HomeDialogandoNewsletterApocrifaAPOCRIFA – Lo spirito che nega

APOCRIFA – Lo spirito che nega

(Ich bin der Geist, der stets verneint! Io sono lo spirito che sempre nega!

Goethe, Faust, 1338).

Goethe, che lavorò alla composizione del Faust per tutta la sua lunga e feconda vita da poeta, schizzò del male, nella  sua opera personificato da Mefistofele, questo magistrale profilo:

Sono lo spirito che sempre nega! / E questo con ragione; dato che tutto quello che sorge o nasce, / ha valore che vada a fondo; / quasi meglio sarebbe che nulla sorgesse o nascesse. / Così dunque tutto (ciò) che voi peccato / distruzione (e) in breve chiamate male / (è) il mio vero elemento.

(Goethe, Faust, 1338-1344)

Ma da molto tempo, attendibilmente da quando il pensiero ha iniziato a tracimare nell’animale umano, il concetto di male è -in prospettiva religiosa, culturale e filosofica nelle rispettive epoche di progressivo sviluppo- oggetto di riflessione, fredda o appassionata che sia, ma non mai risolta in un senso o nell’altro: ciascuno rinviene infatti, secondo il proprio pensiero, condizioni ed elementi specifici che spaziano da una inesistenza, in sé, del male perché tutto avviene in modo casuale o necessario e non è comunque possibile contrastarne il ferreo determinismo che si realizza nei processi naturali al riconoscimento, viceversa, del male fino ad attribuirgli identità e anche personificazione.

A livello comportamentale (etico) il dualismo fra opposte condotte e la possibile scelta in un senso o nell’altro erano ben note nell’antichità maggiormente prossima alla cultura occidentale e a quella del Vicino Oriente e, già in epoca omerica, espresse nella sintesi: fare del bene agli amici e ai loro amici e del male ai nemici e loro amici.

Così nel Deuteronomio (VII-V sec. a.C.): Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male (30,15).

Nel grande insieme delle credenze mesopotamiche fiorite dal IV al I millennio a.C. circa emerge, in un periodo del I millennio forse tra il X e il IX secolo o il VII e il VI secolo a.C., il mito del profeta riformatore della religione persiana, Zarathustra (in greco Zoroàster) autore almeno delle cinque gāthā (canti religiosi) dell’Avestā, la sacra scrittura della religione mazdea, cui sono collegabili alcune concezioni del male che hanno influenzato anche il pensiero religioso dei posteri.

Mentre il mondo era nel potere di Angra Mainyu (Ahriman, spirito del male), Ahura Mazdā (il bene, dio creatore di ogni cosa) mandò un profeta a salvarlo dalla malvagità. 

Per inciso vale la pena osservare come ci siano, in questa antica dottrina, elementi fondamentali dell’ebraismo e del cristianesimo come e.g. la denuncia dei sacrifici materiali, onde il profeta persiano pericolosamente si procurò asti e opposizione da parte dei sacerdoti del tempo che officiavano le ecatombi di tori non diversamente dai sacerdoti del tempio gerosolimitano, denuncia presente in Isaia, VIII sec. a. C., Che m’importa dei vostri sacrifici senza numero? dice il Signore. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco (Is 1,21) e, medesimo secolo, in Osea (Misericordia voglio e non sacrifici/ la conoscenza di Dio più degli olocausti”, Os 6, 6) e ripresa quest’ultima tale e quale per ben due volte nel testo di Matteo da parte di Gesù (Mt 9,12-12; 12,7).

O come la visione teologica circa il potere pervasivo del male (1Gv,5,19: Il mondo intero nel maligno giace) presente in Vangeli e Apocalisse.

Zoroàster incontrò Dio a trent’anni (questo è l’incipit del ‘Così parlò Zaratustra’ di Nietzsche: Als Zarathustra dreißig Jahre alt war, verließ er seine Heimat und den See seiner Heimat und ging in das Gebirge […]. Quando Z. ebbe trent’anni, lasciò egli la sua casa e il lago della sua casa e andò sul monte) e della sua vita nulla si sa, mentre secondo Ctesia, antico storico e medico greco attivo anche presso il Gran re Artaserse II, a questo nome corrispondeva un nobile o un re della Bactriana (Afganistan).

Ahura Mazda, splendidamente raffigurato nei bassorilievi di Persepoli distrutta dall’ira del macedone Alessandro che finì poi irretito dai vinti, è il Signore della vita, principio e fine di ogni cosa (Riconosco, o Mazda, nel mio pensiero, che tu sei il Primo e anche l’Ultimo, l’Alfa e l’Omega) e origine di due Spiriti opposti e inconciliabili: il Bene e il Male, la Verità e la Menzogna: a coloro che seguono il primo sarà data la Vita, mentre agli altri la Non-Vita. 

Questi due Spiriti sono fratelli gemelli e ciascuno, il buono e il cattivo, dotato di propria (libera) volontà onde i loro due modi di pensare, parlare e agire sono rispettivamente il migliore e il peggiore.

La visione teologica peraltro non è propriamente ‘dualista’, come più tardi nel manicheismo, poiché pur derivando ambedue gli spiriti del Bene e del Male da Ahura Mazdā, all’inizio essi erano unità nel medesimo Spirito e fu il Male, Angra Mainyu (Ahriman), a scegliere in autonomia e libertà la sua vocazione malefica.

Nel corso dell’esilio seguente alla duplice (597 e 587 a.C., quest’ultima all’esito della distruzione del tempio) deportazione a Babilonia a opera di Nabucodonosor II, scribi, sacerdoti e notabili ebrei, fra cui il profeta Daniele, vennero a conoscenza anche delle credenze zoroastriane e delle loro speculazioni circa il conflitto duale fra bene e male e ne vennero in qualche misura influenzati.

Per cui Satàn (termine presente in ebraico, greco, aramaico, latino e arabo) sia come simbolo e metafora di male e distruzione sia come astratto principio malvagio sia come entità o agente personificato che incessantemente opera il male è carico di antiche influenze e, al pari di un tell medio-orientale, presenta varie successioni culturali progressivamente stratificatesi nei secoli.

Fra le assai numerose interpretazioni di ordine culturale o teologico che riguardano il male e cercano intellettualmente o con l’immaginazione di attribuirgli connotati in termini distintivi oppure di capacità operativa si differenzia sostanzialmente, e in realtà ben se ne stacca, la testimonianza evangelica di cui peraltro si fa anche memoria nella fatidica Quadragesima. 

Gesù uomo e profeta è maestro dalla rara concretezza concettuale e comunicativa di cui non è mai troppo osservare le modalità di insegnamento che, corrispondenti al linguaggio semitico alieno (a diversità del greco e del latino) da astrattezze, sono basate sull’esperienza della materiale quotidianità, percepibile da parte di chiunque sia disposto ad ascoltare a prescindere dal grado di cultura posseduto.

In uno dei tanti drammatici scontri con i suoi interlocutori, raccontati nel testo di Giovanni (e.g. capitolo 8), Gesù tratteggia plasticamente la tragedia umana che prosegue e -siccome sospinta da bufera infernal che mai non resta– perseguita incessantemente se stessa e le dà anche nome, condizione ineliminabile della cultura antica e in ispecie semitica: 

[…] il diavolo è il padre da cui siete e i desideri del padre di voi volete fare. Quello omicida era dall’inizio e nella verità non stava perché non c’è verità in lui. Quando dice la menzogna, delle proprie cose parla perché menzognero è e il padre di essa (Gv 8,44).

Il paradigma del male, semplice e scheletrico, è tutto qui: menzogna e omicidio (fin dall’inizio, cioè sempre).

Basta fare, non è difficile, la controprova e guardarsi intorno: omicidio e menzogna (e quando va proprio bene: omissione) e dall’oggi, volendo conferme pacifiche oltre che inutili, retroagire al passato e alla cronaca e poi alla storia.

Il motore del male è sempre lo stesso e il male opera ognora uguale a se stesso, per il tramite di menzogna e omicidio, inducendo al dubbio (ma solo per negarla a priori) possa esserci una (la) verità.

Quid est veritas? Cosa è la verità?

Potenti e prepotenti, infimi o grandi, di tutto il mondo e di ogni tempo uniti, ma solo in questo comodo dubbio relativistico e molto ipocritamente corretto Cosa è la verità? il quale è lui stesso anzitutto menzogna poiché la (loro) risposta è già scritta e comunque superflua in quanto del pari falsa.

LMPD

Print Friendly, PDF & Email