pensiamo allo smarrimento o al furto dello smartphone: questo non implica soltanto diventare inaccessibili alle telefonate dei nostri cari e dei nostri colleghi, ma implica anche perdere un patrimonio di immagini, di contatti personali attraverso le piattaforme “social” e di funzioni importanti che vanno dalla salute alla finanza, dal calendario-agenda alla mobilità e allo shopping.

Ormai tantissime cose passano attraverso gli smartphone e in effetti lo smarrimento o il furto del cellulare è per tutti una bella seccatura.

Ma per le persone affette da Nomophobia non è necessario arrivare allo smarrimento o al furto del cellulare: infatti il loro livello di ansia si eleva significativamente anche quando vi è solo il rischio di non avere immediato accesso al telefonino (esempi tipici: batteria scarica o assenza di copertura).

Queste sono le persone che percepiscono il telefono cellulare come un’estensione di loro stesse, che non spengono mai il telefonino e lo consultano in continuazione per controllare l’arrivo di eventuali messaggi, restando immerse per ore nelle piattaforme “social”.

Sono le persone che evitano con scrupolo gli ambienti senza copertura e che sono sempre alla ricerca di una presa, nel caso fosse necessario rimettere il cellulare in carica.

Sono le persone che immaginiamo restino sveglie di notte (o siano disposte a svegliarsi in qualsiasi momento) pur di non perdere l’opportunità di essere sempre accessibili ai loro contatti virtuali.

Al momento, più che una vera e propria sindrome medica (anche se sono presenti aspetti che impattano sulla salute), la Nomophobia sembra essere la descrizione di un fenomeno sociologico innescato da una tecnologia che ha saputo imporsi in modo ubiquitario, interattivo e invasivo.

Il quadro rischia di diventare più complesso con l’affermarsi di un’altra tecnologia che ha già iniziato a mostrare le proprie straordinarie potenzialità di produrre dipendenza negli utilizzatori: l’Intelligenza Artificiale.

La disparità delle forze in campo è dimostrata dal fatto che le risorse (peraltro magnifiche) del nostro cervello rimangono immutate, mentre il potere di calcolo a disposizione dell’Intelligenza Artificiale cresce continuamente. Di recente è passato dall’ordine dei Teraflops a quello dei Pataflops: ovvero dai milioni di milioni di operazioni a virgola mobile per secondo ai milioni di miliardi di operazioni a virgola mobile per secondo. Quindi un potere computazionale smisurato (e destinato a crescere ancora) per emulare le funzioni del nostro cervello e per fornirci prestazioni sempre più sofisticate.

Come faremo quando, tra qualche anno, ci troveremo a dover fare a meno dell’Intelligenza Artificiale per un tempo più o meno lungo? Mi azzardo a prevedere che qualcuno definirà una nuova sindrome da astinenza: forse quella sindrome verrà chiamata NOIA (NO Intelligenza Artificiale).

Davide Caramella

 

 

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